•Soldiers•

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»Katherine's pov«

'Attorno a me, il buio più totale. Avanzai di qualche passo, ma tornai indietro appena venni a contatto con un profilo che però non riuscii subito a riconoscere.
Già, non subito, perché poco dopo un aroma pungente invase le mie narici.

-Perché, Katherine?-

Respirai profondamente, non poteva essere vero, la mia compostezza stava pian piano vacillando.
Altre parole mi costrinsero a sfregarmi nervosamente le tempie.

-Torna a casa.-

Sentii il cuore come se mi stesse avvertendo di uscire da un momento all'altro. I miei respiri stavano diventando sempre più veloci e disperati.
Abbassai violentemente lo sguardo, cercando di scacciare qualsiasi tipo di illusione, ma sentii che prima o poi le gambe avrebbero ceduto.

-Guardami.-

Alzai il viso e subito incontrai un paio di occhi gialli scrutarmi silenziosamente, il colore di un fulmine appena scagliato, il colore di un flash, il colore che da sempre avevo collegato a casa mia.'

Spalancai gli occhi, dove...

Mi guardai attorno, notando solo e unicamente una stanza piuttosto vuota, un lettino sul quale ero scomodamente appoggiata e varie bende su un mobile bianco.
Girando leggermente lo sguardo notai una piccola finestra posta in alto a sinistra della stanza.
Rifiutai istintivamente l'offerta di poter andare a sbirciare, l'urlo di dolore dei cittadini mi aveva fatto tornare completamente con i piedi per terra.
Non era finita.

🌫️

Indossai velocemente il movimento tridimensionale, riponendo le lame lungo i fianchi.
Ero indolenzita, affaticata, ma sin da piccola ero abituata a dare sempre meno conto alle ferite durante le missioni.

Una smorfia di dolore e un rapido gesto della mano pronta a reggere il braccio lesionato.
Poco prima un titano si era divertito a stritolarmelo.

Feci per aprire la porta e lanciarmi nuovamente verso quelle bestie, quando un corpo piuttosto minuto ma tonico mi si parò davanti. Ackermann.
Lo guardai con freddezza e insistenza.
Feci per spostarlo spingendo una mano contro la sua spalla, ma lui rimase fermo sulla soglia della porta, con il solito cipiglio sul volto.

-Di Rivia, metti da parte quello stupido orgoglio e ragiona, prima di farti sbranare da un gigante.-
Con un lieve cenno del capo indicò il braccio fasciato parzialmente.

-Preferisci vedere tutti I soldati del 104esimo crollare in una pozza di sangue e fango? Eh, Capitano Levi? - Lo canzonai con un ghigno sul volto, cercando di soffocare nella mia mente le urla dei cittadini.

Silenzio. La situazione era tragica, ma il Caporale non sembrava intenzionato a sbilanciarsi.
Anzi, si soffermò sul medaglione che custodivo al centro del petto.

Occhi neri dove non passava la minima emozione, braccia incrociate e strette al petto, lui annoiato ma al tempo stesso indaffarato fra i suoi pensieri.

Minuti di silenzio più totale che avrei utilizzato per tornare in azione.

Si risvegliò, ma solo per avvicinarsi pericolosamente a me e sfiorare il ciondolo raffigurante la testa di un lupo, gli occhi sempre fissi su quella collana che sembrava averlo stregato.

Un sussurro roco da parte sua smorzò l'aria, ma non tanto quanto lo fece il boato sopra le nostre teste.

Un urlo che riconobbi all'istante mi fece irrigidire.

Spintonai con forza il capitano con aria seccata, lasciandomelo alle spalle, mentre serravo la stretta attorno alla lama.

Jean, dannato idiota.

Si era cacciato nei guai, e questa volta non per Eren.
Uscii rapidamente dall'edificio, precipitandomi verso i titani d'intralcio tra me e il mio obbiettivo. Alcuni li uccisi, altri riuscii solo a indebolirli, a causa dell'ansia e della fretta.

L'urlo di Jean continuava a rimbombare nella mia testa, non sentivo altro, solo la sua straziante richiesta di aiuto.
Sostituii le lame rovinate con delle nuove mentre ero sospesa in aria, avanzai tra le case distrutte, cercando di non notare i corpi accasciati a terra, al sangue, alla distruzione.

