Chapter 34

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"Cominciamo con il fatto che qua non siete al sicuro, nemmeno nel nascondiglio creato da Josy." Avevamo appena finito di raccontare tutto quanto a Christopher, partendo dal modo in cui eravamo giunti a Wilson City, al cambiamento totale di aspetto avvenuto quella mattina. "Le porte devono essere sempre aperte, per fare in modo che nessuno possa scappare in caso di un possibile inseguimento." Si tirò su gli occhiali che gli stavano cadendo sul naso. "Inoltre, non potete fare una vita del genere, non siamo durante la Seconda Guerra Mondiale, e voi non siete ebrei." Si passò una mano sulla bocca, pensando a una possibile soluzione.

"Non è che c'è un modo per farli partire? Farli andare via da qui?" Domandò Josephine, piegandosi in avanti speranzosa, come se avesse paura di perdere anche solo una singola parola proferita da lui.
"Dovrei controllare se ci sono elicotteri o barche già pronte, già settate per fare in modo di deviare momentaneamente il campo magnetico. Dovrei controllare che ci sia abbastanza carburante, perché dovrei ricalcolare non solo un percorso,  ma due, in moto tale che se li trov..." Il suo flusso di coscienza fu interrotto dalla voce impaziente della donna di fianco a lui, che esclamò, quasi senza rendersi conto del tono alto della sua voce: "Quindi c'è un modo sì o no?"

"Abbassa la voce Josy! Qualcuno potrebbe sentirci." Le fece segno lui di abbassare il tono, cosa che lei fece; infatti, subito dopo disse, in quasi un sussurro: "Allora c'è un modo per farli tornare a casa."
"Ammetto che sì, in teoria c'è un modo, ma dovrei prima controllare tutti i dati in laboratorio." Ammise alla fine, alzando le mani e poggiandosi con la schiena contro lo schienale del divano.

Io e Jonathan seguivamo quella conversazione come se fosse una partita di tennis, muovendo la testa a destra e a sinistra man mano che la palla rimbalzava da una parte all'altra. Non sapevamo che dire, avevamo fin troppa paura ad aprire anche solo la bocca, figuriamoci a proferire qualcosa. La signorina Murphy si era seduta di fianco a Christopher, lasciando le poltrone libere per noi due.

"E quando potresti farlo? Sarebbe necessario il prima possibile." Continuò a insistere lei, risultando quasi fin troppo oppressiva.

"Dovrei andare in laboratorio, controllare i dati da lì senza farmi scoprire, e poi venire qua e parlarti di persona. Non mi fido tramite messaggi o chiamate, potrebbero vederli o sentirmi." Sembrava preoccupato, in fondo stava rischiando la sua vita, quindi come biasimarlo.

"Non potresti andarci già oggi? O risulterebbe troppo strano?" Chiese ulteriormente l'altra, mentre lui alzava gli occhi al cielo.

"Potreste finirla di comportarvi come una vecchia coppia sposata?" Domandai gentilmente, abbastanza stufa di quel continuo e asfissiante battibeccare. "Dobbiamo organizzarci, e per fare questo dovremmo avere almeno un'idea di dove dovremmo andare e di cosa fare." Notai subito il sorriso orgoglioso che mi rivolse Jonathan, per questo mi voltai per un secondo verso di lui, ricambiando il sorriso.

"Beh, possiamo provare l'idea più facile che mi viene in mente." Cominciò, facendo un respiro profondo. "Innanzitutto bisognerebbe che voi usciste dalla città, verso sud-est." Christopher fu contento di poter parlare più liberamente, sapeva benissimo che lo avremmo fatto parlare fino alla fine. "Da lì dovreste raggiungere il mare entro tre, massimo quattro giorni." Fece un altro respiro profondo, cercando di ricordare nel miglior modo possibile, piegandosi in avanti e poggiando i gomiti sulle gambe. "Farò in modo che un mio amico, Franklyn Jacobs, vi faccia salire sulla barca che va a Brooklyn per i rifornimenti, voi salirete, arriverete a Brooklyn e il gioco è fatto!" Raddrizzò la schiena contento, sorridendo in maniera trionfante, per poi calmarsi quasi subito e cominciare a guardarmi in modo abbastanza insistente, così, dal nulla. Io non abbassai lo sguardo intimorita, anzi, lo sostenni come meglio potei.

"Potrei parlarti un attimo Crystal? Solo io e te?" Mi domandò all'improvviso frenetico, rendendosi conto delle domande che ci stavamo ponendo in quel momento io, Jonathan e Josephine.

"Se vuoi parlarle dovrai farlo con me presente." Sapevo che Jonathan non sarebbe stato affatto contento di lasciarmi da sola con uno sconosciuto, soprattutto se quest'ultimo faceva parte dei nostri nemici.

Eppure la curiosità ebbe il sopravvento.

"Tranquillo Jonathan, non mi succederà niente." Gli diedi una stretta veloce alla mano per rassicurarlo. "Intanto vai di là con la signorina Murphy, ti raggiungerò presto per andare a riposare. " Nonostante la paura, volevo sapere che cosa avesse da dirmi.

Anche se titubante, il ragazzo mi ascoltò, seguendo Josephine nella stanza dove c'era la botola.

"Che cosa vuole dirmi?" Gli domandai, unendo le mani in grembo.

"Intanto, dammi pure del tu, non è un problema." Mi fece un sorriso gentile, rimanendo in silenzio fin quando non lo ricambiai, come a dimostrargli che ero disposta ad ascoltarlo. "Crystal, tu sei più importante di quello che credi." Mi disse sottovoce e in maniera molto seria, dando un'occhiata dietro di me; mi voltai, vedendo la mia ex insegnante che ci stava guardando abbastanza preoccupata. "Non posso rivelarti molto, ma l'unica cosa che posso dirti è che tu non sei stata scelta a caso. Se hanno fatto cadere l'aereo su cui eri tu, non è stato solo un caso; il motivo eri proprio tu." Si alzò in piedi, infilandosi la giacca, avvicinandosi a me nel frattempo che anch'io mi alzavo, in modo tale da posare le mani sulle mie spalle e sussurrarmi all'orecchio: "Sei in grave pericolo Crystal, devi scappare il prima possibile." Si allontanò dal mio viso, dandomi qualche pacca sulla spalla e rivolgendomi uno sguardo sconsolato.

"Perché io." Chiesi con un filo di voce, le lacrime che spingevano per uscire a causa del terrore che stavo provando. "Cos'ho io di speciale?"

"Se sei fortunata, non lo scoprirai mai, e questa tua ignoranza ti terrà al sicuro." Prima di andare verso la porta mi disse un'ultima cosa, che mi provocò un brivido di consapevolezza non giustificata in tutto il corpo: "Ricordati: tu hai uni spirito guerriero Crystal, più ti sembra strano ciò che ti accade, più fa parte del tuo carattere."

Lo guardai dirigersi verso la porta, non azzardandosi a uscire senza aver prima salutato per bene Josephine. Mi diressi verso quest'ultima e Jonathan; quelle parole mi avevano proprio scosso nel profondo. Nel momento stesso in cui io e Jonathan entravamo nella stanza dove si trovava la botola, qualcuno bussò alla porta, prima di aprirla e gettare tutti nel panico.

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