A piccoli passi - Parte 3

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E' strano quello che avviene nella mente umana, quasi surreale. Passai dall'essere quasi incollato a mia sorella h24 al giorno in cui, lei doveva operarsi e io... La evitavo con tutto me stesso. Perché lo facevo? Non so dare una spiegazione razionale a questa cosa. Penso sia semplicemente una reazione alla paura che di fatto mi faceva allontanare. Diciamo che il pensiero era: Hai paura - Ti allontani - Non senti dolore e/o soffri.

Un pochino come una catena di cose per cui ad ogni azione corrisponde una conseguenza.

Lei andò per prima in ospedale con mia mamma e i miei zii. Poi mio zio tornò a prendere sia me che mio papà. Diciamo che il mio stato d'animo era vacillante o meglio... Latitante!

Mio zio continuava a ripetermi che era un'operazione stupida e semplice per quei medici e io rispondevo di saperlo mostrando la mia tranquillità apparente... In realtà non sapevo nulla.

Arrivammo in sala d'aspetto e mia sorella era stata ricoverata e non potevamo entrare nell'ala ricovero. Decisi di fare una cosa geniale: NASCONDERMI. Sì... Proprio così, non scherzo.

Mi nascosi dietro un muro, poi trovai delle scale e mi sedetti lì, lontano da tutto e da tutti. Poi però dopo circa una buona mezz'ora mio padre venne a chiamarmi, mi portò da mia mamma la quale mi chiese se volessi andare da mia sorella e dissi di sì con un menefreghismo e freddezza assurdi!

Percorsi il lungo corridoio e tutto era ovattato, ascoltavo i miei passi, guardavo dritto e non c'era molto nella mia mente. Vidi mia zia aspettami e mi sedetti con lei, sfoderai un sorriso e iniziammo a chiacchierare. Dopo una ventina di minuti dalla camera uscì mia sorella, era evidente che quella notte non aveva dormito, era stanca, e so poggiò sulla mia spalla. Così, in quel momento, le carezzai la gamba.

In quel momento iniziò la prima piccola attesa e chi mi conosce sa quanto io odi le attese.

Passammo tutta la mattina assieme, passeggiando, chiacchierando e cercando di rilassarla. Verso le sei del pomeriggio la portarono nelle sale operatorie. Non avevo mai portato in quel modo una persona cara alle sale operatorie. Camminavo piano e freddamente, mia sorella mi sorrideva, mia madre mi guardava come a dire "cammina più veloce". Arrivammo davanti le sale operatorie e l'infermiera disse "un salutino veloce" e la baciammo. Io avevo le lacrime agli occhi ma lei... Lei sorrideva cazzo! Era come se volesse tranquillizzarci.

Lì, iniziò la vera e propria attesa. Quell'attesa snervante, stressante ed odiosa. Facevo avanti e indietro per i corridoi, mi ero portato un libro e ne lessi solo qualche pagina... Non ce la facevo.

Se c'è una cosa che davvero non sopporto è affidare a qualcuno la vita di una persona che amo perché io non riesco a guarirla. Voglio dire... Non è mania di protagonismo, semplicemente ammettere che non basti a quella persona, che essa ha bisogno di qualcosa di più, qualcosa che non puoi controllare... Fa male.

Verso le nove e mezzo... Riportarono su mia sorella e mi sentii sollevato di averla ancora lì con me, reattiva e sorridente come se nulla fosse successo.

Nei giorni seguenti lei era convalescente ma sempre sorridente, camminammo molto nei corridoi di quella corsia d'ospedale e parlammo molto, come non avevamo forse mai fatto.

Quando a fine settimana la dimessero, riaverla a casa fu la mia gioia più grande, era come una festa per me.

Da lei ho imparato la parola amore, cosa significa amarsi. Ovvio, era mia sorella ma quel sentimento era puro, casto. Quel sentimento mi ricordava ogni giorno che amare qualcuno vuol dire condividersi, aiutarsi, predersi cura l'uno dell'altro e ridere... Ridere tanto.


Per oggi questo è tutto. Tra qualche giorno ci sarà la 4a e ultima parte dei "piccoli passi" e poi tanto altro.
ValeRio_Monkey

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