Chapter 32

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"Una sorpresa?" Chiesi sottovoce a Jonathan, ricevendo una scrollata di spalle da parte sua.

"Non saprei proprio di cosa parla. E se fosse l'amico di cui ci parlava?" La preoccupazione nella sua voce fu talmente tanta che mi portò istintivamente a tirarlo a me in un abbraccio, accarezzandogli i capelli come rassicurazione. Lui ricambiò immediatamente, premendo il viso contro la mia spalla.

"Non ci avrebbe chiamato così se fosse questo suo amico, ha promesso che ci avrebbe fatto decidere se fidarci o no." Mi staccai da lui, poggiando una mano sulla sua spalla e una sulla sua guancia, muovendo dolcemente il pollice su quest'ultima. "Vedrai che sarà qualcos'altro." Sforzai un sorriso rassicurante nello stesso momento in cui si apriva la botola, inondando la stanza di una luce che ci colpì gli occhi facendoci male.

"Buongiorno ragazzi, venite quassù, ho qualcosa da mostrarvi e due notizie da darvi." Ci invitò lei, con un'esuberanza e un entusiasmo incredibile nella voce, sembrava non stesse più nella pelle di mostrarci qualsiasi cosa volesse farci vedere.

Porsi una mano a Jonathan che lui accettò subito, alzandoci successivamente entrambi dalla brandina e dirigendoci al piano di sopra. Di fronte a noi, su un tavolino malconcio dello stesso legno degli altri mobili, si trovavano dei vestiti nuovi e puliti. Guardai i miei abiti e quelli del ragazzo di fianco a me, capendo la necessità di quell'acquisto: le maglie e - soprattutto - i pantaloni che stavamo indossando erano logori, in alcuni punti anche strappati, sporchi, pieni di sudore e quindi, di conseguenza, anche puzzolenti.

"Capisco la necessità di un cambio d'abiti," Dissi gentilmente, capendo benissimo il fatto che potessimo avere un odore nauseabondo, dato che non ci lavavamo da non so neanche quanti giorni. "Ma se non ci laviamo non sapremmo di certo di rose se ci cambiamo solo i vestiti." Sembrava una richiesta avventata, quasi aggressiva; in fondo, Josephine ci aveva accolto in casa, dato da mangiare, un posto sicuro in cui stare e dormire, che razza di gratitudine avrei mostrato a chiederle, in maniera anche implicita, di usare pure la doccia? Jonathan mi fece sentire il suo sostegno premendomi leggermente la mano.

"I vestiti erano la sorpresa, mentre una delle due notizie era proprio questa: al piano di sopra c'è il bagno, è l'ultima porta a destra in fondo al corridoio. Ho già preparato gli asciugamani per quando avrete finito di lavarvi." Mi rivolse un sorriso dolce e gentile, come a dirmi di non preoccuparmi del modo in cui le avevo parlato, ma di stare tranquilla. "Mentre la seconda notizia è questa." Tirò fuori da dietro la schiena delle forbici. "Preparatevi a un nuovo taglio di capelli."

Uno strano senso di nostalgia mi pervase, spingendomi ad afferrare i vestiti nuovi e a correre al piano di sopra, reprimendolo ed evitando le domande da parte di Jonathan e Josephine.

Quando arrivai in bagno ci misi veramente poco a spogliarmi e a buttarmi sotto l'acqua bollente, lasciandomi inebriare dal calore che cominciava ad assumere la mia pelle. Provai una sensazione di torpore e tranquillità, la rassicurazione cominciò a scorrermi nelle vene, nel frattempo che l'incubo avuto durante la notte, la stanchezza, la paura e le preoccupazioni finivano nello scarico insieme alla sporcizia che avevo sul corpo. Con la testa vuota e leggera come una piuma andai avanti a lavarmi, usando per tre volte lo shampoo e per due volte il bagnoschiuma. Quando fui sicura di essermi risciacquata del tutto uscii da sotto la doccia, avvolgendomi con un asciugamano abbastanza grande. Il suo tocco morbido, ma allo stesso tempo un po' ruvido, mi avvolse dolcemente nelle sue braccia donandomi un senso di casa, per cui provai una certa malinconia. Anche se contro voglia, mi rivestii abbastanza in fretta, scappando da quel senso di torpore per evitare di venirvi risucchiata, tornando al piano di sotto nella stanza in cui avevo lasciato Josephine e Jonathan. Quest'ultimo era seduto di fronte alla prima e stavano discutendo del nuovo taglio di capelli del ragazzo: i capelli biondo scuro come il grano maturo, che fino a poco fa arrivavano fino all'orecchio, adesso erano lunghi a malapena sei millimetri, degli spuntoni sulla sua testa.

"È il tuo turno porcospino." Lo presi un po' in giro, sorridendogli in maniera divertita. Lui ricambiò quel sorriso, anche se con esitazione, chiedendomi poi se stessi bene; annuii, rassicurandolo sul fatto che ero scappata solo perché, sapendo che ci saremmo tagliati i capelli, mi era tornato in mente un ricordo di casa. Lesse subito la sincerità nel mio sguardo, infatti si limitò a darmi un bacio sulla guancia, ad afferrare i vestiti nuovi e ad andare al piano di sopra. Rivolsi lo sguardo verso la signorina Murphy, che mi faceva segno di sedermi lì di fronte a lei, in modo tale da potermi tagliare i capelli. Mi avvicinai per accomodarmi sulla sedia, cominciando a piangere non appena ebbe tagliato la prima ciocca di capelli. Si fermò subito, chiedendomi preoccupata per quale motivo stessi piangendo; le spiegai che non era nessun tipo di affetto legato alla lunghezza dei miei capelli, ma a un ricordo che mi suscitava quel gesto: quello della mia nonna paterna. Le raccontai che ella era colei che da sempre tagliava i capelli di tutti in famiglia, dato il suo passato nel salone di famiglia che alla fine era finito nelle mani di mia zia. Non seppi bene perché provavo costantemente quella strana sensazione di stanchezza e debolezza, era come se una voce nella mia testa mi stesse dicendo che quello era il momento giusto per sfogarmi, perché non ce ne sarebbero stati altri molto presto.

"Aspetta qui, vado a prenderti un fazzoletto." Andò e tornò in poco tempo, ci mise a malapena cinque minuti in tutto.

Continuò il taglio di capelli, rimanendo in silenzio fino alla fine e tentando di farlo il più velocemente possibile; sapevo che lo faceva per ridurre al minimo il tempo del processo, e per questo le fui molto riconoscente.

"Grazie per tutto, non so cosa avremmo fatto senza di te." Le dissi con la gratitudine e la sincerità che traboccava dal tono di voce, voltandomi verso di lei non appena ebbe finito. "Non dev'essere facile."
"Non preoccuparti, è un piacere per me." Mi portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre io vi passavo una mano; se prima erano anche fin troppo lunghi, ora mi arrivavano a malapena all'altezza delle mento. "Non dev'essere facile tantomeno per te."

"Sei bellissima." Jonathan era appena giunto dal bagno al piano di sopra, non resistendo dal farmi un complimento. Arrossii violentemente a quelle parole, non riuscendo a trattenere un sorriso un po' imbarazzato.

"Avanti ragazzi, tornate di sotto, vi chiamerò poco prima che arrivi questo mio amico, così da poterci mettere d'accordo sul da farsi."

Non servì neanche che ci aprisse lei la botola, perché ci eravamo già avvicinati a essa, pronti a passare uno degli ultimi momenti di tranquillità a nostra disposizione.

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