Il centottesimo giorno

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Da qualche parte, nel mondo, in mezzo ad una radura verdeggiante, un piccolo globo nero prendeva forma, e lentamente si alzava a mezz'aria fluttuando senza emettere alcun suono.

In quello stesso momento le prime luci dell'alba illuminavano il Santuario di Atena.


Come tanti corvi neri, gli specter se ne stavano appollaiati sulle alture che cingevano il Grande tempio per proteggerlo, immobili ed in silenzio.


"Dunque sono arrivati, esattamente al centottesimo giorno com'era stato detto..."

Kypros si allontanò dalla finestra, ed iniziò ad indossare l'armatura dei pesci: era giunto il momento di scendere nuovamente sul campo di battaglia dopo tre anni.

Giunse alle pendici delle dodici case, seguito da Miia e dai cavalieri d'oro, e vide il volto dei guerrieri della sua esigua armata: nessuno aveva dimenticato la battaglia di tre anni prima, e il pensiero dei compagni caduti gli si era impresso nella mente assieme all'idea di essere sopravvissuti soltanto per caso.

Un grande terrore stava calando presso i cavalieri, stanchi nell'animo e con le cicatrici ancora pulsanti per le ferite inferte dai guerrieri dell'Olimpo.

"Guardali, tremano per la paura..." - disse Silen rivolgendosi a Kypros.

"Non tanto degli specter, ma della guerra stessa; è come se avessero perso lo spirito guerresco."

"Come biasimarli... però ora il mondo ha bisogno di loro, e soprattutto loro hanno bisogno delle parole del Gran sacerdote."

Kypros annuì solennemente, e dopo aver meditato un istante in silenzio ad occhi chiusi, si rivolse ai cavalieri:
"Vedo la paura nei vostri volti, e vi capisco, perché anch'io provo lo stesso: non ho dimenticato i fatti accaduti tre anni or sono. Tuttavia noi ci troviamo qui ed ora, e non possiamo permettere che il passato sia d'ostacolo al presente, negandoci un futuro.

Combattiamo assieme, rimaniamo vivi per onorare coloro che non ci sono più e, come abbiamo fatto tre anni fa, restituiamo al mondo la luce che ormai sembrava irrimediabilmente persa."

In quel momento, tra i cavalieri, apparve una figura dai capelli fulvi con indosso un'armatura d'argento:
"Noi siamo i cavalieri della speranza, non lasciamoci atterrire dai servi della morte: li ho già affrontati quando ero un bambino, e posso garantirvi che non sono invincibili come sembrano, specie dinnanzi a una ferrea volontà di proteggere chi ci è caro."

Vedendolo, Kypros sorrise sollevato:
"Kiki dell'Altare, che piacere vederti..."

"Anche per me, nonostante non sia un buon vento quello che mi riporta qui al Santuario."

"Ora dovremmo esserci tutto, a parte..."

"Leonidas e Ikki..."



Ad un certo punto, diversi minuti dopo la comparsa degli specter, il sole parve oscurarsi, e nel cielo cinereo apparve il signore degli inferi con indosso la sua possente armatura nera:

"Miei fedeli specter, siamo infine giunti alla fine della nostra corsa: molte guerre abbiamo lottato, e in ognuna di essa siete usciti sconfitti, feriti o uccisi nei modi più indicibili. E' vero, vi è stata promessa la salvezza molte volte da parte mia, ma quest'oggi la storia prenderà una svolta inedita: trionferemo, e potrete assistere alla nascita di un mondo nuovo, un mondo giusto."

Udite quelle parole gli specter spezzarono il silenzio infervorandosi, e la loro esultanza fragorosa rimbombò lungo tutto il Santuario.


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