Day 1 (parte 1)

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Camila era uscita da casa per fare, come al suo solito, la quotidiana passeggiata, ma quel giorno le cose andarono diversamente.
Una macchina con i vetri oscurati si fermò di fianco a lei, e un uomo incappucciato la spinse all'interno.
Quando Camila subito si accorse di ciò e iniziò ad urlare con tutte le sue forze, ma nessuno riuscì a sentirla.
Quel giorno fu il primo giorno del Gioco Psicologico.

La ragazza dagli occhi nocciola poche ore dopo venne svegliata da due uomini incappucciati, che la spinsero con forza dentro una casa che sembrava apparentemente abbandonata. Non sapeva che stesse succedendo e non voleva saperlo perché era piuttosto impaurita al solo pensiero.
Venne spinta con forza all'interno di una stanza vuota prima di percorrere un lungo corridoio con varie porte e con sù i numeri delle stanze. Poteva sentire le persone urlare, piangere e disperarsi. Era tutto così inquietante per Camila.
La portarono nella stanza 33 e quando la castana entrò non sentì più nessuno. Le pareti assimilavano le voci dell'esterno e le annullavano all'interno.
Gli uomini chiusero la ragazza nella stanza e Camila si chiese perché fosse lì. Non sapeva cosa stesse succedendo.
"Camilla Cabello" disse una voce roca, risuonando nella stanza grazie ad un microfono "Così ti chiami?" domandò.
"No, sono Camila Cabello. Perché sono qui dentro?" domandò, intimorita.
"Qualcosa non va. Avete preso le informazioni della persona sbagliata" disse piano, allontanandosi dal microfono e interrompendo poi la comunicazione.
Camila si sedette in un angolo della stanza aspettando che qualcuno le spiegasse cosa cavolo stesse succedendo.
"Abbiamo sbagliato persona" disse di nuovo quella voce femminile "Ma non posso lasciarti libera. Dovrai restare qui dentro" disse la voce.
"Cosa ho fatto di sbagliato?" domandò "Perché sono qui dentro?"
La comunicazione si interruppe e non sentì più nulla.
Era sola nella stanza. Un piccolo quadrato stretto. Non c'era nemmeno un letto.
Restò a fissare il vuoto avendo seriamente paura di ciò che avessero potuto farle, finchè ad un certo punto sentì una canzone risuonare all'interno della stanza.
Camila non capì ma resto in silenzio, ascoltando quelle tristi note senza lamentarsi.

[ Andate sulla mia playlist di Spotify. Si chiama The Psychological Game Wattpad, e iniziate ad ascoltare la prima canzone ]

Col passare dei minuti sentì la testa scoppiarle. Sembrava che quelle dannate note stessero entrando nelle sue orecchie e la stessero facendo impazzire. Era così odioso. Le note lente si erano impossessate dei suoi sentimenti.
P

oi sentì una voce, dopo circa dieci minuti.
"Mijaa!" era una registrazione. Era Sofì. Le su spezzò il cuore "Non morirò vero?"
Ricordava benissimo quella conversazione. Quella fottuta conversazione. La sviluppatrice del gioco era riuscita a scoprire le parti deboli della sua nuova vittima.
"Mija. Oggi sono andata in ospedale" disse "Mi hanno detto che devo prendere dele medicine e che guarirò. Sono così felice!"
Come faceva quel manipolatore ad avere quelle registrazioni? Com'era possibile?
Solo in quel momento capì.
Era entrata nel Gioco Psicologico. Ci entravano solo le persone orribili lì dentro, ma lei cosa aveva fatto di male? Da come aveva capito prima delle persone avevano raccolto le informazioni della persona sbagliata.
Non poteva crederci.
In quei mesi Camila era stata stalkerata a distanza dalla sviluppatrice del gioco, o meglio dai suoi uomini.
"Mija" la voce singhiozzante di quando era in ospedale. Erano riusciti anche a mettere un microfono all'interno della camera d'ospedale. Era tutto assurdo. "Ho paura" si potè sentire il beat che si occupava di controllare il battito normale della piccola Sofì. "Mi fanno male le mani. Non riesco a muoverle" la piccola Sofì soffriva di una malattia in cui non si sapeva la cura. Era morta mesi fa.
"Togli questa merda!" urlò Camila, tra le lacrime. "Non voglio sentire!" urlò ancora. Si alzò da terra e si avvicinò alla porta, dandole dei forti pugni.
"Mija, oggi sto meglio!" ricordava perfettamente quella giornata. La piccola Sofì era ritornata a casa dopo una lunga visita. "Guarda" quel giorno le fece vedere come riuscisse a tenere la forchetta senza problemi. "Posso muovermi! Però le gambe no" il suo tono di voce si era abbassato, sentendosi triste.
"Cazzo, smettetela!" urlò Camila, finchè un uomo incappucciato non si avvicinò alla porta, abbassando nel cassetto cibo il mangiare di Camila. Solo in quel momento notò quel specie di cassetto.
Ritirò il cibo e l'acqua.
"Mija, sei sicura che non mi succederà nulla?" la voce riecheggiò all'interno della stanza e Camila cercò di non farsi trasfortare dalle emozioni.
"Mija, Mija, Mija, mi prometti che andremo allo zoo?" non la potè portare allo zoo.
Il cuore di Camila sembrò battere più lentamente ricordando quelle conversazione e quelle giornate con la sua sorellina.
La sviluppatrice del gioco era riuscita a stalkerarla e ad installare dei microfoni in quei mesi senza che nessuno se ne potessere rendere conto.
Mangiò lentamente e bevve l'acqua, stranamente aspra, così Camila capì che era stata manomessa. Le avevano dato qualcosa, qualcosa che non le avrebbe sicuramente fatto bene.
"Mija..." la voce piagnucolò, sentendo ancora quella fottuta canzone depressa in sottofondo. "Perché non posso muovermi?" quel giorno Sofì stava cercando di giocare con le sue bambole ma le sue mani non funzionavano correttamente.
"Cazzo, smettetela!" urlò di nuovo Camila smettendo di mangiare il pane con la minestra. Appoggiò tutto affianco a sè e si alzò "Smettetela di fare queste cazzate!" urlò "Toglietela!"
"Mija, perché non sei venuta ieri? Mi sono sentita sola" la voce riecheggiò nella camera e a Camila sparì la rabbia, lasciando spazio solo ai singhiozzi "L'altra volta il dottore stava parlando con mamma e io stavo ascoltando. Quando lui se ne accorse gli chiesi cosa significasse morire..." la voce si bloccò "Ha detto che è come dormire e sognare un mondo bellissimo dove ci sono gli unicorni" lo aveva detto col sorriso.
Camila diede un forte calcio a vassoio e rovesciò tutto a terra.
"Per favore... smettetela" implorò, tappandosi le orecchie.
"Il dottore mi ha detto che in quel mondo posso persino volare! Ti rendi conto, Mija? Finalmente potrò camminare e volare! Potrò muovermi!"
Camila iniziò a dare pugni al muro, sperando di poter fermare quella voce e quella base malinconica.
"Io voglio andare in quel mondo, Mija!"

The psychological game ➳ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora