Incubi e pensieri

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Una foresta buia, che non ha mai visto prima.
Un ragno le zampetta vicino al piede, e si infila sotto le foglie.
Troppo grosso, per essere un ragno normale.
Ma lei prosegue, nonostante tutto, e nonostante il buio e l'atmosfera spettrale di quella foresta sconosciuta.
Sta cercando qualcosa, ma non sa cosa.
D'improvviso, inciampa in un sasso.
Cerca di tirarsi su, i palmi delle mani graffiati dall'impatto col terreno.
Poi, la vede.
A poca distanza da lei, una sagoma avviluppata in un mantello nero col cappuccio, il volto completamente nascosto da quest'ultimo; ha un sacco di stoffa stretto nella mano destra.
Da quel sacchetto gronda qualcosa attraverso il tessuto, lasciando una macchia scura.
È una sostanza bianca, viscosa... Quasi argentata.
Lei non riesce a trattenersi, e caccia un urlo di spavento.
La figura si volta di scatto, e gli si avvicina minacciosa.

Vorrebbe scappare, ma qualcosa la tiene bloccata sul posto.
No, non è il suo terrore.
È qualcosa di terribilmente concreto.
Due mani sono appena sbucate dal terreno, e la tengono saldamente per le caviglie, impedendole di fare un solo passo.
Mani gelide, senza vita. Mani di un morto, ma dotate di una forza sovrumana.
Le ha già sentite. Ha già sentito quella morsa su di sé.
Complice la presa, ma anche il terrore, cade a terra, mentre quella figura avvolta nel mantello sta per sovrastarla.
Lei urla ancora con tutto il fiato che ha: forse per chiamare aiuto, forse per la paura...
E poi, all'improvviso, tutto diventa buio, mentre si sente una orribile risata e, per un rapido istante, uno strano simbolo brilla nell'oscurità per una frazione di secondo...

~~~

Rosie si tirò su di scatto, gli occhi blu sgranati, la bocca ancora spalancata in urlo che, però, non aveva voce per emettere. Sentiva la gola secca, i riccioli biondi, madidi di sudore freddo, appiccicati alla fronte e al collo, la mente ancora piena del terrore che aveva provato durante quell'incubo.
Le era sembrato così reale...
Si strinse la trapunta intorno al corpo, gli occhi chiusi, lasciandosi avvolgere dal suo calore, finché i brividi pian piano si acquietarono; non erano, infatti, dovuti solo all'incubo.
Agosto era quasi al termine, e le temperature settembrine non avevano tardato a farsi sentire; in effetti, riflettè Rosie, era un po' strano che facesse già così freddo...
Ma se scaldare il corpo era stato facile, non lo era altrettanto calmare la paura che ancora provava.
Erano passati quattro giorni dall'aggressione che aveva subito nel vicolo di Notturn Alley. E, da allora, quegli incubi non avevano smesso di darle tregua.

Gettò un'occhiata alla sveglia: era l'una del mattino.
Generalmente, dopo quell'incubo, non riusciva più a riaddormentarsi, e di solito non faceva che rigirarsi ininterrottamente tra le coltri, anelando un impossibile riposo.
...Che sarebbe successo, una volta ad Hogwarts? pensò con preoccupazione, ancora avvolta nella coperta come un bozzolo.
... Avrebbe continuato a passare notti in bianco anche una volta nel dormitorio della Scuola di Magia?
Istintivamente, si portò due dita verso il collo, dove di solito stava il ciondolo a forma di cuore che portava sempre, anche sotto alla maglia: era un regalo dei suoi genitori per il suo ottavo compleanno e da allora, generalmente, anche solo toccarlo le dava conforto, quando qualcosa la turbava.
Ma poi ricordò. La catenina si era rotta qualche giorno prima, e lo zio Sherlock le aveva promesso che l'avrebbe riparata.
Ancora non l'aveva fatto; ma, con tutto quello che era accaduto, Rosie poteva capire che se ne fosse dimenticato.

I suoi pensieri tornarono a quella cosa vista nel vicolo, e poi nuovamente all'incubo appena avuto, di cui non riusciva a comprendere appieno il significato; e rabbrividì nuovamente: aveva anche la gola riarsa, come se le urla lanciate nel sogno fossero  state emesse anche nella realtà.
Un bicchiere d'acqua. Questo le ci voleva.
Seppur riluttante ad abbandonare il tepore del suo letto, prese coraggio, e appoggiò i piedi nudi sul parquet, infilandoli poi velocemente nelle soffici pantofole.
Percorse poi dunque, a piccoli passi, il corridoio che portava sino alla cucina, ma con un certo timore. Nel buio, anche le cose della sua casa a lei più familiari- come le foto appese alle pareti, il vaso sul tavolino sotto una delle finestre -assumevano fattezze mostruose e terrificanti: tutto pareva allungarsi in ombre pronte a ghermirla.
Ma non appena giunse alla cucina, respirò meglio; soprattutto perché, con sua sorpresa, le luci erano accese: a quanto pareva, non era l'unica nottambula. Sua madre, infatti, era affacciata alla finestra, una vestaglia rosa cipria indosso e, dal poco del viso che Rosie riusciva a scorgere, un'espressione stranamente pensierosa.

The signs of the deathDove le storie prendono vita. Scoprilo ora