Chapter 31

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Quando mi svegliai la mattina successiva, notai che Jonathan era ancora a fianco a me, che mi stava osservando con un sorriso dolce e gentile stampato sulle labbra.

"Non guardarmi, ti prego." Dissi con la voce ancora impastata dal sonno, mettendomi a sedere e sbattendo più volte gli occhi per tentare di svegliarmi.

"Sembravi proprio un angelo mentre dormivi." Anche lui si raddrizzò a sedere, spostandomi una ciocca di capelli da davanti la faccia e accarezzandomi poi la guancia.

In quel momento, anche se non seppi bene il perché, mi ritornò alla mente l'incubo della sera prima: il cuore iniziò di nuovo a pompare più forte, il respiro si fece leggermente più veloce e lo stomaco mi si attorcigliò. Lui, capendo benissimo che cosa mi stava capitando, non proferì parola, ma anzi, si alzò dalla brandina e prese un vassoio posto ai piedi delle scale, su cui riconobbi dei biscotti e due tazze di latte. Me li porse, io afferrai una manciata di biscotti e una delle due tazze; i primi erano al cioccolato, mentre l'altro era tiepido, segno che era stato scaldato già da un bel po'. Mi voltai verso l'orologio, curiosa di che ore fossero: erano appena le nove e mezza di mattina. Dopo che mi ero addormentata di nuovo non avevo più fatto sogni, era come se fossero spariti, anche se avevo sentito dire - circa un paio di anni fa - che ognuno di noi sogna tutte le notti, il fatto che non ce lo ricordiamo non implica che non sia successo.

Anche la colazione la passammo in silenzio, ognuno sulla propria brandina, divorando quei biscotti come se fossero ambrosia divina. Quando finimmo tutto, non mangiando per un pelo anche il piatto, ci furono un paio di minuti di silenzio, fino a quando Jonathan non trovò il coraggio e si alzò per sedersi di fianco a me. Mi prese con delicatezza la mano e, guardandomi negli occhi, mi chiese: "Cos'hai sognato stanotte?" Percepii immediatamente la preoccupazione nel suo tono di voce, gli occhi colmi di paura e curiosità.

"Ho sognato i miei genitori e mio fratello morti." Dissi subito, stringendo le labbra mentre mi cadeva una lacrima a causa del ricordo. "Ero sdraiata nell'aereo che stava lentamente affondando, quando ho deciso di alzarmi e guardarmi intorno." Mi passai una mano sulla faccia per asciugarmi le lacrime, tentando di mantenere ferma la voce mentre parlavo. "È lì che li ho visti, i loro corpi martoriati. Inermi. Morti." Feci un respiro profondo, tentando di calmarmi ancora di più, dato che percepivo il cuore iniziare a pulsare fin troppo velocemente. "Ho distolto lo sguardo, trattenendo a stento i conati di vomito. Dall'altra parte dell'aereo c'era Ralph, pronto a salvarmi di nuovo." Jonathan mi avvolse le spalle con un braccio, stringendomi a sé. "Sentivo che l'aereo stava affondando, vedevo l'acqua alzarsi a vista d'occhio. Sono corsa verso di lui, che mi ha afferrato un secondo prima che mi svegliassi." Cercai gli occhi di lui non appena ebbi finito di parlare, speravo di trovarvi conforto e comprensione. Dal suo sguardo, però, capii che non era qualcosa di nuovo per lui. "Anche a te capita di sognare l'incidente?" Gli domandai con un filo di voce.

"Ogni notte da quando è successo." Rispose immediatamente il ragazzo di fianco a me, distogliendo lo sguardo e puntandolo verso un punto indefinito di fronte a sé. "Non riesco a togliermi dalla mente i corpi morti di tutta quella gente tra le macerie intorno a me, quando avevo provato a cercare dei sopravvissuti. Non conoscevo nessuno, certo, quindi non potevo in alcun modo provare un dolore forte come il tuo, ma sento di essere rimasto comunque segnato nel profondo." Fece un respiro profondo anche lui, mentre notavo che gli occhi cominciavano a diventare lucidi. "È per questo che ogni tanto potevo risultare fastidioso o irascibile, perché non riuscivo a nascondere le immagini di quei sogni." Rivolse lo sguardo verso di me, la voce ferma nonostante le lacrime che gli bagnavano le guance. "Come hai fatto a superare tutto? E così in fretta poi?" Mi domandò Jonathan, guardandomi con una profonda tristezza negli occhi. "Soprattutto la morte dei tuoi genitori e di tuo fratello?"

"Non l'ho superato infatti." Gli risposi, scrollando le spalle e scuotendo la testa. "Il mio cervello non l'aveva ancora realizzato, mentre con l'incubo di stanotte sembra che tutto stia affiorando dal mio inconscio." Probabilmente gli insegnamenti di mio padre avevano funzionato fin troppo, ero diventata un blocco di ghiaccio insensibile. E se fossero state solo le circostanze? Non avevamo avuto molto tempo per fermarci e piangere i morti, possibile che quella situazione di conforto mi avesse distrutta e lasciato andare tutti i pezzi in cui ero finita?

Mi portai una mano al viso, percependo sotto ai polpastrelli l'umido che avevano lasciato le lacrime durante il loro viaggio. Nonostante ciò, la voce non si era spezzata mentre stavo parlando, e il groppo che avevo in gola non stava rischiando di soffocarmi. Il battito cardiaco era regolare, così come il respiro, e lo stomaco non mi faceva male. La vicinanza di Jonathan, il suo calore, la sua voce, ogni cosa di lui mi confortava, mi faceva sentir protetta, ed era stato così fin dall'inizio di quella strana avventura; tuttavia, in quel momento in cui ero sicura di essere salva e lontana da possibili umanoidi che avrebbero potuto uccidermi, o da scienziati che volevano studiarci, la stanchezza mi aveva assalita in una maniera tale da lasciare libero sfogo a qualsiasi sogno o incubo la mia mente avesse provato a reprimere fino a ora, garantendomi così sicurezza nell'andare avanti e nessun rimpianto su cui tornare indietro e su cui rimuginare.

Feci un respiro profondo, mi alzai dal suo petto e gli presi il volto tra le mani, avvicinando le mie labbra alle sue per chiuderle in un bacio dolce, pieno d'affetto e conforto. Lui inizialmente parve confuso, non si aspettava affatto quel gesto da parte mia; dopo un paio di secondi, però, ricambiò quel bacio, portando le mani sui miei fianchi e avvicinandomi a sé.

"Ragazzi! Sono tornata!" Ci interruppe bruscamente una voce che proveniva da sopra di noi, che io individuai subito con quella della signorina Murphy. "E ho portato una sorpresa!"

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