In fondo ci ho visto qualcosa

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In fondo ci ho visto qualcosa in tutto questo casino. Intendo non è andata così male. Sono da Cinzia. Lei mi spiega che va bene così che devo smettere di parlare male del destino che il destino non ci vuole così male in fondo non siamo messi così male. Una volta è colpa di qualcun altro. Due volte non è colpa di nessuno.Mi ricorda. Mi ricordo della prima volta. Già la prima tanti anni fa. a pioggia ci aveva perseguitato per tutta la preparazione della rapina. Corridoi male illuminati. Lì arrivo la polizia. E fini male. Mi ricordo le promesse allora. Mi ricordo che in fondo mi ritrovai dentro. Pensavo che non mi sarebbe rimasto dentro tutto questo rancore. Invece lo ricordo perfettamente. Sono con Cinzia e ci rimane solo l'idea che poi non abbiamo niente al di là dei ricordi. Ordino le stesse cose che mangio da una settimana. Lei ha quella dolcezza che non ti aspetti quella capacità di alleviare anche le situazioni più cattive e non credevo che ci sarebbe riuscita. In fondo non è semplice. Nessuno ci h chiesto dove saremo andati. Adesso penso che forse me ne starò un pò calmo. Se qua non ci vivi nemmeno ci muori. Adesso  arriva il mio amico Roberto mi dice che in fondo abbiamo la fortuna di poter fare quello che ci pare. Osserviamo il cielo. Mi dice che si prospetta una cosa nuova. Dobbiamo solo fare una cosa e se ci butta bene siamo a posto. Gli  rispondo che non mi interessa 

- Roberto, scusami, ma ora me ne voglio stare tranquillo. Non ho voglia di bruciarmi.      

- Ma per quella rapina ma figurati. Ma chi vuoi che se ne ricordi. Ora devi pensare che in fondo ti è andata di lusso. Pensa se finivi dentro.

- Sì ma c'è qualcosa che non mi torna. Qualcosa non mi sembra giusto.

- Ma stai tranquillo. La cosa importante è che ora sei tranquillo. 

- Ma se non ho nemmeno un lavoro. Figurati. Un lavoro non ce l'ha nessuno. Tu stai tranquillo.

- Boh. Non riesco ad andare avanti.

Mi spiega di cosa si tratta. Ma devo rimanere coperto. Non devo dirlo a nessuno. Mi spiega cosa devo fare.  Dobbiamo guidare un'auto a una corsa clandestina. Io non devo parlarne con nessuno. Non devo farne parola. Così dice. Ma vedremo. Vedremo come va a finire. Osservo il cielo. Ci sono nuvole viola. Mi scappa da pisciare. Credo sia che non ce la faccio più in fondo è andata così e non ci si può fare niente. Andata così. Ho paura già che tutto vada a finire male. Poi potevamo farne a meno. Intendo. Potevamo dire.   

La sera mi aspetta nel mio appartamento. L'amore è appena ad un bacio da qui. Cinzia mi dice che le bimbe stanno bene. Mi dice che stanno bene. Io mi sento un padre per niente giusto. Non riesco a visitarle come vorrei.Quando vorrei. Osservo il molo e lo stadio. Esiste un confine una linea che divide la vita che divide da quella che uccide. Non sono al massimo della forma. Le mie bimbe mi mancano. In fondo in questa linea ci sono io. Le tavole affollate, i discorsi con Cinzia, sono ricordi. I discorsi sono trascorsi. Passavamo i pomeriggi in cucina a ragionare. A volte a insultarci. Ha sempre saputo sopportarmi. Ora non stiamo più insieme ma è come se una parte di noi non possiamo separarla. Si ricorda di tutto lei, di ogni segno di ogni avvenimento, anche se non ha voglia di parlarne. Ha un sorriso, che vorrebbe dire. Oggi non ci sono dettagli che temo. Non ci sono immagini che non so dire.  Cerco un pò di fregarmene. Mi sento anche meno pesante del solito. 

Osservo i dettagli della cena appena consumata.  Le briciole per terra. la tavola a quadri rossi e bianchi. Le foto delle bambine. Ora me ne vado al molo. Me ne vado prima di sapere questa cosa della corsa clandestina che un pò mi fa paura. Un pò mi innervosisce. Mi rende un pò preoccupato. Non pensavo che avrei avuto voglia di fare altro. Faccio questa passeggiata al molo da solo. Vado a vedere se c'è un pò di pesce se abbiamo qualcosa da mangiare per domani. 

Trovo il vecchio Armando, il mio vicino di casa, che fa il pescatore con tutto il suo carico di pesca. Mi osserva con aria un pò stralunata. Mi dice se va tutto bene. Sembra che mi voglia prendere per il culo. Non riesco a capire. Non comprendo ma ho come l'impressione che sappia cosa mi è successo. Come se capisse che qualcosa è successo. In fondo mi osserva con un occhietto stralunato. Ma forse mi immagino tutto. Mi riserva un carico di pesce. Gli dico che lo pagherò la prossima volta. Mi racconta di quando andava con suo padre al largo e non si fermava. un tempo stava fuori a giornate intere. Si divertiva. Era sempre in barca. Mi spiega che stare sin barca è come vivere in maniera intensa diversa. Che io sono sempre qui a lamentarmi per pochi spiccioli. A fare il morto di fame. Il ladruncolo insomma. Mentre potrei guadagnarmi da vivere onestamente. Piano piano mi avvolge con la sua sottile cattiveria. Mi comprime. io lo lascio fare. Mi ha dato un pacco di pesce gratis. E decido che non lo pagherò mai. Così per non lasciare dubbi gli dico a quel topo che ripasso domani. Domani a pranzo. che i aspettasse. Il mare è calmo. Ora la tosse è passata. Mi viene da pensare che cucinerò il pesce anche per Cinzia. Ha detto che non porterà le bimbe, che ora sono dalla nonna. Il lungomare di ostia non finisce mai. Mi mette una sensazione che non so come descrivere. O forse lo so. Si lo so come dire. Una malinconia veramente fastidiosa. Ma ora tutto mi mette malinconia. Uno che on sa rapinare nemmeno una tabaccheria non dovrebbe nemmeno uscire di casa. 

Mi ritrovo a casa.  A pulire il pesce. Levo le lische con uno spasimo ironico. Levo tutto la testa, le lische, raschio la pelle. Il mio appartamento è così spartano. in fondo non mi potrei aspettare altro da queste mura. Mi danno sicurezza. Mi danno forza. Mi sento protetto dentro le mura del mio appartamento. Non potrei chiedere di meglio. Rimango silenzioso quasi assente. Non pensavo che sarei dovuto rimanere oltre in questa situazione. Ora osservo le mie mani invecchiate. finalmente metto tutto in forno. Un odore intendo pervade l'anima. In fondo il danno è stato doppio. La spalla che mi duole. Mi fa male. E il senso di impotenza per la rapina mancata. Mi sento una coglione non lo nego. Non lo posso negare. Mi suonano alla porta: E' Daniela vuole sincerarsi che stia bene. Che insomma non mi sia fatto troppo male. Mi chiede come mi sento. Come sto. Le dico che sto meglio di ieri. la ringrazio. La ringrazio di tutto. La osservo è molto graziosa. Quasi deliziosa in quel vestito grazioso. Poi non so nemmeno cosa dire. La sfioro appena. Appena la tocco. Sento il suo corpo appena fremere in un vuoto caldo. 

Le faccio vedere l'appartamento niente di che. Mi chiede come faccio adesso. Le dico che non lo so. Che Roberto ha un'idea ma ancora mi deve spiegare. Le dico che aspetto la mia ex moglie. Lo dico con un filo di imbarazzo. Mi sento in colpa non so nemmeno bene io per cosa. Poi rimaniamo entrambi fermi sulla monotonia del cielo. 

Deve arrivare adesso? - mi chiede con un velo di candida tristezza.

- Si' credo che arriverà fra non molto. - Non so cosa dirle. 

In fondo con la testa sono già al giorno della corsa. Non mi ricordo altro. Sono già alla corsa del domani. Sento che in fondo le cose possono anche cambiare. Se ho capito bene. Le cose possono anche cambiare. Aspetterò questa notte pensando che le cose possano cambiare. Le distanze possono cambiare. Daniel esce in fondo non abbiamo molto da dirci. Ha una luce strana negli occhi. Come se ci fosse rimasta un poco male di come mi sono sentito. Un ricordo appassito di tutto quello che rimane nel cielo. Adesso penso che in fondo poi non ci sono altre alternative. 

Aspetterò lei. Non cerco niente. intendo niente nel senso niente. 


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