IV - Bittersweet

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Parlare con lui era piacevole.

Reyna non si sentiva obbligata a trattenere il respiro, né a costruire le frasi con precisione millimetrica come Lupa ed Ade le avevano insegnato, anche se sapeva di doverlo fare. Dopotutto, lei non era una normale ragazza che passeggiava accanto ad un tipo carino per le strade di una città che conosceva ormai come le sue tasche, no - non lo era ora e mai lo sarebbe stata, perché la vita che le era stata offerta era tutt'altro che semplice.

«E come mai hai scelto proprio Scienze Politiche?» chiese, un groppo in gola, scuotendo la testa per allontanare i ricordi della sua infanzia in Porto Rico, il periodo della sua vita che era stato, probabilmente, quello che l'aveva segnata di più. Ricordava ancora il sapore del sangue in bocca, l'odore metallico che le impregnava le narici ed i vestiti, ed il dolore pungente ed instancabile delle labbra spaccate e delle nocche sbucciate. La figura esile e fragile di sua sorella, piegata in due dal dolore e dai pianti, le invase la mente, accompagnata dal senso di colpa che entrambe avevano provato e represso nel momento in cui avevano capito che quello che stavano facendo era l'unica via d'uscita che avrebbe potuto promettere loro un futuro migliore.

Jason si strinse nelle spalle, la maglietta grigia di cotone che, stringendosi sul suo busto, lasciava intravedere gli addominali scolpiti ed il petto liscio e senza ombra di cicatrici. «Credo nel progresso» iniziò, passandosi una mano tra i capelli dorati, «In America ci sono un po' di cose che andrebbero cambiate, dopo tutto quello che è successo negli ultimi anni. Sembra che, insomma, stiamo regredendo.» Fece una pausa, occupata da un sospiro di frustrazione che mostrava tutta la sua delusione verso il Paese in cui era nato. «Io amo gli Stati Uniti, non fraintendermi: adoro le persone, l'atmosfera, il cibo ed i paesaggi. Ma non è questo lo Stato in cui voglio vivere, Reyna. Studio Scienze Politiche perché ho capito che il sistema si può rompere solo dall'interno, perché spero un giorno di poter cambiare sul serio le cose e di poter dare un futuro migliore ai miei figli, capisci?» Gli occhi azzurri luccicarono, colmi di fierezza e di speranza per quella che lui considerava la sua America, il posto più bello del mondo, quello in cui tutti avrebbero voluto vivere e che tutti avrebbero voluto imitare.

Reyna tremò un poco, un brivido che le attraversava la schiena, il brivido del rimpianto e dell'ammirazione verso quel ragazzo dalle intenzioni tanto nobili. Avrebbe tanto voluto essere come lui, seguire i suoi sogni ed andarsene per la sua strada senza aver paura di sbagliare, di fallire e di rialzarsi quando necessario. Avrebbe tanto voluto liberarsi dalle catene che la tenevano prigioniera, legata a quella realtà di cui, in realtà, non aveva mai voluto sapere niente.

Sospirò, abbassando lo sguardo sul marciapiede, incapace di fronteggiare il confronto tra quello che era e quello che avrebbe voluto essere. Non rispose al ragazzo, timorosa che, qualsiasi cosa avesse detto, avrebbe potuto rovinare il momento di gloria di lui: incrociò le braccia al petto, continuando a camminare, un passo dopo l'altro, verso la spiaggia della città, mai troppo affollata durante la settimana.

Un cane correva in su ed in giù per il bagnasciuga, trasportando avanti e indietro un bastone che, probabilmente, la marea aveva portato da chissà dove, e che il suo padrone, un ragazzino sui quindici anni, si divertiva a tirare il più lontano possibile, intimando il rottweiler ad andare a prenderlo con più energia dei tifosi di rugby.

«E tu?» I pensieri della ragazza ripresero contatto con la realtà non appena mise piede sulla sabbia. Jason la osservava incoraggiante, come se lei avesse dovuto presentarsi all'esame più difficile della sua vita - in effetti, non era una supposizione poi così sbagliata. «Hai qualche progetto, per il futuro?» Il ragazzo deglutì, gli occhi che tradivano un certo timore che Reyna non fu capace di classificare con precisione.

La brezza marina gli scompigliava i capelli in maniera quasi perfetta, rendendo il suo viso ancora più interessante di prima, mentre la salsedine gli si appiccicava inesorabile alla faccia, solleticandogli la pelle e rendendola più secca e opaca.

Vices & Virtues - JeynaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora