Capitolo 41.

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Osservo il mio letto, vuoto. Vuoto come sono io in questo preciso momento. Una smorfia compare sul mio viso e faccio molti passi indietro fino a che non esco dalla stanza. È meglio che non ci entro più, mai più. Chiudo la porta della stanza a chiave, estraggo la chiave dalla porta e stringendola in una mia mano penso a dove buttarla.

Tutti i miei sentimenti si sono liberati in quella stanza. Non sono ero.. non mi riconosco.

Appoggio la fronte contro la porta della stanza e un mezzo singhiozzo sfugge dalla mia bocca.

Non devo piangere, devo essere forte come un tempo.

"Levati dai coglioni marmocchio di merda" dice mia madre spintonandomi via da lei. Barcollo e perdendo l'equilibrio vado per terra. Volevo solo fargli vedere un disegno...

Mi viene in mente questo ricordo da me da piccolo che cercava affetto da lei.

Erano i primi giorni che mi aveva portato via...

Ho sempre pensato che lei aveva ragione, che faceva così solo per il mio bene. Ma mi sbagliavo, ha sempre avuto torto, rovinando una famiglia, ma soprattutto me. Non ho mai visto le cose belle, tipo il mare. Non ricordo più com'è fatto, ho solo dei piccoli ricordi di quando ci andavo con papà e Rick. Amavo quella piccola peste.

Mi sto sentendo male ricordando.

Stacco la fronte dalla porta e camminando sbandando leggermente nel corridoio noto che Rick esce dalla sua stanza. Nomini il diavolo spuntano le corna.

In aereo avevamo stabilito che loro restavano da me finché non ci saremmo abituati all'idea di essere fratelli. E la cosa mi piace, almeno non mi sentirò solo.

Ora però ho bisogno del suo aiuto.

"Federico che hai?" dice il mio fratellino venendo verso di me. Mi fermo e appoggio la schiena contro il muro freddo.

Non rispondo..non capisco più un cazzo.

Sta per arrivare uno dei miei attacchi. Non voglio fargli del male, una volta inconsciamente l'ho fatto a Hailey.

Mi prende dalle spalle e mi dice qualcosa ma non sento più niente. Sono due le cose, o sto per svenire o sto per avere uno dei miei attacchi, ma mi conosco ormai e credo sia la prima opzione.

Devo sforzarmi a dire due parole. Se c'era lei sapeva subito cosa fare.

È una mania la mia.

E si sa, i bipolari hanno una mania e lei è la mia.

Chiudo gli occhi e cerco di respirare normalmente, era diventato irregolare.

Sento che ci stiamo spostando ma non capisco. Apro la bocca e da essa escono due parole forzate. Sento tutto ovattato, sento voci che mi sembrano lontane, troppo lontane da capire se sono reali o solo mia immaginazione. Dovevo prendere le pillole.

"Legatemi e sedatemi" mi obbligo a dire.

Lo devono fare subito o sarà troppo tardi. Sento che vengo sdraiato su una superficie morbida e spinto dalle spalle con due mani verso di esso per tenermi fermo.

Una mano mi prende il braccio e subito dopo una siringa lo attraversa iniettando probabilmente il sedativo, vorrei gridare ma mi limito a stringere di più gli occhi e a cercare di calmarmi. La siringa esce dal mio braccio e la mano che stringeva il mio braccio me lo lascia, però riesco a prendere la mano e a stringerla nella mia mentre una cosa fredda mi lega a qualcosa, capisco che mi hanno ammanettato.

Apro leggermente gli occhi e noto che davanti a me c'è mia sorella, la vedo in modo sfocato ma prima di chiudere gli occhi riesco a dire una cosa.

Due cuori Simili ma Diversi. [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora