Fear (capitolo serio)

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Metà ottobre, domenica sera, la fine della solita routine.
Mattinata in chiesa, pomeriggio in un centro commerciale anonimo, la gara del Moto GP. Una giornata carina e anonima con la mia famiglia e, nonostante tutto, sono veramente grata di averla vissuta.

Come ogni giorno. Sono grata di essere viva, nonostante io passi le mie giornate in una routine frenetica che non mi lascia respirare.

Alle 22:30 decido di andare a dormire, anche se in realtà so che mi addormenterò molto più tardi.

E inizio a pensare.

Domani è lunedì...passerò la mattina a scuola da sola. La mia unica amica, la mia ancora di salvezza, l'unica con cui posso parlare davvero, è lontana, molto lontana...

E io non riuscirò mai a trovarmi altre amiche, e non posso nemmeno chiederle di tornare perché so che lei è fragile, perché non è colpa sua ma si sentirebbe come se lo fosse!

Poi mi toccherà studiare, che, alla fine, è il male minore e mi aiuta a non pensare.

Oh, no! Domani devo andare ad aikido. Mi piace, ma non voglio andarci. Un'ora e mezza di pura sofferenza fisica e psicologica, tutti sono adulti e ovviamente non posso pretendere di socializzare con loro, ma quelli della mia età mi ignorano...

E so benissimo come andrà a finire. Tornerò a casa, stanca e sola, e litigherò con i miei genitori perché sono stufi di sentire le mie polemiche, e io non avrò mai davvero parlato con nessuno in tutta la giornata.

Mi sento così sola, adesso, nel buio della mia stanza...

Inizia improvvisamente a farmi male un punto fisso della pancia. Mi alzo e vado a chiamare i miei, chiedendo cosa potrebbe essere.
È risaputo che sono ipocondriaca e che ho il terrore degli ospedali e delle medicine. Mio padre, molto poco comprensivo verso questa mia ansia, dice a mia madre: "Beh, domani mattina portala dalla dottoressa. Potrebbe essere un campanello d'allarme."
Sento gli occhi lucidi, ma mi dicono comunque di tornare a dormire.

Improvvisamente sento una vampata di calore. Sotto il piumone invernale mi sento bruciare, così lo spingo via di scatto e rimango immobile, senza capire. So solo che sono sempre più preoccupata, ma la temperatura ritorna normale.

Cerco di calmarmi e di reprimere l'impulso di alzarmi e svegliare di nuovo i miei, quando sento tremare le mie gambe. E non un tremito sottile e impercettibile, come quando fatichi troppo in palestra, ma veri e propri scossoni involontari ai muscoli. Dalle gambe sale ai fianchi, e il ritmo accelera, accelera e arriva  fino alle braccia e io non posso fermarlo.

Sento mancarmi il respiro, non riesco a inalare abbastanza aria e non riesco a stare sdraiata, così mi metto seduta e, dopo un secondo, mi alzo e chiamo i miei.

La scena si sposta rapidamente in cucina, io su una sedia, mio padre su un'altra, mia madre in piedi dietro di me, che mi abbraccia.

"Sto tremando, mamma, sto tremando..." sussurro terrorizzata.

"Stai tranquilla, tesoro, rilassati. Hai paura di qualcosa?"

"No...sono calma, davvero, ma non so cosa sta succedendo..."

"Ti faccio una camomilla?" chiede.

"Sì..."

Bevo la mia camomilla, ma continuo a tremare e respirare diventa difficile.
Poi mi sento come se tutta la mia anima si fosse condensata nella mia gola, e corro in bagno.
Non mi piace vomitare, ma se serve a liberarmi dal terremoto  che ormai regna sovrano, questo ed altro.

Sento la necessità di buttare tutto fuori. Una, due, tre volte. E quando ho finito mi sento un po' meglio, anche se tremo ancora e respiro male.

È quasi l'una di notte e io non ho sonno per nulla. Quello strano attacco mi distruggeva dall'interno ma mi rendeva iperattiva.

"Ti faccio una borsa dell'acqua calda" dice mia madre, ed effettivamente è una buona idea.

Rimaniamo in cucina altri dieci minuti, in silenzio e immobili, mentre io stringo sulla pancia la borsa dell'acqua calda, che mi sta aiutando a calmarmi.
Mi rispediscono a letto, e ogni volta che sento le mie gambe tremare mi concentro sul calore, e finalmente mi addormento.

La mattina successiva

Stamattina sono costretta ad andare a scuola, ma quando torno a casa, mia madre mi dice che è stata dalla dottoressa e le ha descritto il mio attacco.

"Attacco di panico" aveva risposto la dottoressa "Sua figlia è in ansia per qualcosa?"

Abbiamo parlato molto, cercando di capire la causa. Io sono sola e questo mi ha fatto stare malissimo, molto più di quanto credessi. La mia unica amica è ancora molto lontana.

Una settimana dopo

È passata una settimana e stanotte ho avuto un altro attacco simile, ma mi sono fatta fare subito una borsa dell'acqua calda e mi sono calmata. Perché sono così debole?

Due settimane dopo

Sto iniziando una nuova amicizia, a scuola, e sono riuscita a bloccare al principio un terzo attacco. Mi sento meglio e sono fiera di me stessa.

4 mesi dopo

E solo adesso ho capito che anche l'aikido era un problema. L'ultima volta che ci sono andata, ovvero ieri, mi sono rifiutata di entrare nella palestra e mi stavo mettendo a piangere. Era da due mesi che facevo tutto il possibile per non andarci. Fingevo di avere troppi compiti, fingevo di stare male, sfruttavo le mestruazioni a mio vantaggio.

È che non potevo semplicemente smettere. Mio padre voleva che ci andassi, perché mi sarebbe servito "per il mio futuro". E quando gli dicevo, con le lacrime agli occhi, che mi faceva stare male andarci, mi rispondeva freddamente: "È come la scuola. Fai un sacrificio oggi per cose che ti serviranno sempre."

Inutile dire che me ne sono fregata e che mia madre mi ha dato ragione.

11 mesi dopo

Eccomi qui a ricostruire la storia.
La storia della mia ansia.

Mi ripetevo come un mantra: "Io sono felice. Ho una bella vita. Sto bene. È tutto perfetto."

Non ero felice, io stavo male.
Ho ignorato il mio malessere.

Ma ora sto meglio e vorrei chiedere a tutti voi che leggete di non ignorare i vostri sentimenti. Capite la causa del problema e fate qualcosa per risolverlo. Spesso la soluzione è più vicina di quanto crediate.
Chi avrebbe mai potuto dire che la mia migliore amica e uno dei miei sport preferiti mi facevano soffrire?

Ma ora sto bene, bene davvero.
E vorrei che anche voi riusciate a trovare il vostro equilibrio.




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