Capitolo 13

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Landolfi partì immediatamente alla volta della casa di riposo Villa Gioconda in Toscana. Aveva avvisato sua moglie Anna di non aspettarlo per pranzo, non sapeva nemmeno a che ora sarebbe rientrato la sera, quelli erano gli aspetti negativi del suo lavoro, ma sostanzialmente lui amava ciò che faceva. Aveva sempre desiderato fare il poliziotto fin da ragazzo. Aveva frequentato l'accademia e passato la sua vita inseguendo quell'unico sogno fino a vederlo realizzare. Era stato fortunato, anche ad aver conosciuto Anna. Era una donna straordinaria che riusciva a dargli forza anche nei momenti bui. Guidava sull'autostrada avvolto nei suoi pensieri che gli facevano compagnia. Con la testimonianza di Sanna sapevano che la vera contessa era realmente alla villa al mare e questo dava decisamente una svolta alle indagini. L'autista aveva chiarito alcuni punti, ma restava sempre la domanda principale senza risposta: chi era la donna a Ginevra e perché era lì? In serata avrebbero ricevuto il primo rapporto dal maresciallo Cupra che avrebbe aggiunto un altro tassello al puzzle di questa intrigata storia e lui sperava di trovare in Toscana qualche altra tessera aggiuntiva per completare il quadro. Il commissario invece si sarebbe occupato di quel Marco Costa. Perché era penetrato nella villa? Cosa cercava? Quell'uomo dall'apparenza mite sembrava essere invece pesantemente coinvolto in tutta questa storia, a cominciare dalla scelta della stanza d'albergo. E se per caso non lo era, significava che era davvero una gran testa di cazzo. Fortunatamente ci avrebbe pensato Morelli a metterlo al proprio posto. Sorrise pensando al commissario, aveva avuto davvero la sorte dalla sua a conoscerlo appena giunto in quel commissariato tre anni prima, lavorare con Morelli era facile, aveva un ottimo intuito e soprattutto lo faceva sentire sicuro. Aveva ancora molto da imparare da quell'uomo.

***

Marco guardò l'orologio, era quasi mezzogiorno doveva uscire da quella villa in fretta prima che rientrando dal mare qualcuno dall'albergo potesse vederlo. Aveva girato la villa controllando in tutte le stanze in cerca di qualcosa che rafforzasse la tesi che Sofia fosse ancora in quella casa, ma non era riuscito a trovare nulla che potesse servirgli. Era stato davvero avventato a fare quello che aveva fatto e soprattutto stava correndo un rischio enorme. Guardò ancora per un ultima volta la camera di Sofia, lo specchio alla parete che si vedeva anche dal terrazzo della sua camere, il letto dove lei si era rannicchiata nascondendosi, il comodino leggermente spostato dalla parete a un metro circa dal letto, l'armadio che aveva già perlustrato abbondantemente e un televisore alla parete di fronte al letto. Tutto normale, una camera da letto normalissima, tranne per il fatto che ci era scomparsa una donna. Uscì dalla camera andando verso le scale. Si avviò tristemente alla finestra del salotto per uscire rifacendo esattamente lo stesso percorso che aveva fatto entrando. Doveva essere veloce e soprattutto sperare che nessuno guardasse nella sua direzione. Uscì dalla finestra e arrivò al punto nascosto del giardino dove aveva scavalcato. Con un senso di frustrazione e di rabbia controllò dall'altra parte del cancello se passava qualcuno, la strada era libera. Allungò le mani per arrampicarsi e scendere dall'altro lato. Come mise piede a terra due agenti si materializzarono davanti a lui afferrandolo per le braccia «venga con noi signor Costa» dissero trascinandolo tra di loro. Marco li guardò sorpreso e spaventato: ora si che era davvero nei guai.

