7 - Il Destino

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Mar Dei Caraibi 1670

La tempesta iniziava a dissipare, lasciando le sue ultime cicatrici fulminee nel cielo nero.

La pioggia divenne flebile ma costante, e fu l'unica cosa che osò toccare il viso bruciante di Artemisia.

L'uragano che era iniziato a sfociare dentro di lei era un rombo di fulmini assordanti, che sfociarono in lampi filamentosi nel suo sguardo.

Victor Price.

L'inglese, il rinnegato che aveva fatto esiliare da Tortuga e da qualsiasi isola dei caraibi. Il suo nemico. L'uomo che più disprezzava tra tutti i suoi innumerevoli nemici. La feccia della pirateria. Adesso, dopo cinque anni, era lì, sulla sua nave, sulla famosa Costellazione. A pochi metri da lei. Aveva osato attaccarla a centonovanta miglia sulla rotta per la Giamaica.
Lei, la cacciatrice, cacciata dalla preda.

- Come diavolo ha fatto a trovarci? -
Chiese il vecchio Quartiermastro. La voce saggia e fioca, dalle note sempre calme che lo distinguevano, ora sembrava tremare. Reggeva ancora il suo Capitano per una spalla. Mai l'aveva vista così debole. La sentì irrigidirsi.

- Quanto è vero che esiste il mare, Il rinnegato oggi perirà dalla mia spada. -

Pronunciò quelle parole a denti stretti. La testa le pulsava, il cuore le batteva così forte che lo sentì pulsare in ogni vena del suo corpo.
Un odore di bruciato le invase le narici. Alzò la testa in alto, all'albero maestro. Il legno scuro e zuppo dalla pioggia.

Un uomo dalle origini africane stava dando fuoco alle vele ingrigite della sua nave, mentre i suoi pirati tentavano di arrampicarsi ai pennoni per raggiungerlo.

La collera gli salì in ogni centimetro del suo corpo. Immagini orrende, come nei suoi vecchi incubi, iniziavano ad inerpicare nella sua mente.
Si staccò dalla spalla dell'anziano consigliere e le visioni si dissiparono.
Non era il momento di lasciarsi invadere da visioni raccapriccianti né di abbattersi. Doveva reagire, come aveva sempre fatto davanti alle difficoltà. L'unica cosa che importava ora era vedere la testa di Victor Price schiacciata sotto i suoi stivali.

- Fauvero, va. dovete spegnere l'incendio alle vele prima che le fiamme ci divorino vivi. -

Il pirata la guardò preoccupato, zoppicò verso di lei sulla sua gamba di legno, sporca di sangue e bile.

- Mio Capitano, non ti lascerò qui da sola. -

Fauvero la guardava devoto. Sfoderò la pistola a canne mozze, retrograda quanto il suo viso invecchiato.

Artemisia non staccò l'occhio dalla sagoma del suo nemico, alla quale i fulmini alternavano luci ed ombre.
Si sfilò decisa la giacca di velluto, gettandola lontana.

- Non ho bisogno di te. Questa faccenda appartiene solamente a me. -

Fauvero insistette. Si avvicinò al suo Capitano. Mise una mano rugosa e dall'epidermide costellata di melasma sulla sua spalla. La strinse leggermente.

- No, non posso lasciarti. Ogni tuo rivale è anche il mio rivale. Ogni affronto che ricevi e come se lo facessero a me. Ucciderò per te, e morirò per te, basta solo che me lo chiedi. -

Per un istante Artemisia portò la sua attenzione su di lui, cercando un punto di affronto in quegli occhi umidi e cataratti.

- Apprezzo la tua devozione, Quartiermastro, ma non desistere ai miei ordini. Va, salva la Costellazione dalle fiamme e da questi predoni indegni. -

Fauvero cercò di replicare ma Artemisia lo spinse via, rudemente. La sua bocca piccola e rangrinzita si richiuse.

- Va, Fauvero. O non avrò pietà neanche per te. -

Artemisia E La Maledizione Della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora