Sopravvissuti

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Da molti, Atene veniva considerata la culla della civiltà occidentale; quel che era rimasto di quella gloriosa città non rasentava neppure minimamente gli antichi gloriosi fasti dell'impero ellenico.

Scappando per nascondersi dai bombardamenti della guerra ai cavalieri di Ares, molti si erano rifugiati ad Atene, ma in breve la città era divenuta colma di disperati e le risorse si erano presto esaurite, lasciandola praticamente ingovernata, preda dell'anarchia.

Leonidas si aggirava per le fatiscenti strade della un tempo magnifica Atene: in ogni nicchia o vicoletto, qualche disgraziato dormiva rannicchiato tra i cartoni, altri frugavano nelle immondizie in cerca di cibo, altri ancora si davano battaglia per i più futili motivi. Ovunque regnava la disperazione e la violenza, e pareva che anche gli animi delle persone stessero cadendo a pezzi assieme alla città stessa.

Il popolo non aveva mai saputo che il male subito era stato inflitto dai cavalieri di Ares e non di Atena, così solo quest'ultimi erano stati demonizzati: pertanto, al fine di agire indisturbato nella sua ricerca, Leonidas aveva lasciato l'armatura nel palazzo del leone, e si aggirava sfoggiando un semplice pantalone ed una maglietta a maniche lunghe, entrambi completamente neri.

"Hai visto questa ragazza?" - domandò Leonidas mostrando una foto dal telefono ad un uomo seduto su una panchina.

"Un telefono..." - rispose estraendo una pistola - "D-dammelo assieme a tutti i soldi che hai!"

Leonidas passò oltre noncurante, e nessun proiettile apparve; la pistola era scarica, e fuori uso.

Aveva mostrato già a diverse persone la foto di quella cugina che neanche lui aveva mai visto, ma che si sentiva in dovere di aiutare almeno per sua madre e per Gunnar; eppure, nonostante stesse girando ormai da quasi due giorni, non aveva trovato neppure una minima traccia.

La svolta avvenne quando, durante l'ennesimo tentativo presso un gruppo di senzatetto una donna anziana, il nome di Violate, gli si avvicinò, dicendo di averlo già sentito:

"Sa se ti tratta di questa ragazza?" - chiese cortesemente mostrandole la foto.

"Non saprei, purtroppo la mia vista non è più come quella di un tempo... però ricordo quella chioma nera." - rispose sedendosi su dei bancali ammuffiti.

"Dove l'ha vista?"

"Vivevo ai confini dell'Arcadia, nella parte vicina all'Istmo, quando un giorno si presentarono dei... cavalieri..."

"Come, dei cavalieri?"

"Nonna, non spaventarlo." - intervenne una giovane posandole uno scialle sul collo.

"Eppure erano cavalieri."
"I cavalieri non ci sono più da tre anni, anche se alcuni nel mondo dicono di avvistarli di tanto in tanto..."

"Però là al Santuario..." - sospirò l'anziana.

"Quel posto non nominarlo neppure." - la rimproverò la nipote.

"Ad ogni modo" - proseguì la donna - "sono giunti uomini con armature nere dicendoci che ove un tempo sorgeva Orcomeno ora svetta un castello in cui sono i benvenuti tutti coloro che cercano conforto e riparo..."

"Ma chiedevano una condizione."

"Quale condizione?" - chiese Leonidas incuriosito.

"Bisognava giurare fedeltà assoluta al signore del castello, che stando alle loro parole è un vero e proprio dio sceso in terra."

"Non sapete quale dio?"

"Parlavano di quell'antica divinità, Ade..."

"Ade...?"

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