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«Cosa cazzo credeva di fare?» Morelli era livido di rabbia mentre lui affossato su una sedia ascoltava le sue esternazioni «Ci sono solo due possibilità: o lei è coinvolto in questa storia e stava cercando di nascondere delle prove oppure è davvero un idiota che pensa di risolvere il caso al posto della polizia» "Sono davvero un idiota" pensò Marco senza però rispondere. Morelli lo fissò con sguardo virulento in attesa di una sua reazione. Marco non sapeva che fare, era su un filo traballante che sapeva poteva spezzarsi e portarlo direttamente in galera con l'accusa d'intralcio alle indagini. Forse prima di dire qualunque cosa sarebbe stato meglio far sbollire un po' il commissario. «Ha ragione lei» bisbigliò. Morelli vide l'espressione costernata sulla faccia di Marco e si placò leggermente «ragione su cosa?» il tono di voce stavolta era più calmo. Marco alzò lo sguardo sull'uomo che aveva di fronte «sono un idiota» disse di getto. Morelli si sedette sulla poltrona «questo è già un passo avanti» disse «mi dica cosa credeva di fare entrando in quella villa?» chiese continuando a guardarlo. Marco si sistemò sulla sedia «volevo cercare Sofia» rispose. Il commissario restò qualche secondo a fissare quell'uomo che aveva davanti cercando di inquadrarlo, voleva capire se era sincero o se realmente gli stava nascondendo qualcosa. Aveva esperienza e un discreto fiuto dalla sua parte e sinceramente quell'uomo non gli dava l'impressione di essere un furbo che voleva fregarlo anzi, l'impressione che aveva avuto fin dalla prima volta che aveva parlato con lui era che fosse un tipo sincero «cercarla in casa? Ma se mi ha detto che due uomini vestiti di nero erano penetrati nella villa per portarla via?» «E' vero commissario, ma c'è una cosa che non mi convince» rispose Marco attirando l'attenzione di Morelli «io li ho visti entrare ma non li ho mai visti uscire» sentenziò. Morelli corrugò la fronte e Marco continuò «non ho mai smesso di guardare la villa fino al vostro arrivo e da quella casa commissario non è uscito nessuno» I due uomini si guardarono per qualche secondo restando in silenzio entrambi persi nelle rispettive riflessioni. Poi Morelli si alzò facendo il giro intorno alla scrivania e fermandosi di fronte a lui «non è rientrato in stanza per qualche motivo?» chiese. Marco sorrise «è da ieri che continuo a pensarci» rispose «sono entrato per prendere il cordless e chiamare la reception, ma quando sono uscito Sofia era ancora nella stanza illuminata e io sono sempre rimasto lì a guardare quella casa» «Non è andato in stanza a riporre il cordless?» chiese ancora Morelli mentre nella sua mente si stava facendo spazio che forse quell'uomo non aveva torto a pensare che la contessa fosse ancora lì. «No commissario il cordless è rimasto fuori con me». Morelli si portò una mano al mento iniziando ad accarezzarlo leggermente, in effetti anche se fosse rientrato il tempo trascorso era davvero troppo breve per non assistere alla fuga di quegli uomini. «Nella villa ha trovato qualcosa che possa confermare questa sua ipotesi?» chiese ma questa volta il tono della voce era calmo e riflessivo. «Purtroppo no commissario». Morelli prese un bastoncino di liquerizia per portarlo tra le labbra, era in quei momenti che la voglia di fumare lo assaliva maggiormente, sembrava quasi che ci fosse un collegamento tra il fumo e il meccanismo mentale dei suoi pensieri. Prima non sapeva chi fosse realmente la donna nella villa che quell'uomo diceva di aver visto, ma ora aveva la conferma che quella donna era realmente la contessa e questo cambiava decisamente le cose. Avevano controllato quella villa da cima a fondo senza trovare nulla. In realtà una finestra che dava sul lato nord della villa e che non era visibile dal terrazzo dove era Marco, era aperta, probabilmente gli uomini erano fuggiti da lì. Questo non lo aveva detto all'uomo che era seduto di fronte a lui in quel momento, anche perché trovava impensabile che fossero riusciti a scappare da quella finestra trascinando il corpo della donna, non ne avrebbero avuto il tempo, a mala pena sarebbero riusciti a scappare loro. Il tempo era la chiave di tutto, e ne era davvero trascorso pochissimo dalla chiamata all'arrivo della prima volante. Quindi forse quell'uomo aveva ragione, la contessa era ancora lì, ma come poteva essere possibile? A meno che quella casa non disponesse di un nascondiglio, una stanza segreta o qualcosa del genere. «Lei è architetto, sa leggere una piantina di un appartamento?» chiese rivolgendosi a Marco. «Certamente» asserì lui in risposta. Morelli chiamò l'agente che piantonava fuori la porta «vai in comune e portami tutte le piantine catastali della villa della contessa Castelli» ordinò.

***

Aveva i crampi allo stomaco per la fame e, le labbra secche, erano attaccate tra loro, avrebbe dato chissà cosa per un bicchiere d'acqua fresca. Accese il cellulare e la luce l'accecò squarciando il buio. Vide la data sul display, era già passato il secondo giorno e lei era ancora lì. Guardò la banda che segnava quanto campo c'era. Neanche una tacca. Spense il cellulare ricominciando a piangere.

IL RIVERBERO DEL MAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora