Capitolo 9*

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Rebecca

Mi sento in colpa per come ho trattato Ethan ieri pomeriggio. Sono cosciente di aver esagerato. Per questo è da stamattina che non faccio altro che pensare alla sua faccia dopo avergli detto quelle cose. Non sono riuscita neanche a mangiare, sento lo stomaco chiuso, come un cattivo presagio. Sta tutto nello stomaco. Parole che non riesci a digerire, pugni inaspettati, rospi, bocconi amari, senso di nausea e il cuore che hai ingoiato. Tutte quelle cose irrisolte che si accumulano sul fondo dello stomaco e che ti sventrano una volta sveglia. Le reali parole che avrei voluto dire a Ethan mi si sono bloccate in gola, facendone uscire altre che neanche lontanamente rappresentano la realtà dei fatti. A volte le parole si fermano solo in mente. Possono riuscire ad arrivare alle dita, allo stomaco o possono insediarsi sottopelle, senza però riuscire mai ad uscire. L'unica cosa che posso fare per alleggerire questo senso di colpa è parlare con lui. Ho avuto una reazione esagerata alla situazione che si era creata ieri, ma mi sono sentita minacciata dalla vecchie emozioni che risalivano a galla. Ho preferito ferirlo, per evitare che fosse lui a farlo con me. Ma non avevo calcolato quanto male avrebbe fatto a me, ferire lui. E dopo ciò mi sono resa conto di quanto io possa solo uscire sconfitta da questa storia, in ogni caso sarò io a soffrire, che sia per colpa mia o per colpa sua. So anche di non essere in grado di gestire tutte queste sensazioni da sola, per questo appena Jenna è tornata dall'università le ho chiesto aiuto. Ne è rimasta sorpresa e allo stesso tempo felice. Questa mia decisione sta per dare una svolta al nostro rapporto. E non potrò tornare più indietro.

"Reb, è più di mezz'ora che siamo qui e continui a non parlare" interrompe preoccupata Jenna il silenzio che si era creato. Sto cercando le parole giuste per dirle ciò che è successo, senza che lei poi mi chieda cose a cui non posso rispondere.

"Ho conosciuto Ethan quando ero ancora una neonata. Lui passava davvero molto tempo in casa nostra. Passava intere giornate da noi, anche prima che io nascessi. Era il miglior amico di Brandon, mio fratello maggiore. Quando ho compiuto tre anni mio fratello ha iniziato a farmi giocare con loro, nonostante fossero parecchio più grandi per giocare con me, preferivano accontentarmi invece di andare a giocare a pallone coi loro coetanei. Ci chiamavano i tre moschettieri, eravamo inseparabili. Il nostro rapportò non cambiò neanche quando Brandon ed Ethan iniziarono a farsi nuovi amici, al contrario ci avvicinammo sempre più. Ero una bambina, per me loro due erano i miei supereroi. A casa la situazione divenne difficile quando mio padre perse il lavoro e iniziò bere sempre di più, trattando sempre male mia madre, i miei fratelli e me. Ethan aveva smesso di venire dentro in casa, ci aspettava fuori per giocare. Col tempo mio padre divenne sempre più violento, così Brandon decise di smettere di venire con noi a giocare per rimanere a casa con Adam e tenerlo lontano da mio padre. Ethan ed io nel frattempo trovammo un nostro posto segreto vicino al fiume di Oakland. Ci andavamo sempre. Lui mi rendeva felice e nonostante avessi solo cinque anni allora, ero in grado di capire quanto fosse importante la sua presenza nella mia vita. Avrei potuto fare a meno di mio padre, ma non di lui. Riusciva a tenermi lontana da tutto ciò che invece affrontava Brandon a casa. Mentre Brandon era impegnato a difendere Adam che aveva solo due anni, Ethan proteggeva me, da tutti. Un giorno Ethan venne a prendermi a casa, ma stava piangendo. Non l'avevo mai visto piangere, stavo male anche io per lui. Volevo avvisare Brandon, lui era il più grande, avrebbe saputo come risolvere la situazione, ma Ethan mi portò nel nostro posto in silenzio. Non riuscivo a capire perché piangesse, ma volevo farlo stare meglio come lui faceva con me. Lo abbracciai, rimanemmo abbracciati per tutta la notte. Avevamo preso sonno vicino alla riva del fiume. Potrai immaginare la reazione di mio padre il giorno dopo. Ethan mi portò a casa e mi abbracciò fortissimo, prima che mio padre ci separasse e iniziasse a sgridarmi e picchiarmi, ma non sentivo tanto dolore. Io sorridevo, era stato il giorno più bello che avessi avuto. Dormire con lui quella notte, mi aveva evitato brutti sogni e le urla di mio padre verso mia madre. Però lo vedevo il suo sguardo preoccupato mentre mio padre mi tirava lontano da lui. Allora gli sorrisi dicendogli che mi rendeva felice, che con lui ero felice. Quella fu l'ultima volta che lo vidi. Scomparse completamente dalla mia vita, ma non da quella di Brandon. Si vedevano a scuola, oppure giocavano insieme, ma mai nel nostro quartiere finché Brandon non mi disse cosa era successo. I suoi genitori lo avevano abbandonato. Si era svegliato senza trovargli più in casa e neanche le loro cose. Ethan era andato da suo zio John, per vivere con lui. Gli anni passavano e io avevo solo il suo ricordo sfocato, non ricordavo neanche bene il suo viso. Ricordavo solo il colore dei suoi occhi, ma la nostra amicizia era impressa nella mia mente, solo un sogno. Come se non ci fosse mai stata realmente, come un amico immaginario." Decido di prendere una pausa dopo averle detto tutto ciò e la guardo. Jenna mi guarda come se mi guardasse per la prima volta e il suo sguardo mi incita ad andare avanti.

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