Prefazione

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Flower Burch.

Mi vengono in mente tante cose, quando leggo questo nome.

Campi di margherite candide sotto il sole cocente d'estate.
Il lieve rumore delle pagine di un libro mai sfogliato.
La consapevolezza di dover sempre essere ciò che gli altri non sono.

Flower Burch non era come gli altri.

Era un piccolo tulipano in mezzo ad una distesa di girasoli, impossibile da vedere.

Ma se riuscivi a guardare oltre, avresti potuto scorgerlo proprio lì, al centro.
Era un fiore così bello.
Eppure tentava in tutti i modi di nascondersi.

Flower Burch non amava farsi notare.

Indossava sempre quel sorriso di circostanza di chi, in mezzo a tutta quella gente, non sapesse come intrattenere una normale conversazione. Ogni mattina rivestiva la sua pelle bianca di incertezze, e con un maglione largo le ricopriva, così che nessuno potesse vederle.

Amava rimanere nell'ombra, nel ricordo delle impronte calpestate da altri per non mostrare le sue.

Preferiva non uscire troppo da quell'universo che si era costruita con cura e devozione, in cui si era persa senza che nessuno se ne accorgesse.

Volava con la mente, Flower Burch.

I suoi occhi grigi aprivano porte molto più colorate, cadevano su soggetti molto più interessanti.

Era affascinante guardarla assottigliare le lunghe ciglia rossastre, e assentarsi. Era come guardare un quadro di Picasso, bizzarro e confuso.

Però la riconoscevi ovunque. Era l'unica persona con lo sguardo rivolto sempre verso l'alto.

Parlava spesso di stelle, parlava spesso di pianeti.
Di come il sistema avesse imposto un limite, quando in realtà un limite non c'era.

Non c'era un limite. Non per lei.

Se chiudo un attimo gli occhi ho ancora impressa la sua chioma rossa, che a dirla tutta non era proprio rossa, ma arancione.

Flower Burch aveva i capelli color tramonto.

A molte persone però non piacevano, li trovavano ridicoli, troppo accesi. Stonavano con l'ambiente tutt'intorno, grigio e monotono. Portava sempre quel cappello blu di stoffa per coprirli, così da omologarsi negli sguardi spenti negli altri.

Ma non bastava.
Non bastava un cappello.
Non bastava una felpa.
Non bastava un passo furtivo.
Non bastava.

Vi chiederete perché vi stia raccontando tutto questo.

Perché Flower Burch era diversa.

E, se volete, vi racconterò la sua storia.

Ma non vi prometto niente.
Né risate armoniche, né pianti agonizzanti, e nemmeno due occhi per fissare il soffitto.

Quello che so, però, è che io la conoscevo bene, Flower Burch.

Quello che so, è che il mio ricordo di lei vi potrà strappare almeno un sorriso, e forse, anche una piccola lacrima.

Non vi resta che leggere.

🐚Angolo autrice🐚

Hola readers (che non ho), come state?

Spero che questa storia vi susciti interesse, ogni parere è gradito🐅

Dopodiché vi do la buonanotte,
Ci vediamo al prossimo aggiornamento ❤

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