Pensai. Pensai al futuro; al giorno in cui l'umanità avrebbe scoperto come mettere fine a tutto questo; al momento in cui avrei assaporato la libertà, fuori dalle mura.
Scossi il capo, forse per scacciare pensieri che non sarebbero mai diventati realtà, o semplicemente per rimettere i piedi sulla terra.

Atterrai di colpo su un tetto, ma non ebbi neanche il tempo di prendere fiato, che avevo già avvistato un titano classe 8 metri.
Era pericolosamente vicino a un soldato da me conosciuto.
Niente meno che Jean, il quale sembrava aver terminato il gas all'interno del meccanismo. Fissava con occhi sbarrati la figura possente davanti a sé, le braccia lungo i fianchi erano immobili, il volto pallido.
Il titano aveva un corpo deforme, le costole ben visibili, sulle labbra era inciso un sorriso inquietante, il suo sguardo invece era vuoto.

Strinsi con forza i denti mentre mi avvicinavo al gigante, il braccio pulsava per il dolore e riuscivo a malapena a sorreggere la lama.
Tagliai con precisione il punto vitale del titano, nel momento in cui quest'ultimo allungava il braccio verso Jean.

Sospirai pesantemente appena misi piede sul suolo, ero tremendamente indolenzita e mi ritrovai presto fra le braccia del compagno che avevo appena salvato.

🌫️

'-Katherine, non sei cambiata di una virgola. La tua costanza nelle missioni è esaustiva.

No, non di nuovo.

-Perché non vuoi ascoltarmi? Sono sempre io. Per favore, torna da me, da noi.

Confusione.
Immagini che si proiettavano velocemente davanti ai miei occhi.
Un forte dolore alla testa.
Il braccio ferito, immobile e teso.
Le orecchie intercettarono la voce che da un po' di settimane occupava i miei pensieri.

-Katherine, Katherine..'

-Cristo Katherine, svegliati!-

Appena ripresi conoscenza, riconobbi subito le imprecazioni di Jean.
Aveva ribaltato la sedia su cui era seduto e ora stava facendo avanti e indietro nella stanza.

-Sta zitto, mi infastidisci.-

Sobbalzò, voltandosi verso di me e precipitandosi a braccia larghe verso il lettino su cui ero stesa, nel suo sguardo intercettai milioni di domande.

-Che vuoi?- chiesi, mentre mi appoggiavo meglio allo schienale del letto.

-Che voglio? Si può sapere che è successo? Sei svenuta e hai iniziato a dimenarti, sei tu che mi devi delle spiegazioni!- esclamò con sdegno.

-Non è niente, solo... stanchezza- mormorai seria.

Mi guardò confuso, non capendo il mio cambio d'umore. Non lo capii neanche io, se proprio dobbiamo essere sinceri, ma quando si trattava dei miei "sogni" strambi, non sapevo dare delle motivazioni vere e proprie.

Cambiai discorso, non volendo avere a che fare con situazioni imbarazzanti.
-Come stanno gli altri?-

Lo vidi incupirsi, ma non esitò nel dirmi la verità.
-La squadra 34 è stata massacrata.-

Sgranai gli occhi: Mina, Thomas, Nac, Mylius e..

-Armin è l'unico sopravvissuto, Eren è stato divorato al posto suo.- vidi il muscolo della mascella serrarsi per la tensione di Jean.

Aprii la bocca per dire qualcosa, ma non riuscii a formulare alcuna frase. Uscì solo un sussulto. Ricordai la giornata passata con Mikasa, le sue lacrime e la sofferenza della ragazza a causa di Eren Jeager.

Una morte valorosa, per un soldato testardo ma amante della patria, in un mondo crudele.

🌱🌱🌱

Perdonateci per la lunga attesa, ma lo studio ci ha distrutte e solo adesso troviamo un momento da dedicare a questa storia.
Speriamo che vi possa piacere il capitolo e speriamo di pubblicare più frequentemente :)
Alla prossima✨
-Yen e Sasha🌈

A Choice With No Regrets || Levi AckermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora