9. Pre-nuptial contract

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— Sono abbastanza a sicura che manchi del cibo in casa.
— Ti sbagli.
— Io non sbaglio mai, Colin.
— Sì, invece. — rispose contrito mio figlio, incrociando le braccia al petto e guardandomi truce dall'alto dei suoi sei anni.

Serrai le labbra e scossi la testa, alzando le mani al cielo.
La mia voglia di discutere con lui era pari a zero al momento, visto che ancora ripensavo alla strana conversazione con Tom di ieri sera.

— Cosa mangeremo a pranzo? Non c'è niente in casa, a parte i detersivi e i biscotti... — iniziai a parlare, elencando tutto ciò che avevamo al momento, tenendo il conto sulle dita della mano.
— ... E il caffè. — terminò lui, lasciandosi cadere a peso morto sul divano, — Ma non possiamo mangiare i biscotti a pranzo?
— No, quello solo il giorno del nostro compleanno.
— MA È TRA UN'ETERNITÀ! — esclamò forte, sbuffando sonoramente.

Non avevo neanche la minima voglia di chiedere cosa avrebbero mangiato lui e Dolores per cena, visto che già ne avevo una mezza idea: pizza.
Ma non potevamo stare senza cibo, quindi sarebbe dovuto venire con me a fare la spesa, senza se e senza ma. Non si poteva negoziare questo dovere.

— Sei un bambino molto pigro. — sentenziai, coricandomi accanto a lui e accendendo la tv, mettendola sul canale dei cartoni animati.
— Ma io ti amo! — rispose lui, allungandosi verso di me e prendendomi il volto tra le mani, dandomi un grande bacio sulla guancia.

Ruffiano.
Un bacio veloce anche da parte mia con tanto di sorriso divertito, per poi alzarmi dal divano e lasciarlo solo a vedersi i cartoni animati.
Dovevo seriamente fare una lista di quello che mancava in casa, altrimenti avrei iniziato a fare la fame prima ancora che iniziasse la nuova settimana.

Presi il blocco di post it gialli, la penna e iniziai a scrivere velocemente ciò che mancava, quando il campanello suonò.

— Mamma, chi è? — chiese Colin, senza neanche scomodarsi dal divano, ma non mi aspetto grandi cose da un bambino di sei anni. È meglio che ancora non apra la porta a possibili serial killer.
— Non ho ancora la vista laser! — risposi di rimando, ironica, lasciando da fare quella maledetta lista.

Presi il telefono che avevo messo nella tasca dei pantaloni della tuta bianchi, leggendo che erano solo le 10:30 a.m., quindi la lista di chi poteva esserci fuori da quella porta era abbastanza lunga.

Senza neanche controllare il mio aspetto fisico aprii la porta, quando la figura alta e slanciata di Victor si parò di fronte al mio raggio visivo.
Vestito con un paio di jeans, una semplice felpa blu scura e la giacca di pelle sopra e tra le mani delle cartelline.
Senza l'abito elegante faceva un certo effetto, lo devo ammettere.

— Vista laser? Hai altri poteri? — chiese lui divertito, squadrandomi attentamente con il suo solito occhio critico, riportando lo sguardo poi sul mio volto confuso lasciandosi scappare un sospiro rassegnato,— Le canottiere troppo aderenti non dovresti metterle.
— Sei venuto qua a commentare come mi vesto?
— Certo che no. Sono venuto a dare fastidio. — commentò ironicamente, per poi entrare in casa come se fosse casa sua.

Presi un respiro profondo, scuotendo la testa e chiudendo la porta alle mie spalle, voltandomi verso di lui che intanto aveva appoggiato le due cartelline gialle sul tavolo della cucina insieme alla propria giacca di pelle e si era fiondato sul divano dal nipote.

Ma certo, vuoi anche che ti levi le scarpe, ti lavi i piedi e ti prepari la vasca idromassaggio?
Cretino.

Osservai i due per qualche minuto, per poi vederlo rialzarsi e venire verso di me, con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
Indietreggiai e entrai in cucina, lanciando una rapida occhiata a Colin che era tornato a guardarsi i cartoni animati come se nulla fosse.

OMNIA FERT AETAS || Tom Hiddleston || SOSPESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora