Il diavolo dentro

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Lion ansimò, come se gli mancasse l'aria nei polmoni.    
Barcollò all'indietro, inciampando sulle gambe rotte di una sedia, e sarebbe anche caduto, se Caelie non fosse intervenuta velocemente e lo avesse afferrato per un braccio. Serrò la presa sull'asta del suo forcone e guardò di sottecchi la donna piangente, l'orrore che gonfiava il suo petto.
Lei, in tutta risposta, prese una vecchia sedia impolverata e tornò a sedersi, accompagnando il pianto con un ciondolio disinteressato del capo. Alle sue spalle si apriva una stanza buia e tetra come il resto della casa, ma da cui provenivano rumori tutt'altro che rassicuranti.
« Che cos'era? » le chiese, la voce turbata da quello che aveva appena visto. Rapidi flash continuavano a sfarfallare davanti ai suoi occhi, il volto esangue di Robin, la chioma scura di Nives che sfumava all'orizzonte. La voce di Lilith risuonava nelle sue orecchie, come un macabro monito, istillando in Lion il seme del dubbio: di che patto stavano parlando? Perché Lilith e Nives si sforzavano tanto per piegare l'indole guerriera di Robin?
Caelie lo fissò, a metà tra lo sconcerto e l'imbarazzo.
« Che cos'era cosa?  » domandò a sua volta, rivolgendo uno sguardo eloquente al figlio di Plutone, tenendo la spada di bronzo celeste fissa davanti a sé, puntata verso la donna. Lion sgranò gli occhi, mentre rivoli di sudore scivolavano dalle tempie fin sulle labbra, facendogli assaggiare il loro sapore salato.
La donna bionda singhiozzò, sussurrando qualcosa che Lion non riuscì ad afferrare. Caelie la fissò, muovendo la bocca in una smorfia di stupore.
« Sta parlando in greco, vero? » chiese il figlio di Plutone, muovendo un passo verso di lei, incuriosito dall'aura che la contornava, « Vero Caelie? » 
La figlia di Apate sembrò risvegliarsi da uno stato di trance, poi annuì debolmente. 
« Continua a dire cose senza senso. » rispose, spostando il peso del suo corpo da un piede all'altro, « Sangue, Corpo, Cuore. Sono queste le parole che continua a ripetere. » 
Lion si passò una mano nei capelli disordinati, lasciando cadere il cappello di suo padre a terra e sollevando un alone di polvere per la stanza. Il forcone di oro imperiale sembrò scintillare più violentemente, alla luce della luna che si ergeva alta nel cielo.
« Se è lei l'ancora, stando a quanto ci ha detto Enea, Tartaro la userà per mantenere una forma in questa dimensione. » continuò Caelie, lo sguardo fermo e deciso sulla donna piangente,  « Che cosa ne facciamo di lei? » 
Lion spostò lo sguardo dalla figlia di Apate alla donna seduta sulla sedia, i capelli biondi che sembravano due tendine consunte ai lati del volto. 
Ora che la osservava bene, Lion poteva notare i segni della tortura sul suo corpo, colpi di frusta che correvano sulle braccia e sulla parte di petto lasciata scoperta dalla veste bianca. Le sue gambe erano piene di ferite e cicatrici antiche,  antiche come il diadema che portava sul capo.
« Vorrei prima capire chi sia. » sussurrò il figlio di Plutone, avvicinandosi sempre di più alla donna piangente, guardando meglio le lacrime che solcavano il suo viso, scavando rughe profonde in quella pelle che, secoli prima, era perfetta. 
« Non credo che sia una buona ... » 
« Un tempo mi chiamavano Elena. » mormorò, così piano che Lion dovette tendere l'orecchio per afferrare le parole scivolate dalle sue labbra, « Ero la moglie di Menelao. » 
« Elena? Elena di Troia? » domandò Lion, il volto ridotto ad una maschera di sorpresa per essere così vicino alla donna che causò migliaia e migliaia di morti.
« Troia. » disse, la voce sognante, interrompendo per un attimo il suo pianto, « Distrutta, divorata dal fuoco. » continuò, asciugandosi il viso come meglio poteva, « Enea quasi non mi uccise, mentre cercava di scappare dalla città in fiamme. »
Si fermò un attimo, soppesando le parole giuste.
« Avrei preferito che lo avesse fatto. » 
Caelie abbassò la spada, osservando la tristezza e il dolore rincorrersi sul suo volto antico, antico quanto quello del figlio di Venere che avevano incontrato poco prima, eppure così diverso, come se il tempo avesse infierito su di esso con tutta a sua forza.
« Come può dire una cosa del genere? » domandò la figlia di Apate, scostando le gambe rotte di una sedia a terra con un calcio,  « Le ha risparmiato la vita, dovrebbe essergli riconoscente. » 
Elena alzò lo sguardo, facendo incontrare i loro occhi e trasmettendole tutto il dolore che il suo corpo stava provando.
« Enea mi condannò alla fine di una schiava. » disse, la voce fredda e atona come il ghiaccio, « Paride era morto, Troia bruciava e Menelao mi rivolle con sé a Sparta. Ormai aveva perso completamente la fiducia che un tempo riponeva in me. » 
Alzò le braccia, ricoperte di cicatrici.
« Mi fece questo. » sussurrò, portando le mani sulle braccia nude e chiudendosi a riccio, « Ogni notte infieriva con la frusta su di me, prima di violentarmi. Pregai gli dei, li pregai con tutte le mie forze, ma non ottenni mai risposta. » 
Sputò a terra.
« Forse solo Afrodite ebbe pietà di me. » spiegò, ciondolando la testa e scoprendo il collo dai lunghi capelli aurei, indicando una cicatrice lunga e frastagliata che correva dal collo fino alla clavicola sottostante, « Una notte, dopo che Menelao mi ebbe violentato, Afrodite mosse la mia mano e mi pugnalai con forza alla gola. » 
Caelie rabbrividì, toccandosi il collo con fare protettivo, mentre Elena, alla luce flebile della luna, somigliava ad una sorta di pallido fantasma.
« Rimasi negli Inferi a scontare la mia pena, però ero felice. Avevo Paride e avrei scatenato altre mille guerre pur di stare con lui. » continuò, la passione che muoveva le sue labbra rosee, « E poi eccomi qui, duemila anni dopo, intrappolata di nuovo in un corpo mortale per essere la sostituta delle Porte della Morte. » 
Lion non credeva alle sue orecchie.
« Impossibile. » sussurrò, sconcertato, « Vuol dire che lei ... » 
Annuì, il mento che sembrava farsi più lungo mentre ricominciava a piangere e le calde lacrime riprendevano ad imperlare ancora il suo volto.
« Si, figlio di Ade. » 
« Plutone. » 
« Tuo padre è un bastardo in entrambe le forme. » sostenne, la voce aspra come se avesse appena ingoiato dell'acido, « Scommetto che è una strategia di Atena. E anche Era deve averci messo il suo zampino. Cova rancore verso di me da millenni e, adesso, ha trovato il modo di sfogarlo, finalmente. » 
« Come? » domandò Caelie, gli occhi azzurri che scintillavano al chiarore della sua spada di bronzo.
« Hanno distrutto le Porte della Morte negli Inferi e hanno racchiuso il loro potere dentro di me, punendomi una seconda volta per la mia stoltezza. » rispose, dondolandosi sulla vecchia sedia sulla quale era seduta, « Che colpa ne avevo io, sventurata mortale, caduta completamente in balia della furia di Eros? » 
Fu come ascoltare piangere un bambino e a Lion gli si strinse il cuore. 
Certo, Elena aveva commesso i suoi sbagli, ma non meritava una punizione simile, come non la meritava nessun altro. Aveva già pagato con un corpo sfregiato e una dura penitenza negli Inferi, non avrebbe dovuto soffrire ancora, non dopo  altri duemila anni.
Gli dei sapevano essere davvero crudeli.
« Era il buio. » sostenne Elena, la testa bassa per la vergogna, « Non c'era via d'uscita, ma ... adesso siete arrivati voi. » continuò, la voce carismatica come quella di un predicatore.
Caelie, adesso, la osservava con paura: cominciò ad allontanarsi, facendo attenzione a dove metteva i piedi per evitare di inciampare e cadere. Nel silenzio più assoluto, si sentì un ringhio possente e per niente umano, quasi felino.
« Che cosa vuoi? » chiese Lion, la voce fredda quanto quella di Elena. Caelie poteva quasi vedere le vene sul suo collo pulsare più velocemente, gonfiate dal terrore che si stava respirando in quella stanza.
Avrebbe solamente voluto correre tra le sue braccia, ma non poteva. In fondo, non erano nemmeno fidanzati, anche se lui l'attraeva parecchio.
« Voglio la morte, figlio di Plutone. » affermò, più seria che mai, mentre si alzava dalla sedia a dondolo su cui era seduta, « Voglio tornare agli Inferi. Sarò punita, ma non mi importa. Voglio fuggire da qui. »  
Adesso Caelie aveva davvero paura.
Sentiva il cuore pulsare come un martello contro il suo petto, le dita formicolare, strette intorno all'elsa della sua spada. Osservò le linee dei muscoli sulla maglietta di Lion, la forma caratteristica delle sue orecchie, la piccola imperfezione sulla parte sinistra del collo.
Avvampò di terrore e di vergogna.
« E perché non hai già provveduto da sola? » domandò lui, mettendosi tra Elena e Caelie stessa, cosa per cui lui lo ringraziò sottovoce. Elena abbozzò quello che doveva essere un sorriso, sbilenco e storto sul suo volto triste. Una nuova ruga si allungava sulla sua fronte, scavata dal dolore che stava provando.
« Gli dei sanno il fatto loro. » rispose, le parole dure come la pietra, « Non posso uccidermi da sola. Deve intervenire una mano semidivina, la vostra. » continuò, esaltando l'ultima parola, cosa che le diede l'aria di una pazza.
Caelie sentiva il sudore che la costringeva a perdere buona parte della presa sulla sua arma. Si maledisse silenziosamente per non aver indossato dei vestiti più comodi.
« E che cosa succederà, per via della tua condizione di ancora? » 
« Niente, le Porte si riformeranno negli Inferi e io sarò libera, tutto qui. » disse, atona, « Avanti, non vi sto chiedendo il tetto del mondo! Voglio solo morire, potete concedermelo? » 
Una goccia di sudore bagnò anche la fronte di Lion, facendogli battere le palpebre sugli occhi neri.
« E se non volessimo? » 
« Suppongo che i vostri amici moriranno. » 
Il sangue nelle vene di Caelie si gelò, dandole la sensazione che sarebbero morti tutti nel giro di pochi minuti. La minaccia della regina di Sparta perforò le sue orecchie come lapilli ardenti, facendole pensare a Cassie, a Castiel, Serena e Zheng che erano entrati con loro nella Villa Fauline.
« Il tempo scorre. » 
Lion le lanciò una rapida occhiata, scuotendo la testa, poi, prima che avesse il tempo minimo per reagire, venne sbalzato di lato da Elena che cominciò a correre verso di lei, puntandola come un proiettile fornito di raggio laser.
Caelie venne colta alla sprovvista, tanto che ebbe solo una frazione di secondo per abbassarsi e alzare la punta della spada, poco prima che qualcosa di pesante la costringesse a lasciare la presa sulla sua lama.
Urlò.
Elena era lì, il sangue che cominciava a scorrere dalla ferita che Caelie gli aveva involontariamente aperto sul petto, formando una sorta di gabbia cromata esattamente nel punto dove si trovava il cuore. La sua veste bianca mutò colore e divenne scarlatta, le lacrime, finalmente, finirono di bagnare il suo viso, mentre i suoi occhi azzurro ghiaccio si muovevano ad una velocità impressionante, saettando da un semidio all'altro.
Caelie era paralizzata dall'orrore.
Elena cadde a terra, tra il tonfo del suo corpo e l'alzarsi di un alone consistente di polvere. Tossì, sputando grumi di sangue condensato, mentre il suo petto si alzava ed abbassava velocemente, cercando di inspirare quanta più aria possibile.
Lion ebbe un moto di pietà e, avvicinandosi a lei, le strappò la spada dal petto, reggendo la lama insanguinata. Sul volto di Elena si allargò un sorriso, interrotto da un conato di sangue.
« Mi, mi ... dispiace. » ebbe la forza di dire, guardando nella direzione di Caelie, le mani portate alla bocca per soffocare un altro grido, « Non avrei mai voluto che tu diventassi la prossima. » 
Sussultò, come se qualcuno le avesse dato un pugno nello stomaco, poi reclinò la testa, lasciando che i suoi lunghi capelli biondi coprissero l'ultima ferita inferta sul suo corpo.
Lì, nella penombra di quella stanza, alla flebile luce della luna, Caelie si sentì un mostro, oltre che un'assassina. Lion le si fece incontro, una smorfia simile alla compassione che si faceva strada sul suo volto.
Non aveva mai ucciso una persona, si era limitata solo ai mostri. Invece, adesso, la sua spada era sporca del sangue di una donna, del sangue di Elena di Troia.
Lion pulì la lama sulla sua maglietta, macchiandola di sangue e, poi, timidamente, la cinse in un abbraccio, affondando la testa tra i suoi capelli. Caelie era così vicina al suo petto da poter sentire il suo forte odore di maschio, di muschio e di metallo.
Le sue orecchie, rosse per la vergogna, ascoltavano il tamburo del suo cuore battere forte, più forte del normale e, illudendosi, credette di essere lei la causa di quel ritmo accelerato. Le sue mani, mani forti di un guerriero, le stavano accarezzando la schiena, disegnandoci motivi astratti e complessi. Si aggrappò a lui come solo i bambini possono fare, facendo combaciare ogni singolo centimetro del suo corpo sul suo e sciogliendosi in un abbraccio forse troppo romantico per i gusti di Lion.
Lui la scostò leggermente, giusto quel tanto che bastava per poter osservare il suo viso e specchiare i suoi occhi scuri in quelli chiari di Caelie.
« Io ... io ... » 
« State tutti bene?! Oh. » 
Era la voce di Cassie. 
Caelie si scostò velocemente da lui, come se averlo abbracciato fosse più colpevole di aver appena ucciso una persona. Si sentiva cattiva, così cattiva per essere sicura di aver appena trovato l'amore in un campo di morte.
« Si, tutto ok. » rispose Lion, leggermente imbarazzato, porgendo la spada di bronzo alla figlia di Apate. Poi mosse un passo, coprendo con una tenda scura il corpo senza vita di Elena.
« Che cosa è successo? » domandò Castiel, reggendo un piccolo fagotto peloso tra le braccia, « Oh, non badate a Felix, sarà il nostro, ehm, mio animaletto da compagnia.  » spiegò, indicando il piccolo mostro che dormiva tra le sua braccia e dando una rapida occhiata alla figlia di Zeus.
Lion fece una smorfia.
« È una chimera? » domandò, leggermente preoccupato, « Non è pericolosa? » 
Castiel la strinse a sé con fare protettivo, come se fosse uno dei suoi figli, mentre Cassie prendeva a parlare con la sua parlantina sciolta  e dando origine ad una sorta di discorso elettorale in cui promuoveva i benefici di avere una piccola chimera in casa.
« Ok, ok. » la stoppò Lion, cercando di trattenere una risata, « Andiamo via da qui. » 
Uscirono tutti ordinatamente da Villa Fauline, lasciandosela alle spalle. Caelie si voltò a guardarla, immaginando che, in una di quelle stanze, riposava il corpo di Elena.
Una domanda, però, continuava a frullarle per la testa: che cosa significava « Non avrei mai voluto che tu diventassi la prossima. »? 
Migliaia di possibilità cominciarono a bombardare il suo cervello, costringendola a chiudere e ad aprire più volte il pugno della  mano, come a riprendere il possesso della sua volontà.
« Allora? » 
Cassie camminava vicina a lei, di poco dietro le spalle larghe di Castiel il quale stava giocherellando con il suo piccolo animaletto da compagnia. Zheng fece una smorfia poco entusiasta e accelerò, arrivando in testa dove Lion stava camminando in solitaria.
« Allora cosa, pettegola che non sei altro? » 
Caelie cercò di riprendere il controllo su di sé e sulle sue emozioni, continuandosi a ripetere che la morte di Elena non era stata una sua colpa.
« Allora tu e Lion, no? » scherzò, facendo un cuore con le dita della mano, « Love is in the air, aww. Mi sento tanto Afrodite, in questi momenti. » canticchiò, mentre le si allargava un sorriso da una parte all'altra del volto. Poi controllò il cielo, in attesa di un fulmine che non arrivò, purtroppo.
Caelie alzò le mani al cielo, mimando le parole "perché, perché Afrodite?", per poi darle una gomitata sul braccio, mentre Cassie scoppiava a ridere.
« E tu e Castiel? » propose lei, prendendo le redini del gioco e ammiccando nei confronti del figlio di Eros poco avanti. Lo stupore si agitò sul volto di Cassie, poco prima che la figlia di Zeus le mettesse una mano sulla bocca e le facesse segno di stare zitta.
« Lo vuoi dire a tutto il mondo? » 
Caelie soffocò una risata.
« Ovvio. » rispose, sorridendo, « Che c'è tra di voi? » 
Cassie allungò le braccia lungo il corpo, guardando i contorni delle spalle di Castiel con aria trasognata, segno evidente che era cotta a puntino.
« Non lo so. » disse, quasi sussurrando, « È complicato, credo. Lui a volte mi sembra così etero, a volte così omo, quindi non so se io possa piacergli davvero o sono solo un giocattolo, ecco. » 
Caelie guardò il figlio di Eros.
« Credi che sia gay? » le chiese, aggrottando le sopracciglia. Lei scosse la testa e, prima che potesse risponderle, si fermò, alzandosi sulle punte dei piedi per vedere cosa li aveva fatti fermare. Caelie la imitò, visto che non era molto alta, e osservò Lion che sgranava gli occhi e si portava le mani alla bocca, in segno di stupore.
"Che sta succedendo?"
« Impossibile. » 
La voce di Lion era un'accozzaglia di dolore e di gioia e Caelie colse al volo la sua allegria quando, all'angolo, apparve la figura di una ragazza dai corti capelli neri e gli occhi azzurri come il cielo di primavera.
« Robin, sei ... sei proprio tu? » 
Non poteva crederci, non poteva credere che Lion stesse per mettersi a piangere, ma non ebbe il tempo di constatarlo perché lui le corse incontro e si abbracciarono, dandosi piccole pacche di conforto sulla schiena.
« Robin, Robin scusami, davvero. » disse lui, piccole lacrime incandescenti che si facevano strada sul suo viso scuro, « Avrei, avrei dovuto essere con voi. Venirvi a liberare, ma ... » 
Lei sorrise e le si illuminò il volto.
« Va tutto bene, davvero Lion. » rispose, la voce delicata, « Sono qui adesso, sono viva. » 
Lion la guardò e i loro occhi si specchiarono.
« Sei fuggita? » 
Annuì, mentre il sorriso scorreva via dal suo volto, lasciando il posto alla preoccupazione e all'ansia. Si scostò alcune ciocche di capelli neri dalla fronte, rivelando alcuni lividi violacei che non avevano un bell'aspetto.
Anzi, più Caelie la guardava, più vedeva le crepe sul suo viso, il reticolo di vene il rilievo sul suo collo, il nervosismo dei suoi piedi.
« Ma ci sono ancora un sacco di semidei imprigionati lì. » disse, la voce incrinata dalla tristezza, « Dobbiamo aiutarli. » 
Gli occhi di Lion si accesero di una scintilla di determinazione e presto, molto presto, sarebbe scoppiato l'incendio.
« Certo. » si asciugò le lacrime con il dorso della mano, « Dove dobbiamo andare? » 
Robin sorrise.
« Cimitero Lafayette. » disse, « Quelle stronze sono  lì. » 

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