VII - ... Protecting both your heart and mine? [2/2]

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Heavy in your arms -
Florence and The Machine

Doveva essere tremendamente masochista o terribilmente stupido, non c'era una spiegazione diversa.

Per quale altro motivo Davide avrebbe dovuto sopportare la sua presenza, altrimenti?

Non era stato costretto da nessuno, eppure era ancora lì seduto sul sedile del passeggero e con la spalla appoggiata allo sportello: il viso era rivolto verso il finestrino, la mascella contratta e lo sguardo perso ad accarezzare i contorni dei fichi d'India posti al limitare dei campi riarsi dal caldo che sfilavano al fianco dell'auto in corsa.

Clelia era convinta che dopo le sue parole lui sarebbe uscito indignato dall'abitacolo, insultandola o magari evitando proprio di risponderle, relegandola in una coltre di densa indifferenza. Era ancora fermamente convinta dei motivi per cui fosse necessario seguire il suo istinto e rispondergli in quel modo, era ancora certa del fatto che ferirlo fosse più importante che lasciargli intravedere delle parti di sé, ma allo stesso tempo era anche consapevole che si sarebbe meritata una reazione negativa da parte del ragazzo – lei stessa avrebbe reagito così nei suoi confronti, a parti invertite.

E allora perché, invece, non solo le aveva dato corda, rispondendole per le rime, ma aveva anche deciso di restare?

Complice la strada sgombra, Clelia guidava con un occhio sulla carreggiata e uno su di lui. Ne scrutava il volto spigoloso, cercando di cogliere i significati più profondi dei suoi comportamenti e maledicendosi per non riuscire a leggerlo come fosse un libro aperto; se avesse potuto gli sarebbe entrata sotto pelle e gli si sarebbe infilata tra i pensieri, scandagliandoli come plichi in un archivio, fino a trovare l'argomento del suo interesse.

Sfiorò con occhiate fugaci ogni porzione del volto di Davide, passando dai contorni delle labbra piene a dettagli più insignificanti, come le striminzite rughette d'espressione ai lati degli occhi – ecco come si finisce a sorridere troppo – , il piccolo neo vicino all'attaccatura dei capelli o il segno di un buco – oramai chiuso – sul lobo dell'orecchio sinistro.

Clelia si accorse di star inconsapevolmente prendendo una nota mentale di ognuna di queste caratteristiche, come a voler catalogare ogni singolo tratto di Davide. Iniziò ad agitarsi e avvertì le guance andare a fuoco, proprio come ogni volta in cui si sentiva beccata con le mani in pasta, immerse in qualcosa che non doveva fare – in questo caso, si era appena autodichiarata colpevole di essere in qualche modo interessata al suo volto.
Fissò definitivamente lo sguardo sulla strada, decisa a non concedergli nemmeno un'occhiata di più e imponendosi di dedicare la sua più completa attenzione unicamente all'asfalto, e si affrettò a trovare una giustificazione per quel comportamento inammissibile; si tranquillizzò solo quando realizzò che molto probabilmente era dettato dalla necessità, in guerra, di conoscere ogni singolo dettaglio del proprio avversario al fine di poterlo fronteggiare al meglio e non trovarsi mai impreparati.

Sì, doveva essere decisamente quello.

Quello e la necessità sempre viva di comprendere perché rimaneva ancora lì.

E così ruppe il silenzio, chiedendoglielo, semplicemente - tutto, pur di distrarsi da quei pensieri.

«Perché?»

«Perché cosa?» le chiese Davide di rimando, voltandosi verso di lei con un'espressione confusa dipinta sul volto.

«Perché insisti? Perché sei ancora qui, nonostante ti sia chiaro che la tua presenza non mi va giù in nessun modo? Perché se l'hai capito non fai come tutti e mi ignori, semplicemente?»

Davide sorrise appena - quasi un tremolio delle labbra - , abbandonò la testa indietro sul sedile e chiuse gli occhi.

«Perché non sono certo che la mia presenza non ti vada giù come dici. E perché» disse, sventagliando un indice teso davanti alla bocca di Clelia e bloccando la sua prevedibile acida risposta «non posso lasciarti stare.»

Il sapore del saleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora