2.orange

109 6 3
                                    

Era l'ora di cena, cioè le nove, mia madre mangiava sempre tardi, non perché lo voleva ma perché era lenta a cucinare. In tavola c'erano pizzette e wurstel, con qualche patatina di contorno. Dovevo ringraziare Matt per quel cibo perché se non fosse venuto avremmo mangiato sicuramente una minestra o qualcosa del genere.

Nel bel mezzo della cena mio fratello aprì la porta d'ingresso e si sedette accanto a nostra madre, di fronte a me.
«scusate il ritardo, ho avuto un impegno urgente.» disse per giustificarsi.
«tranquillo, non devi giustificarsi.» gli rispose mia madre, sempre con quel tono calmo e rilassato ma anche per dire "lo sappiamo tutti dove sei andato".
«com'è andata a scuola?»chiese mio fratello. Rimasi in silenzio per un po'.
«a chi dici?» dissi sperando che dicesse Matt, non avevo voglia di parlare.
«a entrambi rinco.» che bisogno aveva di chiamarmi rinco?
«bene, come al solito.» rispondemmo in coro.
Volevo parlare? Volevo accendere la situazione? Magari scaldarla a tal punto da farle prendere fuoco? Forse volevo far rimanere solo la cenere?
«allora...» dissi, misi il tovagliolo che fino a quel momento avevo sulle gambe, sul tavolo.
«allora cosa?» rispose mio fratello come se non capisse di cosa stessi parlando.
«quando te ne vai?» lo dissi in modo freddo, forse troppo, non riuscì a fare giri di parole per alleviare la pesantezza dell'argomento.
«dimmelo tu.» iniziò a guardarmi con uno sguardo dolce ma severo. Non riuscì a inquadrarlo.
«forse dovreste parlare di sopra, tra di voi.» intervenne Matt.
«si, forse hai ragione.» disse Paul. Io mi limitai a seguirlo.
Salimmo le scale in silenzio e poi entrammo in camera mia dove si sedette sul mio letto, io rimasi in piedi, ero troppo agitato.
«questo è ciò che voglio fare.»mi fece cenno di sedermi ma rimasi in piedi.
«parla, almeno di qualcosa.»
Non dissi niente per un po', zero, mi fermai in mezzo alla stanza e provai a dire qualcosa ma l'unica cosa che assomigliava ad un cenno di conversazione fu un movimento della testa che indicava un muto "no".
«tu, cosa vuoi fare?»dissi finalmente, controllando ciò che mi poteva uscire dalla bocca.
«vorrei un fratello che stia dalla mia parte, e che sia felice per me, perché è ciò che voglio fare e ciò che farò.» aveva già deciso evidentemente.
«posso fermarti in qualche modo o hai già preso le tue scelte?»
«tra due settimane parto, hanno già accettato la mia domanda.»
Mi avvicinai verso di lui, lentamente. Mi sedetti sul letto che si abbassò leggermente e lo abbracciai, non feci altro. Un abbraccio sarebbe bastato, lui mi strinse ed io trattenni qualche lacrima ma senza riuscirci.
«no, se piangi te piango io.» la buttò sul ridere ma pianse anche lui. Restammo in quella posizione per un tempo estremamente lungo.

Lo dovevo accettare, lo voleva fare sul serio e chi ero io per mettermi tra lui e i suoi sogni?

«allora è tutto apposto fratellino?» mi chiese staccandosi da me e guardandomi negli occhi.
Feci un cenno con la testa.

Uscì dalla camera poco dopo, credo che andò a chiamare Matt perché entrò neanche cinque minuti dopo.
«allora, avete chiarito.»
«si, ma adesso parliamo di qualcos'altro, tipo di cosa stai nascondendo dietro la schiena.» stava tenendo qualcosa con un braccio, era impossibile non accorgersene.
Si mise sul letto e mise ciò che nascondeva esattamente davanti a me. Erano delle ciambelle con la glassa, lo ringraziai un trilione di volte.

Era ora di dormire, Matt non aveva sonno ma io si, stavo letteralmente collassando, le luci soffuse della mia camera e il silenzio tombale erano la combinazione esatta per dormire all'istante.
«ma che hai sonno?» mi chiese dall'altra parte della stanza, da sopra un sacco a pelo blu con delle nuvole disegnate sopra.
«non ci penso neanche.»
«chris! Sono solo le undici. E domani non c'è scuola.» perché? Era un mercoledì mi sembra.
«che stai dicendo? Hai bevuto?» mi ero appoggiato sui gomiti e con la testa alzata per guardarlo in faccia.
«domani è sabato, ma che hai in testa in questi giorni?»
«secondo me mi stai prendendo in giro.» guardai sul telefono e in effetti...«dove cazzo ho la testa in questi giorni!?»

Rise, e un po' anche io.

«allora? Svegliati e facciamo qualcosa.» praticamente me lo ordinò.
«sentiamo, cosa vorrebbe fare il signorino Matt Dixon?»
«possiamo giocare ad obbligo o verità?» che gioco idiota pensai, poi non aveva senso giocarci in due.
«passo, altro?»
Iniziò a strofinarsi la testa con la mano sinistra.
«allora pensaci tu!»
Iniziai a pensare seriamente a qualcosa.
«andiamo a mangiare?» dissi.
«quelle ciambelle mi hanno riempito, sono apposto fino a dopodomani..»
«allora..... ti sfido a dirmi chi ritieni che sia la più figa della classe di inglese.» arricciò un sopracciglio.
«è cosi!? Facciamo il gioco delle domande...»
«rispondi.»
«credo Laura McCoy, tu?»

Sinceramente mi fanno un po' schifo tutte, quelle della classe d'inglese.
«anche per me, non è male.»
Cosa avrei dovuto rispondere?

«ora sta a me. A che livello la vuoi la domanda?» si mise a sedere sul mio letto, sembrava eccitatissimo.
«secondo quale scala?» io ero nervoso, adoravo fare domande agli altri ma odiavo che venissero fatte a me.
«em..... tranquillo, normale, ultra, epico, apocalittico!» mentre disse quest'ultima parola alzo le mani al cielo come se Yoda in persona gli avesse confidato qualche potere da jedi, questo è Martin che mi contagia con i suoi riferimenti a Star Wars.
«apocalittico signorino.»
«mh, okay, hai fegato, ti avverto sarà tosta...» fece passare tre minuti buoni prima di formulare la domanda, in quei minuti volevo sprofondare per l'ansia, per il nervosismo che mi mangiava dentro, perché si, ero una persona estremamente ansiosa. Mi guardò dritto negli occhi, si sistemò con le gambe incrociate e mi disse...

«sei mai stato attratto da qualcuno del tuo stesso sesso?»
Non poteva essere più esplicito, io non avrei mai osato porgli una domanda del genere, che cosa avrei potuto dire, si? No? Forse? Non sono affari tuoi?

Lo guardavo e la mia mente andava talmente veloce che le parole non trovavano abbastanza tempo per fermarsi alla bocca e uscire. Andarono tutte allo stomaco e si tramutarono in ansia.

Issues  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora