C a p i t o l o c i n q u e

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Mi sveglio di soprassalto cadendo dal letto, il fastidioso trillo della sveglia a farmi compagnia.
Recupero velocemente il cuscino per poi coprirmi il volto frustrata. Non sono mai stata una persona mattiniera perchè la verità è che ho bisogno di dormire, ho bisogno di sentire lentamente la mente lasciarsi intrecciare dalle abili mani di Morfeo per entrare nel mondo dei sogni, arrivare alla pace del corpo dopo una lunga giornata e sprofondare nelle calde coperte profumate alla cannella del mio letto.
Sento di star quasi per partire nuovamente per la tangente quando arriva l'uragano rosso "Sveglia Marty! Alza il culo è ora che ti prepari, tra un po' arriva il taxi!" annuncia la mia amica con la sua solita finezza.
Sbuffo sonoramente.
In questo momento il mio unico pensiero è quello di rimanere a terra per assaporare ancora per un po' lo stato d'incoscienza lasciato dal sonno, al diavolo New York.
Tuttavia i miei occhi si spalancano all'istante, come se un lampo avesse squarciato improvvisamente il silenzio e così tutto il sonno che sembrava abbracciare teneramente il mio subconscio si dissolve come fine nebbia scossa dal vento.
Oh dannazione, è vero che devo partire!
Scatto furiosamente in piedi, come se fossi posseduta da una nuova forza e mi fiondo velocemente in bagno per buttarmi sotto il getto della doccia dopodiché mi avvolgo in un asciugamano pronta per raggiunge la mia camera.
Oggi devo avere un aspetto almeno presentabile per far fare bella figura all'agenzia. Al sol pensiero di dover mettere un paio di tacchi mi si apre una smorfia in volto, non sono mai stata brava a camminarci sopra e di sicuro doverli portare per otto ore in aereo non è il sogno di ogni donna.
Scrollo le spalle per scacciare via i pensieri e comincio a rovistare tra le poche cose rimaste nell'armadio per evitare di dover aprire la valigia e saper di non riuscire più a richiuderla.
Dopo dieci minuti di ricerche e crisi isteriche non trovando nulla, recupero un paio di pantaloni di jeans chiari e una maglietta color panna a maniche lunghe, il tutto abbinato alle mie converse. Che mi tolgano pure la mancanza dei tacchi dalla paga, sono sicura che non ce la farei a tenerli per tutto il giorno, soprattutto in aereo.
Spero solo che il mio nuovo capo sia comprensivo almeno oggi.
Sciolgo i capelli e li sposto di lato per poi osservare il mio riflesso allo specchio e sbuffare frustrata, consapevole di dover dare sfogo ai cosmetici senza l'aiuto di Gin stavolta.
Mi sposto in bagno con il beauty sotto braccio, e decido di stare sul classico perchè di certo portare tutto quel ben di cosmetici sul viso per tutte le ore in aereo di certo non è salutare, perciò dopo aver applicato un po' di mascara metto un gloss chiaro ed esco.
Sono sul punto di afferrare la valigia ed uscire quando sento il campanello suonare e la mia amica, peggio di un orologio svizzero, urlare "Marty, scendi! È arrivata la macchina, muovi il tuo bel culetto perché sono stanca morta e vorrei ritornare a dormire!" Sorrido e scuoto il capo, mi mancherà quella ragazza.
Scendo le scale trascinando pesantemente la valigia e quando arrivo in fondo due braccia sottili ma sorprendentemente forti mi afferrano le spalle facendomi cadere per terra presa dalla sorpresa "Mi mancherai un casino" sussurra al mio orecchio la ragazza.
"Anche tu koala" La prendo in giro per poi rilasciare una piccola risata.
"Forza vai prima che ti prenda, ti chiuda in camera e non ti faccia più partire" annuncia con voce seria mentre si rialza.
"Volo" rispondo velocemente trattenendo un sorriso perché so che ne sarebbe capace.
Ci scambiamo un ultimo abbraccio per poi chiudere la porta alle mie spalle.
Attraverso il vialetto fino a raggiungere la macchina e mentre l'autista carica la valigia nel portabagagli io mi sistemo sui sedili posteriori.
Lancio un ultimo sguardo alla mia casa, quella casa che non rivedrò per le prossime due settimane. Intravedo da una delle finestra del salotto la rossa improvvisare smorfie raccapriccianti attaccata al vetro. Scoppio in una fragorosa risata mentre mi sporgo vicino al finestrino per assecondarla nel suo gioco. La ragazza ride a sua volta ma si ricompone velocemente quando vede salire l'uomo in auto.
Mi mima un cuoricino con le dita mentre io le rispondo con una finta linguaccia, la dolcezza non è il mio forte.
Fortunatamente il viaggio dura solo mezz'ora, il tempo di uscire dal centro e raggiungere l'aeroporto senza imbattersi fortunatamente in alcun esempio di ingorgo milanese.
Appena entro nell'immenso amplesso sento la seconda ed ultima chiamata per il mio volo e inizio quindi ad affrettarmi per arrivare alla giusta uscita dopo aver lasciato la valigia alla zona smistamento.
Porgo il biglietto all'adetta, una donna piccola e minuta, più o meno sulla quarantina. I capelli biondo cenere sono raccolti sotto il cappellino della divisa mentre due occhietti vispi e attenti guardano in ogni dove.
In tutta risposta mi sorride e mi augura buon viaggio.
Percorro il lungo corridoio fino ad arrivare all'entrata dell'aereo.
Sorrido gentilmente alle hostess prima di controllare il numero sul mio biglietto e scorrere tra i vari sedili per arrivare al mio posto quando un piccolo sorriso mi si dipinge in volto non appena il mio sguardo cade su due bimbi intenti a dormire beatamente abbracciati.
Proseguo per ancora due metri scuotendo il capo con ancora il sorriso sulle labbra finché non trovo il sedile giusto.
Mi siedo rilasciando un piccolo sospiro mentre cerco di rilassare i muscoli tesi dall'emozione.
Sto andando a New York, uno dei più grandi punti culturali del mondo.
E prima che possa accorgemene mi scappa l'ennesimo sorriso.

Harry Styles

Era stato fin troppo facile.
Era bastato far cercare al mio agente il suo nome e la sua foto nelle varie agenzie milanesi. Ci era voluto del tempo perché non ero a conoscenza del suo cognome, ma alla fine ce l'avevamo fatta. Harry Styles non sbaglia mai ed ora sono finalmente qui seduto comodamente in auto ad aspettare che arrivi.
Da questo punto ho una visuale perfetta del mio agente al centro dell'imponente salone dell'aeroporto intento con un cartello in mano, ad attendere il suo arrivo.
Poso lo sguardo sul mio orologio, dovrebbe arrivare a momenti.
Sollevo lo sguardo facendolo vagare sull'imponente confusione che sembra aleggiare in quell'ambiente troppo grande. Uomini e donne che corrono da una parte all'altra con le braccia piene di bagagli, bambini che urlano e ridono, coppie che si abbracciano ora che sono finalmente riusciti a colmare quella dannata distanza o forse impegnati a condividere ultimi addii.
Mi si mozza il fiato per un secondo quando riconosco dei lunghi capelli corvini e una camminata trasandata.
Indossa dei semplici jeans chiari e una maglietta color panna, le immancabili converse a coronare l'insieme.
Ha un sguardo spaesato in totale contrasto con i grandi occhi blu che quella sera sembravano voler inghiottirmi da un momento all'altro.
Sembra che non sappia bene dove andare, finchè non posa lo sguardo sul mio agente per poi avvicinarsi a lui con un piccolo sorriso in volto.
Sento la pelle d'oca farsi spazio sulle mie braccia senza un motivo preciso e in quel momento lei ed Alan si avvicinano alla macchina conversando tranquillamente.
Scorro un'ultima volta la mano fra i capelli, e preparo il mio sorriso più strafottente poco prima che apra la portiera, cercando di scacciare quei dannati brividi innati dalla mia pelle.

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