12. Docili come animali di peluche (II)

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Il tendone delle belve era una gigantesca stalla buia, dove gli animali sonnecchiavano in decine e decine di gabbie sporche. Camelie non si aspettava che il suo giro sarebbe iniziato proprio da lì. Da un lato era curiosa di scoprire in che condizioni fossero tenuti gli animali e se c'erano davvero delle specie rare, catturate illegalmente; dall'altro, l'ambientazione da film horror la impensieriva più di quanto avrebbe voluto ammettere con se stessa.

«Perché è così buio?» sussurrò.

«Perché le luci artificiali danno loro fastidio. Non è buio come credi, sei solo abituata ai neon degli altri tendoni» ribatté Olaria. «Sai, Venice. Ogni tanto sarebbe interessante se, oltre a bombardarmi di domande, facessi anche qualche considerazione. Non capisco se tieni i tuoi pensieri per te, o se non pensi proprio».

Camelie le fece il verso piccata. Si avvicinò poi incautamente a una delle gabbie più vicine, spiando tra le sbarre arrugginite. Un ruggito tonante la costrinse a fare un balzo indietro.

«Ti presento la nostra star: il vecchio Roarger».

«Roger?» sussurrò la ragazza strizzando gli occhi per mettere a fuoco di che bestia si trattasse.

«Il nostro Roar-ger» scandì meglio Olaria. «... è un orso polare di oltre una tonnellata».

«Si può sapere perché mi hai portato qui? Non mi avevi detto di non entrare per nessun motivo nel tendone degli animali?» le ricordò Camelie rabbrividendo all'idea di trovarsi faccia a faccia con una belva tanto terrificante.

«Finché non ci becca nessuno, non è un problema. Il vero problema, in questo posto, sono gli esseri umani, non gli animali. Vieni, voglio mostrarti un'altra cosa». Olaria la allontanò dalla gabbia di Roarger, dal momento che l'orso non sembrava avere alcuna intenzione di farsi vedere.

Camelie continuava a fermarsi davanti a ogni gabbia, sperando di scorgere gli animali richiusi all'interno. Più curiosava tra le sbarre, cogliendo lampi di manti variopinti e tuoni di versi vivaci, più cresceva il desiderio di assistere a uno spettacolo del circo.

«Quando è previsto il prossimo show?»

«Siamo in pausa fino al mese prossimo. Il circo si esibisce a mesi alterni, in modo da avere la possibilità di rinnovare un minimo i numeri».

Mancavano dunque quasi tre settimane. Non sarebbe mai rimasta in quel manicomio tanto a lungo, però magari poteva provare a sbirciare le prove. Una volta tornata a casa, difficilmente sarebbe riuscita a sgattaiolare nel ghetto di nuovo; suo padre l'avrebbe probabilmente tenuta sotto chiave come uno dei suoi schiavi, obbligandola a trascorrere ogni minuto libero con l'AI eMotionPlus da cui era in terapia.

«Non credo che rimarrò tanto a lungo da assistere a uno spettacolo dal vivo. Cercherò una videoregistrazione nel Cloudnet».

«Impossibile. Non esistono registrazioni degli spettacoli. Tutti i device sono schermati, nei tendoni del circo. Se vuoi vedere uno show, primo: paghi; secondo: ti godi l'esperienza senza filtri digitali. Questa è la filosofia di Ozzie».

«Si possono almeno sbirciare le prove?»

«Questo credo sia inevitabile, se vivi qui. E comunque sentiti libera di farci visita, come spettatrice pagante, quando sarai tornata alla tua vita lussuosa. Facciamo entrare chiunque agli spettacoli, persino i borghesi. Non che se ne sia visto qualcuno, finora... Immagino che abbiate paura di sporcarvi, entrando nel ghetto».

«Più di rischiare la vita».

«Disse la ragazza che gironzolava sola nei pressi della locanda più malfamata di Nilemouth» ribatté Olaria riempiendo la voce di pathos.

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