Capitolo 11

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Sulla scrivania di Landolfi la cartelletta era aperta con alcuni fogli sparsi qua e là che raccontavano una vita: quella di Marco Costa. Trentacinque anni sposato con Elena Ghirardi di quattro anni più giovane, avevano un figlio Tommaso di sei anni. Marco, laureato in architettura, lavorava però presso un'azienda di telecomunicazioni, una multinazionale molto grande con sedi in tutto il mondo, la moglie invece in uno studio commerciale. Il loro matrimonio sembrava essere in crisi visto che avevano aperto la procedura per una separazione consensuale. Qualche amico, pochi spostamenti tranne qualche piccola vacanza ogni tanto, niente di rilevante. Non risultavano particolari anomalie nella sua vita, sembrava un uomo qualunque perso in una vita qualunque. Nessuna denuncia a suo carico solo un paio di multe per divieto di sosta prese circa due anni prima. Era arrivato in città con suo figlio per una vacanza di dieci giorni, aveva prenotato qualche settimana prima chiedendo in particolare quella stanza con quel terrazzo. Questo era l'unica cosa strana, l'anomalia agli occhi di Morelli, perché voleva proprio quella stanza? Forse perché da quella stanza si vedeva la villa?

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«Nonno lo sai che abbiamo visto le stelle?» erano appena arrivati in stanza ed erano usciti sul terrazzo per guardare il mare. La giornata si stava prospettando di un sole caldo tipica dell'estate in corso «che bello» rispose il vecchio sorridendo al nipote «stasera le fai vedere anche a me?» continuò. Tommaso rise contento «certamente nonno». Marco si avvicinò a suo figlio «perché non vai di là a metterti il costume così dopo andiamo al mare» gli disse. Tommaso non se lo fece ripetere due volte correndo entro in camera lasciando il papà e il nonno sul terrazzo. Quando furono soli il vecchio parlò «cosa sta succedendo Marco?» Lui sospiro indicando la villa «in quella villa ho assistito ad un rapimento» Suo padre girò lo sguardo verso quella casa mentre Marco continuava «una donna che avevo appena conosciuto è sparita e io ho visto tutto»

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Gerardo Cosentino era seduto di fronte alla scrivania del commissario Morelli. Era uno stimato avvocato e da molti anni anche segretario della contessa Castelli, era lui che gli aveva fornito il numero di cellulare. Era leggermente spazientito, andare al commissariato gli era costato parecchie ore di viaggio, arrivare fino alla villa al mare da Roma dove aveva la residenza e lo studio per parlare con quello strano commissario, non ne capiva le ragioni. Morelli posò le braccia sulla scrivania, mettendo le mani sotto il mento «Mi dice perché la contessa è partita per Ginevra?» chiese. L'avvocato lo guardò perplesso e scocciato «commissario lo può chiedere direttamente a lei, il numero lo ha». Morelli si sistemò meglio sulla poltrona «signor Cosentino lo sto chiedendo a lei e la prego di rispondere» il tono era decisamente autoritario. Gerardo Cosentino sbuffò leggermente contrariato, ma sapeva che non poteva esimersi dal rispondere, prima finiva quella sceneggiata prima se ne poteva tornare ai suoi affari «è a Ginevra per alcune incombenze legate all'eredità di un suo antenato» Morelli si riavvicinò alla scrivania «e lei è sicuro che la contessa sia là?» chiese guardando il volto dell'avvocato, voleva vedere se ci trovava anche il più piccolo segno di dubbio. Cosentino alzò leggermente un sopracciglio e sorrise «certo che sono sicuro, l'ho vista partire e l'ho sentita al telefono anche stamattina» affermò deciso «è a Ginevra da tre giorni». Nulla di quello che diceva sembrava d'aiuto alle indagini. Alla fine dell'interrogatorio il segretario però chiese il permesso di poter entrare nella villa per controllare se mancasse qualcosa. Morelli lo fece accompagnare da due agenti anche se sapeva che non mancava nulla, quei due non erano riusciti a portare via niente e questa era un'altra cosa anomala in quella storia.

Landolfi nel suo studio stava interrogando la domestica personale di Sofia Castelli. Era una giovane ragazza di quasi ventitré anni che rispondeva al nome di Sara Viola, e lavorava con la contessa da quando aveva diciotto anni. «Signorina Viola lei ha visto la contessa in questi giorni?» La ragazza lo guardò sorpresa «non vedo la contessa da tre giorni, da quando ha lasciato la casa di Roma per andare a Ginevra» Landolfi asserì «ha notato qualcosa di strano nell'ultimo periodo?» Sara sgranò gli occhi «strano in che senso?» Il vice commissario sospirò «qualche viso sospetto, qualche cosa di anomalo che è successo?» Lei tirò su le spalle «no, nulla» «e la contessa le ha mai accennato di qualcosa che la preoccupava?» Sara mosse la testa da destra a sinistra «assolutamente no, solo...». «Solo?» Landolfi la guardò con interesse attendendo che continuasse. «Solo il giorno prima di partire mi era sembrata un po' assente, ma sa la contessa ha tanti impegni e credo sia normale avere dei momenti un po' così» Landolfi asserì, ai suoi occhi allenati quella ragazza sembrava sincera. «Lei dove vive?» Sara lo guardò leggermente sorpresa «vivo a Roma nella casa con la contessa» sorrise «sono la sua domestica» si giustificò con orgoglio. Landolfi annuì «quando è stata l'ultima volta che è venuta qua alla villa al mare?» La donna ci pensò un attimo «credo circa dieci mesi fa, se non ricordo male siamo stati qua per una settimana» rispose corrugando leggermente la fronte «la contessa aveva bisogno di riposo».

Alessandro Liquori era invece il domestico più anziano, quello che dirigeva tutti i lavori della casa di Roma. «Ha una vaga idea di cosa potessero cercare i ladri che sono entrati in casa?» chiese Morelli. L'uomo di mezz'età ben vestito e dai modi delicati scosse la testa «commissario non veniamo in questa casa da almeno un anno se non ricordo male» si fermò a riflettere per qualche secondo «assolutamente non c'è nulla che io sappia che possa fare gola a dei ladri» Morelli assentì «e della contessa cosa mi dice» L'uomo sgranò gli occhi «la contessa Sofia è una gran donna» gli occhi parvero luccicare. «Sa dov'è?» chiese ancora il commissario. «E' a Ginevra» rispose immediatamente. Morelli si sistemò sulla poltrona «come le è sembrata negli ultimi giorni la contessa?» chiese «preoccupata per qualcosa?» L'uomo negò immediatamente «assolutamente no»

Dopo aver lasciato libero il maggiordomo di tornare alle sue incombenze, fu il turno dell'autista. Gennaro Sanna entrò nell'ufficio leggermente preoccupato e Morelli notò immediatamente questo stato nell'uomo. Era sudato e continuava a muovere gli occhi e a strofinarsi le mani, sembrava come se stesse nascondendo qualcosa. Decise di approfittare di questa emotività dell'uomo per farlo rosolare ancora un po' «le dispiace attendere due minuti» disse Morelli alzandosi e avviandosi alla porta «torno subito» e uscì lasciandolo sulla sedia a sudare e a rimuginare ancora di più. Andò nello studio di Landolfi che aveva finito di interrogare i domestici «credo che l'autista sappia qualcosa» disse sulla porta «vieni di là con me» ordinò al suo vice. Landolfi si alzò e Morelli lo fermò «con calma, facciamolo bollire ancora un po'» Il vice commissario sorrise «come preferisci. Ti posso offrire un caffè nel frattempo?» Morelli lo guardò con un accenno di frustrazione «non sfottere» Landolfi rise «decaffeinato naturalmente, come piace a te» spalancandosi in una risata di scherno. «Prima o poi compilerò la richiesta per il tuo trasferimento» ringhiò Morelli sorridendo anche lui.

***

Il buio era qualcosa di solido, che sembrava denso e impenetrabile. La mente alcune volte le faceva strani scherzi e lei si rese conto che non distingueva più quando aveva gli occhi aperti o quando erano chiusi. Tutto era così uguale. Così maledettamente uguale. E nel frattempo sentiva che le forze la stavano abbandonando, si rese conto di sentirsi sempre più debole tanto che quasi non riusciva più ad alzarsi. Chiusa al buio e al freddo in quella stanza che stava diventando la sua tomba.

IL RIVERBERO DEL MAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora