Buon viaggio

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Album= Petere Pan, Ultimo

17/08/18

E' già abbastanza ridicolo scrivere questa lettera, quindi sto cercando di fare del mio meglio per non rendere imbarazzante anche l'introduzione, ma evidentemente il mio intento non sta andando a buon fine. Forse non sono la persona più brava a scrivere a questo mondo. In realtà non so nemmeno esprimermi al meglio quando devo dare una spiegazione semplicissima. E' la timidezza, me l'hanno detto fin da quando sono piccolo, mi hanno pure detto che con il tempo non avrei avuto più problemi del genere, ma alla fine vedo che il "periodo", come lo chiamavano loro, non è ancora passato e non mi ha ancora lasciato con il sorriso sulle labbra. Forse tu, però, sei un segnale che mi dice che presto sarò felice, presto sorriderò spesso. E sai perchè? Mi imbarazza così tanto scriverlo, in realtà solo pensarlo, ma ho un bisogno irrefrenabile di dirtelo. Ho sorriso, ho sorriso la prima volta che ti ho visto. Ok sono arrossito come una bambina ad un bacio sulla guancia da parte del fidanzatino della scuola dell'infanzia. Però sai, io, non ho mai baciato su una guancia una bambina, quando ero piccolo. Ho sempre provato desiderio verso il sesso maschile, fin dai primi anni. Non mi piaceva prendere la mano delle bambine, non mi piaceva abbracciarle, avevo il desiderio che fossero i bambini a prendermi la mano, ad abracciarmi. Ok, mi sto dilungando in un discorso che ora non c'entra ssolutamente nulla. E insomma ho sorriso, tanto. E mi sono sentito bene. Almeno credo. Non ho mai sorriso realmente per qualcosa o per qualcuno. Tutti sorrisi sforzati erano, un po' come quelli che si fanno nelle foto. Triste, lo so, eppure sono qui, che vado avanti tranquillamente. Anzi, fino ad ora sono andato avanti tranquillamente. Da quando ti ho visto la prima volta un mese fa, quando ti sei trasferito, ho sempre la tua immagine impressa nella mente. Era una giornata fredda quella, la primavera stava arrivando, ma l'inverno sembrava non voler abbandonare l'aria. Mi ricordo che ero partito presto, come ogni mattina, per fare il solito giro di case, per poi aspettarmi di finire a mezzogiorno senza pensieri per la testa e soddisfatto. Ed effettivamente è stato così. I miei pensieri sono diventati di tua prorpietà circa cinque minuti dopo essermi seduto ad un tavolo vicino alla vetrata di un ristorante. Dalla parte opposta della strada, c'eri tu, di spalle. La prima cosa che aveva attirato la mia attenzione era stata la custodia di una chitarra sulle tue spalle. Avevo pensato che sarbbe stato bello conoscere qualche altro musicista. Suono il basso sai! Ma comunque, sei rimasto lì, con il naso all'insù, a guardare il cielo. Mi chiesi cosa ci fosse di tanto speciale, oltre le nuvole grige, là su nel cielo. Non riuscì a capirlo, forse ti piaceva quel tempo così triste? Lo trovavi bello? Non lo so, io però preferisco le giornate di Sole, perché sorridono loro alle persone al posto mio. Hai riportato lo sguardo alla casa. Le pareti verdi erano messe nelle peggio condizioni, le finestre pure e la porta non ne parliamo. Tu però sei entrato con passo deciso al suo interno, quasi non importasse del fatto che avrebbe potuto seppellirti in un qualsiasi momento. Sei entrato con l'intenzione di fare tua quella casa, lo si vedeva dalla postura decisa che aveva assunto il tuo corpo. In quella casa ci viveva una vecchia signora, sai? L'ho conosciuta quando avevo dieci anni. Stavo scappando dalla prima paura seria della vita. L'ho già detto che sono timido? Ecco prova solo ad immaginare. Non lo dico, non perché me ne vergogno, dovrebbero essere loro a pentirsi e tornare in ginocchio da me a chiedere scusa per tutti i pugni e i calci, per tutte le parole taglienti, che mi hanno rifilato in passato. Non lo dico perché sembrerebbe esageratamente scontato. Il solito bambino timido che viene preso di mira dai bulletti, che seccatura. Ma effettivamente questo è successo e più che andare avanti considerandoli solo persone deboli, non posso fare. Sta di fatto che quella signora, se ne stava, come scoprii in seguito, come sempre a quell'ora del pomeriggio, circa le cinque, seduta sulla sedia a dondolo sul portico, a guardare la gente che passava, giusto per cambiare aria. Io correvo, non mi fermavo, avevo sete, le gambe mi facevano male, il mio cuore, i polmoni e la milza pregavano di fermarmi. Ma avevo anche paura. E la paura è una forma di protezione primitiva che porta ad affrontare il problema, o a scappare da esso. E io sono troppo poco coraggioso per cercare di difendermi. Correvo a più non posso, ma loro avevano le gambe più lunghe di me e mi avevano raggiunto. Quando ero ormai sicuro di stare per prenderle, una voce stridula aveva fatto voltare sia me, che i ragazzini che mi rincorrevano. La anziana signora stava lentamente scendendo le scale. Aveva una camminata decisa. Aveva un vestito giallo, a fiori viola. I capelli bianchi come la neve raccolti in una crocchia. Lo sguardo fiero, di chi ne ha passate tante con successo. Il sorriso di una donna che sapeva cosa voleva dire non essere voluti dal mondo nella maniera in cui tu desideravi lui. "Cosa state facendo?!" aveva chiesta curiosa, eppure ero riuscito ad intravedere un tono di consapevolezza nella sua voce. "Assolutamente nulla!" aveva risposto ingenuamente il più grande e grosso di tutti. Poi la donna mi aveva guardato. Il suo sguardo bruciava sulla mia pelle. Per un attimo ebbi paura che potesse mettere a nudo tutte le mie insicurezze solo con uno sguardo. Poi si soffermò sul graffio sotto l'occhio sinistro. E poi sul taglio al ginocchio destro. Forse con quella vista laser riuscì pure a vedere i segni violacei lasciati dai pugni sulla pancia e dai calci sulla schiena. La cosa che mi fece quasi scoppiare a ridere, fu quando la signora prese per le orecchie due dei tre ragazzini. Poi si rivolse all'altro dicendogli di considerarsi fortunato per il fatto che lei avesse solo due mani e non tre. Li fece scappare a gambe levate a casa, quasi mi fecero pena quella volta. Da quell'eppisodio in poi, non mi fecero più del male. Adoravo quella donna, era forse l'unica ancora di salvezza che avevo per poter riuscire a sorridere veramente. Almeno alle sei del pomeriggio potevo fare la pausa del tè con lei. Era trasgressiva. Il tè lei lo beveva alle sei, non alle cinque, troppo banale.

Fa#

Fai buon viaggio e custodisci il tuo giardino
E tra le siepi lascia un posto per un pino
E tra cent'anni sarà forte come il sogno
Di te che torni e dici: Amore mio, buongiorno

Buon viaggio, Ultimo.

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