I - Stall me

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Jason aveva la sensazione di averla già vista da qualche parte. Il suo sguardo vagò per qualche secondo su e giù per il viso della ragazza, in una disperata ricerca di risposte. Forse, si disse, l'aveva notata qualche ora prima, quando la festa era iniziata e non c'erano ancora molte persone; quella ragazza non sembrava facile da ignorare: gli zigomi alti e le labbra rosse risaltavano il suo aspetto regale, facendola apparire come una vera e propria regina.

«Sei Jason Grace?» gli aveva chiesto, sorprendendolo mentre, dandole le spalle, il ragazzo stava dando l'ennesimo morso al suo cupcake.

Sorrise sincero, mandando giù l'ultimo boccone e poggiando il dolce sul tavolo dove l'aveva trovato. «Sì, sono io» rispose, porgendole la mano. Lei la strinse nella sua, facendo percepire a Jason il freddo setoso del suo corpo che assomigliava pericolosamente ad una statua di ghiaccio. Anche lei sorrise, mentre i suoi occhi neri si illuminavano e gli angoli della sua bocca si sollevavano un poco, non troppo da farla apparire ridicola; teneva le spalle larghe e la testa dritta, come se, fin da piccola, fosse stata abituata a comportarsi in un certo modo. «Come fai a saperlo?» replicò invece.

La ragazza sorrise di nuovo, inclinando la testa da un lato. «Me l'ha detto quel ragazzo laggiù» Indicò un punto lontano del giardino dove si trovavano, al di là della piscina nella quale alcuni ragazzi universitari si stavano cimentando in alcune gare di tuffi acrobatici. «Dice di essere tuo amico; si chiama Leo, mi pare.»

«Oh, Leo, sì», rise lui. Come sempre, il suo migliore amico non rinunciava mai ad una chiacchierata con la bella ragazza di turno: c'era stata Chione, c'era stata Calypso e perfino Thalia, la sorella maggiore di Jason che, ovviamente, l'aveva rifiutato in modo anche piuttosto brusco. «Come sei riuscita a liberarti di lui?»

La ragazza scosse la testa, facendogli intendere che era meglio non parlarne. Per un attimo, Jason si sentì quasi in colpa per il suo amico, che non aveva mai capito - e mai l'avrebbe fatto, gli disse la sua coscienza - quando era il momento di farla finita. Perfino Piper, la sua coinquilina, la persona con cui Leo aveva avuto più a che fare in tutta la sua vita e l'unica che sapeva farlo ragionare quando la situazione si faceva difficile, si lamentava spesso dei continui scherzi da parte del ragazzo, che continuavano anche quelle volte che, almeno in teoria, sarebbero dovute essere serie o toccanti.

Jason sospirò, abbassando lo sguardo sulla punta delle sue scarpe. «Scusalo,» mormorò, scrollando le spalle per non apparire troppo serio, «fa così con tutte.»

«Comunque,» continuò lei, accarezzandosi il braccio sinistro con le punte delle dita della mano destra come a volersi proteggere da qualche guaio imprevisto, «io sono Reyna.» Disse il suo nome con una punta di disprezzo, come se non le piacesse affatto ripeterlo o sentirsi chiamare così, e fosse intrappolata in un'immagine di donna che, in effetti, non era quella che lei avrebbe voluto mostrare agli altri. I capelli neri, sciolti sulle spalle, ondeggiarono appena, provando a danzare anche solo per qualche secondo con il vento che si era appena svegliato.

All'inizio, il ragazzo si chiese se non fosse da maleducati non chiederle nulla (come stava?, si sentiva bene?, aveva qualche problema?), anche solo per farle notare che non era sola e che per quanto potesse valere, poteva contare sul suo supporto morale; poi, però, decise di non pensarci, dato che, a dirla tutta, non erano affari suoi, e che voleva godersi a pieno la serata.

«Be', piacere di conoscerti, Reyna,» sorrise infatti. Si passò una mano tra i capelli biondi, tanto per assicurarsi che fossero ancora pettinati dopo la corsa in macchina che, si era ripromesso, non avrebbe più fatto se Leo o Percy fossero stati alla guida. Fece vagare lo sguardo per il giardino affollato, le lanterne colorate che scaldavano l'aria più o meno fresca di una notte di fine luglio: i ventenni più affiatati erano ancora ammassati sulla pista da ballo e, a coppie, ondeggiavano per niente impacciati al ritmo di un lento d'epoca, alcune ragazze in costume sfogliavano un giornale a bordo piscina, forse nella speranza che anche la luna potesse migliorare la loro abbronzatura, mentre, con il sorriso stampato sul volto, quelli già ubriachi continuavano a bere a dismisura. «Come mai sei qui? Non ti ho mai vista, all'università.»

Vices & Virtues - JeynaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora