Aveva deciso di scrivere, quella mattina fredda e silenziosa.
Aveva pizzicato parole su parole, l'inchiostro un po' insicuro sulla carta.
Aveva riempito le pagine bianche di pensieri incolti, di echi indistinti, di sillabe smorzate dal vento.
Aveva lasciato che le dita abbracciassero la sua immaginazione, quell'immaginazione che non passava mai.
Quell'immaginazione che s'infiltrava negli occhi grigio-azzurri.
Quella che colava dai suoi sguardi ingenui.E ne scrisse un'altra.
Di poesia, intendo.
Anche se spesso, la maggior parte delle volte, sempre, finiva per scrivere solo la metà di quello che aveva incastrato dentro lo sterno.Chiuse il taccuino colorato.
Sbattè le palpebre.
Respirò i pensieri, rifletté il sole che filtrava dal tetto di plastica trasparente.
C'era calore, appena sopra le sue dita.
Dentro la sua testa no.
Lì c'era l'universo.
Infinito.
Incessante.
Insaziabile.Continuò a crescere.
L'immaginazione, ovviamente.
Si espandeva come un'emozione appena sfiorata.
Come un amore estivo.
Di quelli che ti lasciano con il cuore mozzato e il respiro in subbuglio.Si alzò dalla poltrona di vimini sfilacciata.
Sembrò quasi muoversi senza pensare.
Senza respirare.
Battito, respiro, battito.
Ancora. Ancora. Ancora.Andò alla finestra.
C'era riflesso il mondo.
Il mondo era grande.
E anche le emozioni erano grandi, per Flower Burch.
Anche perché non ne aveva mai provata una vera. Reale.Ma d'altronde, nessuno aveva la certezza che tutto fosse finto o vero.
Che quella sotto ai suoi occhi si chiamasse strada e che quella sopra si chiamasse cielo.
Che ciò che le sue piccole dita squadrate stavano spannando fosse vetro e che i suoi pensieri fossero pensieri e non sogni.Nessuno lo sapeva.
Forse neanche lei.
Un sacco di volte le ho posto questa domanda, credetemi, ma ha sempre sfilacciato i discorsi come la sua poltrona ammaccata.Ma quando aprì quel piccolo buco da dove entrò l'aria fresca del mattino, percepì qualcosa.
Qualcosa di importante.
Aspettative.
Ecco cos'erano.
Speranze.
Proprio così.
Amore.Le si aggrondò la fronte lentigginosa, una piccola ruga sfiorò il punto esatto tra le due sopracciglia.
Faceva così, quando le veniva un'idea improvvisa.
E infatti sfogliò di nuovo il taccuino.
Correva proprio veloce quello sguardo sulle parole nere.
Le pupille parevano fare zigzag quando rifletterono un flebile sorriso.L'ultima poesia.
Aveva ancora il profumo del suo spirito.
Lo potè scorgere innalzarsi con leggerezza quando strappò quel piccolo pezzo di carta.Chiuse la mano a pugno.
Vi nascose dentro le sue verità scottanti.
E anche tutte le sue incertezze, se proprio devo ammetterlo.
Inspirò l'universo freddo.
Espirò il fugace senso di malinconia, caldo sulla nuca.Allungò il braccio, le sopracciglia rossastre socchiuse sotto i raggi del sole.
E tutto ciò che aveva appena creato, cadde inesorabilmente.
Un'altra volta.🐚 Angolo autrice 🐚
Buonasera!
Come va?Spero che il capitolo vi sia piaciuto, Flower ha sempre più voglia di mandare a quel paese il riciclo della carta, ma okay😂
Fatemi sapere un vostro parere per favore, accetto critiche perciò potete essere sinceri😳
Ci vediamo al prossimo aggiornamento,
India🌹
STAI LEGGENDO
Overmind
General Fiction♧Flower & Irvin♧ Flower Burch ha i capelli rossi. Ha un'indole pacata, fin troppo. Si nasconde tra la folla e i suoi grandi maglioni monocromatici. Si rifugia in un mondo tutto suo, fatto di poesie e tazze di tè verde sul tetto botanico di casa. È u...