Capitolo 16

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Buio. Era immersa nel buio non sapeva nemmeno lei da quanto. Aveva brividi di freddo dovuti alla stanchezza, non riusciva nemmeno a dormire. La batteria del cellulare era ormai agli sgoccioli. Lo aveva spento nel tentativo di prolungarne la durata. Dopo le prime ore di panico dove aveva cercato inutilmente di mettersi in comunicazione con qualcuno, aveva deciso di spegnerlo e accenderlo solo saltuariamente provando a chiamare da posizioni diverse. Non che avesse una gran scelta, la stanza era circa due metri per due, non ci stava nemmeno un letto, ma non voleva arrendersi al fatto che era sepolta viva in quella nicchia. Aveva fame ed era stata costretta ad urinare in un angolo aumentando il fetore che c'era tra quelle mura umide e ammuffite. Aveva scoperto quella stanza per caso facendo degli spostamenti qualche anno prima e ora si maledì di non averne fatto parola con nessuno. Ci aveva trovato una vecchia cassapanca appartenuta a suo nonno con dentro alcuni documenti e ricordi di un passato ormai sepolto. Per ironia della sorte ora era lei che era sepolta lì. Chissà se l'avrebbero mai trovata, per tutti era andata a Ginevra, solo Gennaro sapeva che era alla villa al mare, solo lui e... E poi Marco, l'uomo che aveva conosciuto quella sera stessa. Pensare a Marco la faceva sentire strana e confusa. Quella telefonata nel cuore della notte era quella che la confondeva maggiormente, come faceva a sapere che erano entrati dei ladri nella villa? Era possibile che lui c'entrasse con tutta quella storia? Sembrava così sincero, così perso nel suo autentico dolore che lei non aveva dubitato nemmeno per un'istante, ma ora invece ripensandoci non sapeva bene cosa credere. Quella notte presa dalla paura aveva commesso un malaugurato errore che ora stava pagando dolorosamente, si era nascosta in quella nicchia portando con se il cellulare convinta potesse servirle, ma senza pensare a come uscire di lì. Quella notte colta dal panico e dalla paura, ricordandosi di quella stanza segreta, aveva spostato il comodino e schiacciato il rombo di mosaico sul muro facendo aprire la parete accanto al suo letto, mentre il rombo lentamente ritornava nella sua posizione originale, la parete si era aperta per un attimo e lei si era catapultata dentro nascondendosi nell'istante stesso che la parete si stava richiudendo. Aveva fatto giusto in tempo a sentire la porta della sua stanza che si apriva e quegli uomini entrare prima che il buio e il silenzio la soffocassero intuendo, con terrore, in quel momento stesso che non aveva possibilità di uscire da lì. Aveva provato inutilmente con il cellulare ma non era servito a nulla, e il panico aveva preso il sopravvento. Aveva provato a graffiare con le unghie, fino a spezzarle e a farle sanguinare, quel muro di cemento che sigillava la sua tomba. Perché si stava rendendo conto sempre di più che non sarebbe mai uscita viva da lì, quello stanzino segreto sarebbe diventata la tomba della contessa Sofia Castelli.

