Capitolo 1

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Juliet's Point Of View*

Mi svegliai di soprassalto e spalancai gli occhi, rivolgendo lo sguardo all'orologio sul mio comodino. Erano le 2:53 del mattino. Gemetti assonnata e mi girai, cercando di accoccolarmi al caldo e muscoloso corpo di Jason.

Quando tentai di poggiare il capo sul suo petto, la mia testa colpì il materasso, facendomi scontrare con lo spazio vuoto e freddo in cui sarebbe dovuto essere il mio ragazzo. Sentii il mio cuore perdere cento battiti.

Mi misi seduta e iniziai a chiamarlo cercando di mantenere la calma. «Jay? Jay, dove sei?» Piagnucolai nell'enorme stanza nera in cui mi trovavo: pavimento nero, soffitto nero, mobilia nera, letto nero e persino le nostre foto attaccate alle pareti erano in bianco e nero. Potevamo senz'altro dire che a Jason piacesse il nero.

La mia voce fece eco e lacrime punsero i miei occhi, mentre mi alzavo avvolgendo la mia coperta rosa attorno al mio corpo. Jason odiava quella coperta, ma la tollerava perché era l'unica con cui riuscivo a dormire.

Rabbrividii quando i miei piedi nudi toccarono il gelido pavimento in marmo. Sentivo abbastanza freddo visto che indossavo soltanto una maglietta di Jason e le mutandine. A lui piaceva vedermi vestita, o meglio "svestita" in quel modo, ed io ero felice di accontentarmi.

Aprii la porta della camera e guardai in fondo al lungo corridoio, senza vedere nulla. In punta di piedi camminai verso lo studio di Jason, nel quale solo io posso avere accesso. Poggiai le dita sullo scanner ed esso si illuminò, mostrando in verde "Juliet McCann. Accesso approvato". Arrossii vedendo la scritta e sbirciai dentro, notando che Jason non si era reso conto né della mia presenza né tantomeno della porta che si apriva. Rimasi in un angolo a guardare ogni suo movimento: i muscoli del suo braccio flettersi ogniqualvolta firmava qualche scartoffia e la riposava in archivio o la sua mascella contrarsi alla vista di qualcosa di sbagliato.

«Non dovresti essere a letto, piccola?» La melodiosa voce di Jason mi distrasse dalla mia trance e mi fece balzare in avanti. Mi stava rivolgendo uno sguardo amorevole, quindi i suoi occhi passarono dall'essere scuri come la notte al color miele che avevano solo quando c'ero io nei dintorni. A volte i suoi occhi diventavano rossi come il sangue ed era il momento in cui la gente capiva di aver superato il limite e che presto sarebbero stati puniti o uccisi dal Diavolo.

«Mi sono svegliata e non eri lì, Jay.» Piagnucolai sentendo le lacrime pronte ad uscire.

«Oh, bambolina. Mi dispiace, avevo un sacco di lavoro da fare. Vieni qui, piccola. Fatti coccolare un po'.» Disse con un tono di voce dolce, mentre dava le spalle alla sua scrivania e teneva le braccia aperte.

Lo raggiunsi e mi sistemai sulle sue gambe nascondendo il viso nel suo petto, mentre mi copriva con la coperta. Avvolse un braccio attorno al mio esile corpo e cominciò a cullarmi, mente con la mano libera continuava a firmare documenti.

Grazie mamma per i miei geni da nana. A proposito dei miei genitori, avevano smesso di smettere di crescere a 28 anni ed erano molto contenti con i loro altri cinque figli. Nonostante mio padre avesse smesso di crescere, questo non l'aveva reso maturo. Eh sì, gli Alien e le loro anime gemelle smettevano di crescere a ventotto anni. È strano, lo so.

Quando compii quindici anni, pregai i miei genitori di lasciarmi andare a vivere a casa di Jason perché la lontananza mi faceva stare male e loro accettarono, comprensivi, a patto che ogni tanto passassi da loro a dargli un abbraccio.

Sbottonai lentamente la camicia di Jason e poggiai le mani sul suo petto nudo e caldo, inalando il suo magnifico profumo.

«Sei la mia bambina.» Ridacchiò chinandosi per darmi un bacio sulla fronte. Chiusi gli occhi godendomi il suo tocco gentile e le sue labbra morbide. «È ora di andare a letto.» Dichiarò, sostenendomi come una sposa, per poi baciare lievemente le mie labbra.

Obsidian (Italian Translation) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora