Capitolo 5

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~pov Claire
Non ero brava a mentire. Era una delle poche cose che non sapevo fare. Ma dovevo farlo.
Bussai sulla porta di metallo per annunciare la mia entrata.
Aspettai qualche secondo ma non ottenni nessuna risposta. Abbassai la maniglia ed entrai.Lui si trovava seduto per terra con la schiena appoggiata alla fiancata del letto, il suo sguardo era rivolto al soffitto.
Mi sgranchii la voce per attirare la sua attenzione, il suo volto lentamente si girò verso di me.
La sua espressione era del tutto indifferente.
<Cosa vuoi ancora?>chiese annoiato.
<Parlare> e mi misi seduta accanto alla porta.
<E a me cosa dovrebbe importare?>
<Probabilmente niente, ma io ti parlerò comunque>
Non rispose, sbuffò spazientito.
<Mi sono sempre chiesta come si potesse stare dall'altra parte>
<Avete dei valori totalmente opposti ai nostri... sono talmente disumani> continuai.
<E tu in cosa credi?>
Lo stavo incuriosendo, sembrava davvero interessato a sapere la mia risposta, forse anche lui si era posto le mie stesse domande.
<Io credo nell'uguaglianza, credo in un mondo giusto, probabilmente ho una visione buonista dell'uomo e credo in una forza superiore, forse un Dio che mi guida>
Non disse niente.
<E te... te in cosa credi?>
Forse non mi stava ascoltando, aveva appoggiato la testa sul letto, ma continuava a guardare il soffitto, come se invece dei neon ci fosse un cielo stellato.
<Credo in me stesso, credo in un mondo giusto, l'uomo non è buono, l'uomo vuole dominare, vuole sentirsi superiore, ma sa che per sopravvivere deve stare con i suoi simili, io credo in me stesso, credo solo in me stesso, nessun Dio, nessuna forza, sono io a decidere della mia vita>
Mi alzai in piedi e mi avvicinai a lui.
<Vuoi vivere?>
Mi scoppiò a ridere in faccia.
<Mi spiego meglio...>
<A cosa sei disposto per sopravvivere?>
Smise di ridere e mi guardò serio.
< Io non so come ti chiami,ti ho detto che credo in un'uguaglianza e nella bontà dell'uomo... ti propongo un patto>
Era confuso, non capiva dove volevo andare a parare.
<Che patto?>
<Ti propongo una settimana, una settimana tra di noi, per capire il mio mondo>
<E dopo questa settimana?>
<Ti aiuterò> le mani cominciarono a sudarmi, e la voce mi tremò leggermente, l'istinto mi diceva di abbassare lo sguardo ma riuscii a tenerlo fisso nei suoi occhi. Aveva capito che stavo offrendo il mio aiuto per farlo uscire da qui e annuì con la testa.
<Farai tutto ciò che facciamo noi, mangerai con noi, lavorerai, aiuterai a tenere tutto in ordine...>
< E te?> mi domandò
<Io cosa?>
<Tu cosa farai?>
<Io non lavoro, io studio, ma per il resto farò le tue stesse cose>
<Accetto a una sola condizione>
<Quale?>
<Non voglio più vederti>
Rimasi di sasso, nonostante fossi sempre stata incurante dei giudizi degli altri, sentirmi dire quelle parole mi provocò una stretta allo stomaco.
<Proverò a starti lontano, ma i luoghi qui vengono condivisi, ma non ti preoccupare, se è quello che vuoi farò finta che non esisti>
Me ne andai.
Fuori, come avevamo pianificato, trovai Khavo, che probabilmente aveva ascoltato tutta la nostra conversazione.
<Sei stata brava>. Deglutii ma non risposi.
Me ne andai a testa alta, il senso di colpa mi stata opprimendo ma sapevo che non potevo farci nulla.

Ero stanca, l'unica cosa che volevo fare in quel momento era dormire e così feci.
Al mio risveglio Isaac si trovava nella mia stanza e stava leggendo uno dei miei tanti libri.
<Bella addormentata, perché dormi alle quattro di pomeriggio?>
<Perché avevo sonno, Is>
< Lo hanno liberato>
Mi misi sull'attenti.
<Gli hanno dato una stanza, gli hanno tolto le manette, gli hanno dato dei vestiti, in questo momento sembra uno di noi>
<Che cosa farà?>
<Addestrerà>
<Bene>
Mi alzai dal letto e andai verso l'armadio.
Presi un pantaloncino di jeans e una maglietta di una qualche band sconosciuta.
Andai in bagno,mi sciacquai il viso e indossai i vestiti che avevo preparato.
Mi rimbombavano ancora in mente le sue parole, non mi voleva vedere e così sarebbe stato.
Mi preparai e insieme a Isaac uscimmo.
<Cosa vuoi fare?> mi chiese
<Vado a studiare un pò, te?>
<Io vado da mio padre che mi vuole parlare>
Ci salutammo e ognuno andò nella propria direzione.
Presi le scale e andai verso le aule. Passai accanto alla palestra e sentii un mormorio all'interno.
Sbirciai dalla piccola finestrella di vetro della porta, a parlare in quel momento era lui e davanti aveva una schiera di ragazzi sull'attenti.
<Per questa settimana sarò il vostro mentore, non affezionatevi quindi alla mia figura; comunque sia, prenderò questo compito seriamente, voglio vedervi lavorate, se non vi sentite in grado, quella è la porta> e indicò la porta, cioè indicò me, mi aveva visto e come se nulla fosse, me ne andai verso l'aula.
Con i miei libri in mano cercai un banco vuoto e mi misi seduta.
Avevo un esame da dare tra meno di un mese e mi trovavo in condizioni pessime. Da noi fino ai venticinque anni si poteva decidere se diventare soldati o studiare, io avevo scelto la seconda opzione. Dovevo studiare più materie, dalla filosofia alla matematica, dalla logica alla letteratura. E l'esame che dovevo dare era di chimica. Senza perdere ulteriore tempo, presi penna e fogli e cominciai a fare esercizi su esercizi. Passò il tempo e cominciai a perdere la concentrazione. Feci più e più volte uno stesso esercizio, non riuscivo a capire dove stavo sbagliando e arresa buttai la matita via da me e girai il libro. Sbuffando, alzai lo sguardo e i miei occhi si fissarono su di lui, che si trovava appoggiato alla porta, sullo stipite, mi stava guardando, sembrava essere divertito. I suoi capelli mori erano tirati indietro, la canottiera che indossava aderiva al suo corpo per il sudore. Lentamente si staccò dallo stipite e si avvicinò, raccolse la matita che mi era caduta e rigirò il libro. Non era difficile capire quale era l'esercizio impossibile, a furia di cancellare i segni di matita con la gomma, l'inchiostro in alcuni punti non c'era più.
Scrisse un qualche cosa, mise apposto la matita e se ne andò. Presi il libro nelle mie mani e lessi ciò che aveva scritto.
Aveva trovato il risultato, un paio di formule ed era riuscito a risolvere un problema sul quale mi stavo accanendo da più di un'ora. Al lato delle due formule c'era però una lettera che non centrava nulla, una N.
🍱spazio autrice🍱
Scusate per gli errori, correggerò il prima possibile.

Ciò che ci divide ~Noah Centineo~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora