Lavoro

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I hate you, I love you
I hate that I love you,
Don't want to but I can't put nobody else above you
I hate you, I love you
I hate that I want you
You want her, you need her
And I'll never be her....

Sarà la quinta volta che ascolto sempre la stessa canzone. È una tra le mie canzone preferite, ogni volta che la ascolto mi vengono sempre i brividi. È un modo per non pensare, almeno per mezz'oretta, allo studio e a tutti gli altri problemi.
Ieri ho chiamato i miei genitori, mi sono sentita in dovere di farlo. Era dal giorno prima che volevo chiamarli, volevo sentire le loro voci, ma non ne ho mai avuto il coraggio, poi però grazie all'aiuto di Arianna, con la quale mi sono confidata, ce l'ho fatta.
Ho parlato con ambedue. Hanno due caratteri differenti, mia mamma è scoppiata a piangere, anche se cercava di mascherare i singhiozzi con dei colpi di tosse, mio papà, al contrario, è rimasto serio, impassibile, ma si sà che sono pochi gli uomini che si lasciano andare alle proprie emozioni. Ho cercato di allentare la tensione raccontando di questi primi giorni, della città, dei miei nuovi amici, del mio nuovo lavoro.....
Ah, non vi ho detto ancora niente di quest'ultimo, ho trovato lavoro in un fast food, non molto lontano da casa.
Lavoro dal lunedì al venerdì solo la sera, il sabato tutto il giorno e la domenica giorno di riposo. Spero di riuscire contemporaneamente sia a studiare che a lavorare. Questa sera inizio, sarà la prima di tante altre. Sono quasi le cinque e il mio turno inizia alle 18.30 e dovrebbe terminare, pressoché,  alle 22.30. Quando sono le sei, mi preparo per andare a lavoro. Sistemo i capelli in uno chignon disordinato e indosso dei vestiti casual. Alessio ha insistito di accompagnarmi in macchina dato che conosce bene quel posto.
"Sei agitata?"
"Non troppo... sono abbastanza tranquilla..."
Stranamente sono serena, di solito faccio mille paranoie.... Esempio: quando mia cugina doveva sostenere l'esame orale di terza media, io non sono voluta andarci perché avevo paura di non trovare l'aula giusta e, di conseguenza, di perdermi.

"Meglio, che tu non sia agitata perché, se no, potresti far cadere i vassoi, sbagliare le ordinazioni, servire il tavolo sbagliato..... sarebbe un disastro..."
Ma quel ragazzo è stupido o cosa? Adesso mi ha messo ansia....
"Non mi aiuti affatto in questo modo..... ora non sono più tranquilla.." gli dico torturandomi il labbro dall'agitazione.
Accosta l'auto a cento metri dal locale e si gira verso di me dicendomi:"Margherita andrà benissimo, devi solo rimanere te stessa."
Ha ragione, non sono una ragazza sbadata, sono solo agitata perché è il primo giorno.
"Grazie" lo saluto e mi avvio verso l'entrata.
Appena entro noto che il locale è già gremito di gente, riconosco in lontananza il proprietario, con cui ho avuto modo di parlare durante il colloquio, il signor Guglielmo.
"Oh Margherita, eccoti!"
"Buonasera signore" lo saluto come mi è stato richiesto espressamente da lui stesso.
"La divisa è nel mio ufficio, cambiati velocemente in bagno e poi ritorna qua."
Vado a recuperare la divisa che è alquanto scomoda e non per niente sobria. È composta da una t-shirt bianca atillata e da un paio di shorts in jeans super corti. Dopo essermi cambiata lo raggiungo aspettando che mia dia le indicazioni.
"Allora, ti occuperai di servire i tavoli, accogliere i clienti, congedarli e pulire dove hanno sporcato. Tutto chiaro? Se non hai niente da fare vai in cucina, la c'è sempre da lavorare."
Annuisco con il capo e vado a prendere il blocchetto delle ordinazioni.

Qualche hamburger dopo....
Per ora è filato tutto liscio, non sono inciampata, non ho fatto cadere niente, non ho fatto figuracce, sta andando più che bene, ho fatto pure amicizia con Jenna, la ragazza che lavora al bancone.
Forse ho parlato troppo presto....
Un gruppo di ragazzi in tuta nera fanno il loro ingresso nel locale. Non sembrano delle brave persone. Lo so che non bisogna giudicare dall'aspetto, ma sono vestiti completamente in nero, i tatuaggi ricoprono gran parte della pelle, indossano dilatatori e per lo più fumano.
Chiariamo subito che non ho nulla contro chi si fa fare i tatuaggi, chi indossa orecchini, chi fuma.... e che se voi foste al mio posto, in questo momento, mi capireste.
Mi metto in disparte, cerco di ignorarli servendo i tavoli dall'altra parte del locale, anche se sapete benissimo quanto io sia curiosa, ormai avete imparato a conoscermi. Mi avvicino senza dare troppo nell'occhio e da non molto lontano scruto bene ogni volto. Tra i tanti, un ciuffo riccio, castano mi salta all'occhio. Il ragazzo è di spalle ma dal casco che tiene in mano riesco a capire chi sia. Un casco nero con delle fiamme rosse che sono il giusto simbolo per rappresentare il loro proprietario.
Torno al mio lavoro, anche se la mia mente è tutt'altro che attiva per segnare le ordinazioni, infatti devo farmi ripetere due volte l'ordine a causa della mia distrazione. 
Nella mia testa vi è un vortice di domande a cui non so dare una risposta. Nel frattempo noto che il mio capo sta scambiando qualche parola, poche ma esaustive, con quel gruppo, sembra che non sia il loro primo incontro. Terminata la conversazione, si dirige a passo spedito verso di me.
"Tu - mi indica - servi quel tavolo!" Ordina.
"Mi scusi signore ma devo ancora finire qui..." gli rispondo facendogli notare che devo ancora sistemare alcune cose.
"Non ti preoccupare, ci penserà Bethany, tu occupati di loro."
Eseguo l'ordine però non prima di aver almeno cambiato la tovaglia al tavolo che stavo pulendo, Bethany  è un'altra mia collega che ha già abbastanza da fare, è una brava ragazza e mi sta già simpatica.
Prendo il vassoio di birre del tavolo 7, quello che sto osservando da dieci minuti. Qui, la cosa mi puzza.
Lo porto al tavolo sperando che Jorge non si accorga di me, anche se mi sembra una cosa impossibile dato che la maggior parte degli uomini quando vedono le birre è come se stessero guardando un angelo.
"Ecco a voi..." dico mantenendo un tono basso sempre per non farmi notare, anche se Jorge mi sta già squadrando da capo a piedi. Non sembra tanto stupito dal fatto di vedermi lavorare in questo posto, lo sono più io di lui nel vederlo conciato così, le volte passate era vestito in modo diverso, inoltre non indossava tutti quei piercing e solo ora mi accorgo dei suoi tatuaggi.
"Hei Margherita, non mi saluti neanche?" Mi dice quando me ne stavo quasi per andare.
"C-ciao Jorge, scusa ma non volevo disturbarti...."
"Nessun disturbo, è da un po' che non ci si vede, pensavo che dopo l'ultima volta non volevi più vedermi." Afferma ad alta voce mettendomi in soggezione davanti a tutti.
"Nono, anzi scusa per come ti ho risposto ma quel giorno ero di cattivo umore."
"Siediti." Dice indicando la sedia vuota accanto a lui.
"Ehm... non mi sembra il caso, sto lavorando...."
"Non ti preoccupare conosco bene il proprietario, siamo buoni amici... non ti sgriderà!" Dice sicuro di sé.
Titubante mi siedo accanto lui. Spero veramente che il mio capo non si arrabbi.
"Allora, adesso lavori qui..." cerca di instaurare una conversazione.
"Sì, qualche giorno fa mi è arrivata una chiamata dal proprietario dicendomi che voleva offrirmi questo lavoro..."
"Avevi fatto domanda?" Domanda a sua volta.
"No, non ho idea di come abbia avuto il mio numero." Gli spiego.
"Capito. Abbiamo fatto pace?"
Ora riconosco lo Jorge che ho conosciuto.
"Pace" sorrido e gli allungo la mano che lui dopo stringe.
"Scusa ma adesso devo proprio andare..." lo avverto.
"Non prima di assicurarmi la tua presenza alla festa di domani."
"Domani è un problema, lavoro tutto il giorno qui al fast food..."
"Se è questo il problema lo risolvo subito!" Detto ciò si dirige verso Guglielmo con il quale scambia qualche parola e dopo un breve lasso di tempo ritorna da me.
"Domani hai la giornata libera." Afferma.
"Ma, come..tu..."
"Ti ho detto che è un mio amico, che per stavolta mi ha fatto un favore."
"Jorge...io...non so cosa dire..."
Cosa dovrei fare? Ascoltare Travis o quello che la mia testa ritiene più giusto. Che domande stupide mi pongo.... Perché dovrei dare ascolto a Travis? Lo conosco da neanche una settimana..... Chi è lui per dirmi con chi stare e chi no?
"Dí solo sì." Dice con voce ferma guardandomi negli occhi. Spezzo subito il contatto visivo.
Se gli dicessi di no sarei una brutta persona dato che mi ha esonerato dal lavorare, e se gli dicessi sì significherebbe stare tutta la sera ad una festa della quale non me ne importa niente.
"Sì.." dico flebilmente guardando il pavimento in tutto il suo splendore.
"Perfetto allora ti passo a prendere alle 21.00 a casa tua."
"Mi prometti però che se non vorrò più starci mi riporti a casa?"
Io e le feste non abbiamo mai avuto un buon rapporto. Alle superiori queste erano molto frequenti ed io, in un certo senso, ero obbligata ad andarci. Perché? Perché lo voleva la mia migliore amica.
Detto molto sinceramente non la consideravo come migliore amica perché non la sopportavo, tuttavia era l'unica che si ricordava di me, almeno fino alla terza, quando poi si è allontanata da me, ed io ho passato tutte le ricreazioni a leggere, in totale solitudine, in un angolo, in disparte.
"Certamente, non ti faccio restare contro la tua volontà!"
Ciò che ha detto Jorge mi ha rassicurato molto.
"Grazie, allora vado..." lo saluto ma  prima che possa tornare a lavorare le sue labbra sfiorano la mia guancia.

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