Capitolo 6

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Camminavo per i corridoi, era sera e in giro non si vedeva nessuno, volevo andare a trovare mio padre.
<Niente ,nessuna informazione >
<È così strano, anche se non abbiamo lasciato nessuna prova è insolito che non trovo neanche un articolo sull'incendio>
<Magari non vogliono far dilagare la notizia ,è da anni che non succede nulla del genere>
<Sarà come dici tu, ma io sono sospettoso Khavo, non si trova nulla in rete, né un'informazione, né una foto>
Da fuori la porta, sentii i discorsi tra papà e Khavo.
Entrai nella stanza, volevo anche io far parte della conversazione.
< Claire> mi salutò mio padre.
<Papà, cosa non c'è?>
<Non c'è nessuna notizia sulla rete di destra, sull'attacco dell'altra notte> mi rispose Khavo.
<Tienila fuori da questa storia, ha già fatto abbastanza> lo rimproverò mio padre.
<Io voglio andare avanti con la missione, voglio essere parte di questo mondo>
<Tu già ci sei dentro e a me questo non va bene.Lo sai come mi sento? Ti vedo rischiare la vita e io sono rinchiuso qui, sapendo che se venissi, sarei solo un peso e allora devo stare qui, sperando di rivederti, e se un giorno non tornassi?> continuò papà.
Non risposi.
Khavo appoggiò una sua mano sulla spalla di papà, ma lui la scansò andandosi a sedere sulla poltrona e accendendosi la televisione.
<Avete scoperto come si chiama il ragazzo?>chiesi a bassa voce a Khavo.
<Non abbiamo conferme, lo abbiamo studiato, è un bravo soldato, l'abbiamo visto allenare le reclute e ci sa fare> mi rispose.
<Cosa faremo dopo questa settimana?> chiesi ancora.
<Se non ci saranno aggiornamenti... dovremo farlo sparire>
<Lo stiamo ingannando> mi alterai.
<Claire, una guerra non si vince chiedendo il permesso. A volte bisogna essere crudeli>
<Se questo è la verità, io non voglio essere coinvolta>
<Non fare la moralista adesso, lui si è fidato di te e dobbiamo sfruttare questo vantaggio>
<Lui non mi vuole vedere, c'eri anche tu quando me lo hai detto>
Khavo si avvicinò a me e mi sussurrò all'orecchio.
<Non essere stupida, prima ti stava guardando, ti cercava e tu farai come ti dico io> Mio padre ci stava guardando ma non  era riuscito a capire cosa mi aveva sussurrato Khavo.
<Detto ciò, vi lascio, ci vediamo domani> e il comandante se ne andò.
<Claire cosa hai fatto?> mi domandò mio padre.
<Stamattina ho parlato al ragazzo, lui è uscito dai sotterranei e ora sta qui in mezzo a noi> Mio padre cominciò a massaggiarsi le tempie e chiuse le palpebre.
<Cosa hai fatto papà?> gli chiesi avvicinandomi a lui e abbassandomi al suo livello.
<Sono stanco, Claire, voglio riposarmi>
Da quando era arrivato il ragazzo, papà aveva lavorato giorno e notte senza mai fermarsi.
<Non ti fa bene tutta questa situazione> presi un plaid e lo adagiai sul suo corpo. Spensi la televisione e la luce prima di andarmene.
Andai nella mia stanza e intanto pensai a ciò che mi aspettava il giorno seguente.
Khavo si era raccomandato di tenere sotto controllo il nuovo ragazzo ma nello stesso istante avevo promesso a lui di non disturbarlo. Avevo però un problema, il giorno seguente avrei dovuto allenarmi e sapevo che lui sarebbe stato lì con me.

La sveglia mi trapanò le orecchie, presi il cuscino e lo lanciai contro quell'abominio. Il cuscino e la sveglia caddero a terra.
Sbadigliando mi alzai. Mi feci una doccia e mi preparai, mettendomi la solita tuta di quando mi allenavo.
Ad attendermi in mensa trovai Isaac.
<Buongiorno raggio di sole> mi salutò, dandomi un bacio sulla guancia.
< Come mai così di buon umore?> domandai scettica.
<Indovina chi ieri sera ha ottenuto il massimo del punteggio all'esame?>
<Davvero?> chiesi con forse troppa enfasi.
Isaac al contrario di me, aveva scelto di diventare un soldato e il giorno precedente doveva dare un esame molto difficile.
<Davvero> e lo abbracciai.
<Il mio bel soldatino> Risi tra le sue braccia.
Ci staccammo e andammo a sederci a un tavolo.
Nello girarmi per prendere una sedia, lo vidi, era seduto dall'altra parte della sala con una tazza fumante in mano e lo sguardo fisso su di me. Lo sfidai, mi stava imponendo di abbassare lo sguardo, ma non lo avrei fatto.
<Cla, dai che facciamo tardi> Isaac mi prese per la mano e mi invitò a sedermi al tavolo.
<Non capisco perché sta qui, lo stiamo trattando come se fosse uno di noi>
Il latte che stavo bevendo mi andò di traverso e cominciai a tossicchiare. Isaac cominciò a darmi dei leggeri colpi sulla schiena.
<Sto bene, sto bene> e mi asciugai le lacrime.
<Allora...> ricominciò a parlare.
<Andiamo Isaac, cominciamo ad andare in palestra, così ci riscaldiamo >lo interruppi.
<Ma io ancora devo finire> si lamentò indicando i due biscotti che gli rimanevano nel piatto.
Sbuffai e mi appoggiai allo schienale della sedia.
Isaac capendo il mio disaccordo, in fretta e in furia, mangiò i biscotti e si alzò, pulendosi con le mani le briciole dalla maglietta.
Senza voltarmi, per timore di rincontrare Mr Nessuno (così decisi di chiamarlo) camminai velocemente verso l'uscita della mensa.

Mi misi seduta sul tappetino e allungai la mia schiena, cercando di toccare con le mano i miei piedi. Allenarmi mi aiutava a distrarmi, mi piaceva correre, arrampicarmi, lottare, tutto ciò mi faceva dimenticare la mia vita e mi concentravo unicamente su come muovere il mio corpo.
<In piedi> una voce autoritaria mi distrasse dai miei pensieri.
<Veloci, sull'attenti> Mr Nessuno entrò urlando nella palestra.
Tutti lasciarono quello che stavano facendo per mettersi in riga. Mi misi all'estrema sinistra, cercando di non farmi notare.
Cominciò a camminare guardandoci negli occhi, quando si avvicinò a me, abbassai lo sguardo.
<Te>
Le sue scarpe si fermarono davanti a me e confusa alzai il mio viso.
<Vieni qua> e si girò.
Tutti mi stavano fissando e capii che la persona a cui si stava riferendo ero io.
Titubante mi mossi nella sua direzione e mi misi dinnanzi a lui.
Era molto più alto di me e per guardarlo negli occhi dovevo alzare il viso.
<Colpiscimi>
Gli diedi uno schiaffo. Di certo non poteva dire che non avevo i riflessi pronti.
Forse... non era stata la mossa giusta, forse intendeva qualcos'altro. Sulla sua guancia erano stampata le dita della mia mano, il suo volto era ancora inclinato per la forza del mio colpo.
Dalla schiera di persone dietro di noi non si sentì un fiato.
Spaventata feci un passo indietro, vidi la sua mascella contrarsi e chiuse gli occhi.
<Stupida> sussurrò.
<Questa è la vostra strategia, gonfiare i vostri nemici di schiaffi?>
Rise.
<Noi di solito facciamo così> e mi ritrovai con la faccia per terra.
Non mi aveva fatto male, almeno fisicamente, ma nell'orgoglio ero stata ferita mortalmente.
<Anche se devo ammettere che la ragazzina, qui presente, mi ha di certo stupito... forse ho preso l'individuo più debole, qualcuno che sa fare di meglio vuole venire avanti?>
Era girato verso gli altri e non stava badando a me, arrabbiata cercai di tirare un calcio verso il suo polpaccio, ma invece che colpire lui mi ritrovai la sua scarpa sulla mia coscia e una sua mano mi stava schiacciando il viso a terra.
<Dai sù, dì che ti arrendi> mi derise.
<Mai>
L'altra sua mano si infilò all'interno della mia coscia, stringendo la mia pelle e la mia carne, non so se per l'imbarazzo o per il dolore urlai.
<Forza, arrenditi>
<Lasciami, ti prego> si scansò e come una scheggia corsi via da lì è da lui.
⚜️spazio autrice⚜️
In onore di Daniel Sharman, che mi sta facendo appassionare alla storia e al Rinascimento.

⚜️spazio autrice⚜️In onore di Daniel Sharman, che mi sta facendo appassionare alla storia e al Rinascimento

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