Capitolo 31

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Non era riuscita a dormire. Aveva fissato il soffitto della sua camera da letto fino a quando non aveva visto le prime luci dell'alba fare capolino tra le tende chiuse della finestra. A quel punto si era tirata su a sedere fissando il cellulare sul comodino accanto a lei. Passata la tristezza e finite le lacrime, aveva provato a riflettere su tutta la situazione che si era creata. Marco le piaceva questo era un dato di fatto, ma era anche un uomo con una famiglia, e che aveva delle responsabilità, specialmente verso suo figlio e lei non si sarebbe mai messa in competizione con Tommaso. Il bene di quel bambino veniva prima di ogni cosa. Queste considerazioni le avevano fatto prendere la decisione di partire e tornare a Roma. Avrebbe mandato un messaggio a Marco inventando una scusa per cui doveva urgentemente tornare a casa e non poteva pranzare con loro. Non se la sentiva di incontrarlo sapendo che magari poteva essere l'ultima volta che si vedevano. Meglio allontanarsi e lasciare a lui la libertà di decidere cosa voleva, perché anche se provava un sentimento forte, non avrebbe mai voluto accanto a sé un uomo costretto e non convinto. Se dovevano costruire qualcosa la dovevano costruire senza inganni o forzature. Dall'atteggiamento di Tommaso della sera prima, aveva capito che quella donna era Elena, e stranamente nonostante il sentimento che provasse per lui, e sapesse, dai racconti di Marco quello che a grandi linee era successo tra loro, Sofia non riusciva ad odiarla. Elena era una bella donna e insieme sembravano affiatati. Cercò di distogliere dalla mente l'immagine di quel bacio, in fondo era ancora sua moglie, cercava di giustificare l'accaduto più che altro per se stessa, per ritrovare un minimo di reazione, di forza che le permettesse di andare avanti senza ripensamenti continui. Si alzò dal letto avviandosi in bagno, una doccia l'avrebbe risvegliata del tutto e a mente serena avrebbe scritto il messaggio per Marco. Si sarebbe rialzata anche stavolta, pensò mentre passando accanto alla finestra del terrazzo il suo sguardo fu attratto dal balcone della camera d'albergo dove sapeva lui stava dormendo probabilmente non da solo.

***

Morelli chiuse il portone di casa dietro di se e con un profondo respiro si avviò verso il lungomare. La città si stava lentamente svegliando. Non era ancora il momento di chiudersi in ufficio a compilare scartoffie e poi lui amava passeggiare sulla spiaggia la mattina presto, respirare a pieni polmoni quell'aria frizzante e fresca che proveniva dal mare lo aiutava a trovare il suo equilibrio, e ad affrontare meglio la giornata e la solitudine che da quando sua moglie due anni prima, lo aveva lasciato, viveva costantemente. Marta era andata via dopo quasi vent'anni di convivenza e lui ancora non si era abituato alla sua assenza. Alcune volte la mattina quando si svegliava la prima cosa che faceva per istinto, era cercarla nel letto accanto a lui, ma trovando, con la mano, costantemente solo il materasso vuoto e freddo. Marta se ne era andata via in fretta, in pochi mesi. Un tumore allo stomaco l'aveva mangiata in modo veloce e doloroso. Ancora ricordava le lacrime e il vuoto assoluto che lei aveva lasciato. Tanto che dentro di sé , per non impazzire, aveva costruito la folle idea che lei lo avesse lasciato per un altro uomo. Era il suo modo per sopravvivere. Pensarla accanto a un altro uomo ma viva piuttosto che sepolta sotto cumuli di terra. Si tolse le scarpe come arrivò alla spiaggia. Percepire la sabbia soffice sotto i piedi lo faceva sentire vivo. Quel contatto con la natura che amava era quanto di più bello potesse esserci. Si incamminò verso il mare. Le onde si avvicinavano azzurre, poi bianche quando le loro creste si rompevano e spargevano sulla sabbia bagnata fino ai suoi piedi nudi. Ci affondò dentro gli alluci proprio come faceva quando era giovane, ma non servì a niente, il mare gli strappava di sotto la sabbia e lui affondava sempre di più. Un uomo gli passò accanto correndo in tuta da jogging. Sorrise, guardando la sofferenza sul suo volto stanco. Si concentrò sul rumore delle onde che si arricciavano precipitandosi verso di lui e percependo quel senso di pace iniziò a pensare a ciò che doveva fare quel giorno. Avevano chiuso il caso della contessa Castelli in modo semplice e pulito, si vedeva lontano un miglio che chi aveva organizzato la cosa non era un professionista. Greta era stata arrestata insieme all'avvocato e stavano solo aspettando l'estradizione per riportarle in carcere in Italia e processarli. Avevano confessato tutto, l'avvocato aveva pagato due poco di buono della zona, che stavano ancora cercando, per rapire Sofia. Sfortunatamente per loro erano stati visti da Marco e la contessa avvisata si era chiusa in quella segreta rischiando di rimanerci sepolta per sempre. Questo però, pensandoci bene, le aveva probabilmente salvato la vita, perché se fosse caduta nelle loro mani, la vera Sofia Castelli, sarebbe sparita definitivamente lasciando il posto alla sorella. E tutto questo solo per avidità, per entrare in possesso di un eredità e di un patrimonio che avrebbe permesso a Gerardo Cosentino di pagare i suoi debiti. Sospirò, il mare continuava inesorabile a gridare la sua voce, e lui percepiva quel grido come una liberazione. Si incamminò mestamente a ritornare sul lungomare per poi andare in ufficio al commissariato. Doveva solo far firmare alcuni documenti alla contessa e poi avrebbe chiuso il caso definitivamente, almeno fino alla prossima indagine che occupandogli la mente gli avrebbe permesso di continuare a non pensare a Marta e all'uomo che se l'era portata via.

***

Uscì dalla doccia tra nuvole di vapore e si incamminò in camera verso l'armadio. Istintivamente guardò il cellulare sul comodino con la speranza che ci fosse qualche messaggio, ma il led spento le fece capire che nessuno l'aveva cercata. Un profondo senso di delusione l'avvolse come una coperta leggera prendendo il posto dell'accappatoio di spugna bianco. Il getto dell'acqua non aveva calmato del tutto la sua tristezza ma aveva rafforzato la sua decisione di partire. Prese il cellulare, lo guardò per diversi minuti tenendolo nella mano come a cercare da lui le parole da scrivere. Poi con un profondo sospiro e le palpitazioni che le aumentavano nel petto cercò il suo numero "Un impegno improvviso mi obbliga a partire per Roma questa mattina. Non possiamo vederci per il pranzo come avevamo pattuito. Ci sarà un'altra occasione spero" Lo rilesse diverse volte con la tentazione di cancellarlo e riscriverlo, ma si costrinse a rimanere fedele all'idea iniziale. Aggiunse solo un mesto "T.V.B." alla fine e lo inviò sentendosi improvvisamente vuota e sfinita. Probabilmente quello sarebbe stato l'ultimo contatto con l'uomo che si era resa conto di amare. Perché quel vuoto che sentiva era inutile riempirlo con altra roba, serviva solo quell'unico pezzo che incastrandosi perfettamente lo colmava. Marco, solo lui poteva riempirlo ma non potendo farlo a lei non restava altro che imparare a convivere con quell'assenza, quella mancanza infinita che però le riempiva l'anima.

IL RIVERBERO DEL MAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora