Nakmun

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Primavera.

Accadde nel primo giorno di primavera, mai alcuno dei saggi o degli anziani uomini di Veir, la grande e ricca oasi del deserto riarso, aveva visto nulla di simile né, nelle loro vite, ne avevano udito.

La grande tempesta, la cui furia sarà certamente ricordata negli anni, aveva imperversato per due settimane, spesso coprendo tutto il cielo della sua polvere giallastra e bloccando la gente di Veir nell'oasi da cui nessuno avrebbe osato allontanarsi con il cielo coperto. Chi infatti avrebbe potuto rischiare di immergersi, alla cieca, in una di quelle grandi tempeste del deserto che si protraggono per miglia e miglia, nascondendo l'oasi al bacio prepotente del Sole-Nakmun, padre di tutte le cose e di tutti gli uomini.

La tempesta finì, così come era iniziata, di colpo, nel primo giorno di primavera, lasciando però qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno mai aveva visto.

Molti sono persi nel deserto, molte cose vengono lì perdute altrettanto, prese come tributo da Ha'tan, la morte secca che tutto prende e nulla dà, mai niente viene ritrovato, mai nessun dono è fatto dal deserto riarso e mai, nella millenaria storia conosciuta e trascritta, un oggetto di tali dimensioni era apparso.

Una statua della quale al principio compariva solo il busto affiorava dalle dune assolate: un busto alto otto metri e, dopo lo scavo, altrettanta altezza venne scoperta nella sabbia. Nulla di simile era mai stato visto. La statua sembrava un uomo per certi versi, un uomo seduto con le gambe incrociate, ma per altri sembrava un animale, con un viso allungato e i denti di un cane e un collare attorno al collo e degli artigli nelle mani che ricordavano le lucertole Kogi del deserto. Essa era scolpita da un unico blocco di una pietra rossa e sconosciuta e solo gli enormi occhi, grandi perfino rispetto alle proporzioni della statua sembravano aggiunti ed erano fatti di una pietra del tutto nera.

Ben presto la notizia della scoperta si diffuse e gente da tutta l'oasi venne a vedere la statua; in molti l'osservavano da lontano, guardandola con sospetto, e solo in pochi porgendo i primi fiori di primavera in segno di omaggio.

"Cosa era la statua?" Si chiedevano gli anziani. "Cosa significa o dobbiamo farne?"

"È un demone" dicevano alcuni. "Mandato da Ha'tan per distoglierci dalle nostre sacre abitudini. Va distrutto."

Eppure Ha'tan aveva mai dato qualcosa agli uomini oltre alla morte? Il deserto riarso portava mai doni? E come poteva portare doni se mai nemmeno restituiva ciò o chi prendeva? E se fosse stato Nakmun invece? Non si raccontava infatti di come il dio fosse sceso un tempo dal cielo ed impressionato gli uomini con il suo strano aspetto? Non erano le lucertole Kogi a lui sacre e venerate da tempo immemore?

Quanti miti erano riportati, alcuni perfino dai tempi prima della scrittura quando il primo popolo degli antenati era giunto a Veir sotto la guida della seconda luce nel firmamento, in quell'epoca d'oro in cui avevano camminato a fianco degli dei prima che essi tornassero al loro percorso cielo. Nessuno dubitava di quei miti... e come avrebbero potuto? Il grande tempio dell'oasi da solo era molto oltre ciò che gli uomini avrebbero potuto costruire: immenso con colonne altissime, fatto di materiali sconosciuti che per millenni erano durati mentre le opere del popolo di Veir nascevano e morivano come i loro creatori.

C'erano chiare leggende, che parlavano di molti popoli blasfemi che avevano abitato l'oasi degli dei nel tempo a loro precedente e che dagli dei erano stati puniti e scacciati; loro erano l'unico popolo benedetto del deserto, l'unico che era e che sempre sarebbe stato. Non avevano nulla da temere né dal deserto né dal cielo.

Così la statua fu presa e portata al tempio con grande sforzo di migliaia di persone. "È Nakmun che ci manda questo dono! Egli ringrazia il suo popolo e il suo buon governo!" La statua fu così posta al centro del tempio, sotto il bacio caldo della luce del Sole che, dall'alto e attraverso i vetri eterni ed infrangibili posti dagli dei sulla cupola, penetravano nell'immensa struttura.

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