Losing my religion – REM
Agosto 2002
Il sole picchiava fortissimo, scaricando sul mare una quantità infinita di luce; quello dal canto suo l'accoglieva tutta, mettendosela dove poteva - riponendosela persino nelle increspature delle onde - così che agli occhi del bambino l'acqua sembrava una grande coperta stroppicciata di colore azzurro blu verde trapuntata di polvere di raggi. Ed era bellissima.
Il piccolo si avvicinò al limitare dello scoglio e abbassò la maschera, calcandosela bene sul viso e controllando che facesse una pressione uniforme sulla pelle, così da non lasciare entrare nemmeno una gocciolina d'acqua e non dargli fastidio mentre osservava il fondale e i pesciolini colorati che giocavano a nascondino tra le rocce. Gli scogli aguzzi gli graffiavano le piante dei piedi, ma lui aveva sempre odiato le cose non naturali, ricorrere alle cose finte – vabbe', non è che fosse capace di spiegarlo bene a dieci anni, sapeva solo che le scarpe a ragnetto non le voleva. Aveva deciso che era un giusto compromesso: andava bene scorticarsi un po' i piedi per i tuffi a bomba.
Con la maschera calata sugli occhi e la vista annebbiata dallo schermo di plastica cotta dal sole arrivò in quel punto in cui il passo successivo sarebbe ciondolato nel vuoto. E alla sua destra poco più indietro vide lei.
Scarpe a ragnetto – figurarsi – verdi con i brillantini argento, costume intero, gambe incrociate e la testa ficcata nelle pagine da chissà quanto visto che la schiena bianca come il latte era diventata tutta rossa. Solo la schiena, il resto no. Non aveva nemmeno i capelli umidi. Ma il bagno se l'era fatto, almeno?"Le parlo o non le parlo?"
"No dai, che tanto è inutile, risponde sempre male."Si fletté lievemente sulle ginocchia, pronto a darsi la spinta per saltare, poi lei girò pagina e gli catturò la coda dell'occhio e lui si rese conto che non poteva fare i tuffi con la coda dell'occhio catturata perché è come quando provi a camminare ma ti tengono per un lembo della maglietta e non riesci ad andare oltre.
Si rimise dritto.
Le lanciò un'occhiata di sbieco.
Certo che quella schiena era proprio rossa.
Ma non aveva voglia di buttarsi per rinfrescarsela un po', almeno?Si dondolò passando da una gamba all'altra, una decisione antipatica come la superficie aguzza degli scogli, poi alla fine glielo chiese prima di pentirsene.
«Che fai?»
Lei sventolò il libro in aria con una smorfia superscocciata, come a dire "Non vedi? Sei scemo? Che potrei fare, mai?"
Lui si sentì un po' stupido, forse in effetti era stata una domanda poco intelligente.«E che leggi?»
«Una bella storia.»
«E il bagno non lo fai?»
«No.»
«E perché?»
«Perché mica è un crimine non farlo.» Era stata zitta per un po', poi aveva sollevato verso di lui il visetto ricoperto di lentiggini. «Senti, ma tu non ti stavi per tuffare?»
«Sì!» rispose lui, entusiasta. «Vuoi venire? Lo facciamo insieme?»
Già le stava tendendo la mano aperta, quando «No, era per dire di farlo e lasciarmi sola come prima, stavo così bene» aveva detto e poi si era calata di nuovo tra le pagine.
A rallentatore aveva abbassato la mano, portandosela di nuovo vicino al busto; poi aveva fatto spallucce, si era voltato verso il mare e aveva fatto il tuffo a bomba meno esplosivo della storia.
L'impatto dell'immersione in quella grande coperta stropicciata di colore azzurro blu verde trapuntata di polvere di raggi era stato quasi brutale, l'acqua era gelida.
STAI LEGGENDO
Il sapore del sale
Roman d'amourAbisso /a·bìs·so/ sostantivo maschile Luogo cui l'eccezionale profondità conferisce un aspetto misterioso o pauroso; burrone, precipizio (anche fig. : gli a. insondabili dell'animo umano). 🌒 «Ci sei mai andata a fare una rivoluzione?» se ne uscì a...