***

Come varcò la porta della stanza d'albergo suo figlio Tommaso gli andò incontro a braccia aperte «papino» gridò stringendolo alle gambe. Marco lo prese in braccio ricambiando l'abbraccio «ti sono mancato?» chiese ridendo felice. «Si» rispose Tommaso «pensavo ti eri dimenticato di me» Marco lo guardò «come potrei dimenticarmi di te» rispose serio Tommaso mentre gli accarezzava il volto «il nonno dice che sei» corrugò la fronte come a cercare la giusta parola «infidabile» disse non molto sicuro però che la parola fosse quella. Marco si sedette sul letto tenendo suo figlio sulle gambe «cosa sono?» chiese voltando lo sguardo verso suo padre che stava facendo finta di nulla ma che era sempre più a disagio. «Che ti dimentichi quello che devi fare» cercò di spiegare Tommaso. Marco sospirò «non dare retta al nonno sai quando si va avanti con l'età la testa ti fa dire un sacco di stupidate» lo baciò sulla guancia, ora vai a finire di prepararti facendolo scendere dalle sue gambe. Come Tommaso si allontanò Marco si alzò avvicinandosi a suo padre «pensa di me quel cazzo che vuoi, tanto ormai non mi fa più male la tua scarsa opinione o la mancanza di un gesto d'affetto nei miei riguardi, ma non ti azzardare a mettermi contro mio figlio. Se non sei riuscito ad essere un buon padre prova per una volta a lasciare il tuo ego fuori dalla porta e cerca di essere almeno un buon nonno» il viso era tirato e carico di rabbia aveva buttato fuori tutto. Suo padre abbassò lo sguardo per la prima volta sembrava come colpito da quelle parole «non era mia intenzione metterti contro Tommaso» alzò gli occhi su di lui e sembrò quasi come se lo vedesse per la prima volta «hai ragione non sono stato un buon padre e forse se il tuo matrimonio non ha funzionato è anche colpa mia che non ho saputo darti la forza di affrontare le situazioni difficili» Marco gli mise le mani sulle spalle «papà tu hai sicuramente tante colpe sulle insicurezze che ho dovuto combattere nell'adolescenza ma stai tranquillo non c'entri nulla con la separazione tra me e Elena» «Forse se vi fossi stato più vicino» Marco lo zittì «no papà non cambiava nulla Elena ha un altro uomo». Suo padre sgranò gli occhi «un altro?» «si, e comunque i nostri problemi ce li trascinavamo da tanto, era giunto il momento di porre fine a inutili discussioni e sofferenze». Si rese conto in quel momento della fragilità di suo padre, l'espressione del viso era contrita e gli occhi tristi «io, io non sapevo» bisbigliò pensando a sua nuora e a l'altro uomo. Marco cercò di uscire da quella situazione che sembrava in quel momento più dolorose per suo padre che per lui «neanche io lo sapevo, l'ho scoperto da poco» stranamente nel dirlo si rese conto di essere, per la prima volta, sereno, di non avere più quel senso di rabbia che lo aveva avvolto, come una coperta, per giorni e giorni. Sembrava quasi che quella delusione che aveva patito, come fosse una medicina, uno sciroppo amaro, col tempo, lo stesse facendo guarire da quell'ingenuità e quella presunta sicurezza che aveva costruito con Elena. Si stava finalmente riprendendo la sua vita e ammettere quello che era successo anche con suo padre oltre che con Sofia lo rendeva più libero. Posò una mano sul volto di suo padre quasi come fosse una carezza «Tommaso è l'unica cosa che conta in questo momento per me» disse «aiutami se puoi». Il vecchio corrugò la fronte accennando un sorriso sincero «lo farò».

***

Era già sera quando una squadra di poliziotti entrò nella villa della contessa Castelli. Morelli aveva dovuto chiedere un mandato urgente al procuratore distrettuale per poter fare quei controlli che aveva stabilito con Marco Costa. Portarono l'attrezzatura di cui disponevano al secondo piano dove c'erano le camere da letto e individuato i punti che Marco aveva segnato sulla planimetria della casa iniziarono a forare i muri. Morelli si affacciò sul balcone e alzò lo sguardo fino al terrazzo da dove Costa diceva di aver visto tutto. Chissà se non fosse uscito fuori quella notte per vedere il mare illuminato dalla luna cosa sarebbe successo? Pensò sedendosi sulla sedia a dondolo. Le coincidenze che spesso scombinano le vite e che combinano gli incontri. Chissà forse quel riverbero di luce sull'acqua del mare era il segno di un destino già scritto. Spesso gli eventi della vita si muovono in maniera così sincronizzata da far venire il sospetto che realmente qualcosa ad un livello superiore ci sia. Si dondolò sulla sedia guardando il terrazzo dell'albergo, "chissà"


IL RIVERBERO DEL MAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora