"Sento che visto che posso combattere, devo farlo, per quelli che non possono".
»Katherine's pov«
Sono sempre stata una persona impulsiva.
Non ho mai pensato alle conseguenze che avrebbero portato le mie scelte.
Non ho mai pensato di poter avere rimpianti.
Semplicemente non mi importava.
Non mi importava del giudizio degli altri, degli sguardi pieni di odio e astio, delle accuse...
Non mi importava di niente.
Mi limitavo a fare quello che mi passava per la testa, senza darci troppo peso.
Potevo risultare anche patetica, ma alla fine lo ero.
In tutta la mia vita non ho fatto altro che scappare dai miei problemi, trascinando con me persone che non c'entravano niente, persone innocenti.
Ho rifiutato chi mi voleva aiutare, chi ha provato, ad aiutarmi.
Pensavo che se avessi voluto vivere davvero in questo mondo, avrei dovuto cavarmela da sola, in ogni situazione.
Da sola contro il mondo.
Ma il problema è che non ero realmente sola.
Lui.
C'era lui con me.
Eppure sembrava che la sua compagnia non fosse abbastanza per i miei gusti.
L'ho lasciato io e adesso tutto mi ricorda lui.
Sento la sua voce nel sonno, durante la notte.
Sembra quasi di averlo al mio fianco, eppure quando mi sveglio, lui non è qui, lui non è con me.
Rabbrividisco al pensiero di non poterlo più abbracciare ancora una volta, di non poter più rivedere il suo viso, di perderlo.
Ma forse il danno è già stato fatto.
Sentii la porta sbattere, nientemeno che l'istruttore Keith Shadis fece capolino nella stanza, lanciandomi uno sguardo agghiacciante, accompagnato dalla sua solita aria apatica.
-Di Rivia, che stai facendo qui fuori? Bighellonando come sempre, vero? Torna subito dentro se non vuoi passare il resto della giornata a pulire tavoli e a correre come una forsennata.
Annuii senza degnarlo di uno sguardo, leggermente infastidita e lo superai, tornando nel dormitorio femminile.
Mi buttai sul letto già stanca di tutto e di tutti, chiusi gli occhi, un sospiro lasciò le mie labbra, non ebbi né l'opportunità né la voglia di socializzare con qualcuno, fortunatamente, di questa gente conosco solo e appena il nome, ma basta guardarle per poter affermare che sono tutti diversi da me.
Non che me ne importi qualcosa, comunque. L'ultimo mio bisogno è quello di farmi un amico.
Se mi chiedessero perché decisi di arruolarmi non saprei dare una risposta concreta.
È stata una scelta improvvisata, casuale. Diciamo che è successo e basta. Eppure iniziai già a pentirmene, non che non fossi abituata a regimi così stretti e limitati, assolutamente, ma il dover condividere la tua quotidianità con perfetti sconosciuti non è il massimo, detto proprio parlando, queste persone non sanno cosa sia la privacy.Al termine dell'addestramento, si dovrà scegliere a che reggimento unirsi: al Corpo di Ricerca? Alla Gendarmeria? Al Corpo di Guarnigione? Beh, se te lo stessi chiedendo, non ne ho la minima idea, un corpo vale l'altro. E comunque...
-CIBO- Un urlo mi interruppe, una ragazza dai capelli rossi saltò giù dal proprio letto, correndo fuori dalla porta, immagino, verso la mensa, seguita da una certa Mikasa, se non ricordo male.
Mi alzai piuttosto divertita, legandomi i capelli in una crocchia disordinata, beh, forse non sarà così terribile stare qui.
🌿
Come non detto.
-EHI CI SEI- Sobbalzai quando Jean mi urló nell'orecchio. Ma è una fissa urlare in questo modo?
Gli lanciai un'occhiataccia, ma che hanno sempre da parlare?-Senti hai rotto il-
-Jean, Connie, si vede proprio che non sapete come si tratta una bella ragazza...- Alzai gli occhi al cielo, nell'ascoltare la new entry: un ragazzo biondo, alto e robusto, niente di troppo particolare.
Abbasso lo sguardo sul mio piatto, tornando a mangiare, quando a d'un tratto il cucchiaio mi venne strappato di mano, sostituito da un paio di labbra screpolate.
Scansai velocemente la mano, asciugandola sulla maglietta di Jean, che borbottò disgustato.
-E noi dovremmo imparare da te, Reiner?- Connie si lamentò guardando il biondo.
Reiner lo ignorò beatamente, portando la sua attenzione su di me.
-Oh, che maleducato che sono, non ti ho ancora chiesto come ti chiami, io sono Reiner-
Disse spavaldo, facendomi l'occhiolino, sbuffai esasperata, passandomi una mano tra i capelli, rimanendo in silenzio. Dopo qualche secondo, cui non aveva ancora ricevuto una risposta, riprese a parlare.-Da dove vieni?-
-Perché non me lo dici tu, prima?- Il biondo alzò lo sguardo, sorpreso.
Un silenzio tombale dominò il tavolo per qualche secondo, Reiner sbiancó, ma si riprese quasi immediatamente:
-Sono nato in un villaggio a nord-est delle mura, insieme a Berthold- indicò un ragazzo piuttosto alto corvino-
Sembrò rispondere a se stesso, piuttosto che a me, il suo atteggiamento strafottente venne sostituito da una sensazione di incertezza.
-Mmh-
Prima che potesse controbattere Jean si mise ad urlare.-No, non di nuovo- Connie si lamentò, pronto a fermare la rissa.
Spostai la mia attenzione sulla scena: Jean stava spintonando un ragazzo dagli occhi verdi.
In poco tempo si creò una folla attorno ai due: chi tifava per Jean e chi tifava per il castano. Jean gli sferrò un pugno in faccia, mancandolo, colpendo però Connie.-STUPIDA FACCIA DA CAVALLO- Il pelato urlò tenendosi il naso sanguinante, un ragazzo pieno di lentiggini venne in suo soccorso, passandogli un fazzoletto e sgridando Jean.
Feci un ghigno quando il castano, Eren penso si chiami, lo stese con un calcio nello stomaco, che scomparì presto: sentii dei passi rimbombare nel corridoio.
"Ora ne succedono di belle"
Afferrai Jean per la maglietta, spingendolo a sedersi accanto a me, mi diede uno sguardo stranito e inferocito.
-MA CHE FAI?! LO STAVO FINENDO DANNAZI- Gli tappai la bocca con la mano, regalandogli un sorriso di scherno.-Tra poco mi ringrazierai-
La porta si aprì di colpo, le urla cessarono in un istante, i cadetti si lanciavano espressioni di terrore tra loro.
L'istruttore Keith Shadis era in piedi davanti a noi, gli occhi ridotti in due fessure, pronto a massacrarci al primo errore. Il suo sguardo guizzò su Eren e successivamente sul naso di Connie.-Jaeger, vieni con me. La prossima volta ci penserai due volte prima di colpire un tuo compagno. E questo vale anche per tutti voi.-
Una volta i due furono usciti, la stanza si ripopolò di piccoli mormorii, la scena aveva scioccato i neocadetti che erano ancora più spaventati di prima
Jean mi guardò esterrefatto, ma allo stesso momento mi fece un mezzo sorriso, grato.
-Ma come-
-Katherine, sono Katherine-
🥑
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A Choice With No Regrets || Levi Ackerman
FanficKatherine era consapevole di quello che faceva, era cosciente che togliere la vita ad un essere umano non era certo un qualcosa di cui andar fieri, era un lavoro sporco, lo sapeva bene, ma qualcuno doveva pur farlo e chi meglio di lei che si conside...