Ancora non credo di capire. L'acqua scroscia nella doccia e colpisce forte la pelle. Non ho sogni per redimere la speranza. Penso a mio figlio grande. Non arrivano sensazioni. Quanto è che non lo vedo. Quanto è che non sento il suo respiro. Avevo paura che non sarebbe stato in grado e invece se ne è andato per gli affari suoi. Quasi senza dire. In fondo. In fondo non avrei creduto che avrebbe potuto fare da solo. Avevo paura che sarebbe potuto cadere. Che si poteva fare male. Tutti si fanno male. Cosa conta rialzarsi. Io non tremo. Giù nella città ripenso al vuoto. Cosa è il vuoto. Io ci navigo dentro. Il buio si avvicina. Io ci sto dentro e non mi piace che possa accadere qualcosa di diverso. Forse stanotte sto attraversando le distanze che non posso vedere. Alla paura che non possa accadere altro. Non penso di essere adeguato. La paura poi è una cicatrice che sigilla anche l'anima più pura. I miei occhi agli occhi del petrolio bruciato.Per questo smettiamo anche di farci male. Per paura di farci male. E poi anche peggio. Poi sembra anche peggio. Vecchie storie deliranti. Il ghiaccio e il silenzio. Non credo di essere un professionista. Non credo di avere le armi adeguate per lasciare che tutto questo accada. Non credo di potere farcela. E invece ce la faccio. Mi viene in mente quel vecchio palazzo di balordi non lontano dalla periferia in cui sono cresciuto. Ricordo le barbe lunghe i visi disfatti. I gesti lenti. Lentissimi. Come spasmi leggeri di morte. Sempre su quella panchina. Quasi senza parlare. Come in un falso piano di ricordi essiccati. Ci passavo tutte le mattine e tutte le mattine la stessa schifosa immobilità. Non riesco a salvarmi. E ora ci sono anche io. Ci sono anche io in queste distanza. Il peso in cui cado ogni volta senza sapermi rialzare. Mio figlio mi diceva che in fondo non faceva niente. Ostia fa schifo. Diceva così. Ostia non mi piace. Ostia è insopportabile. Ostia la odio. Ora mio figlio grande non lo vedo più e non lo sento più. In fondo vorrei sentirlo. Dove è cosa fa? Ha provato a fuggire e forse ha saputo ritrovarsi. So che lavora in quel locale credo serva ai tavoli. Ma non so altro. Non ho altre informazioni. Mi dicevano che tanto sarebbe finita così. In fondo a volerne dire male potrei dire che non ha fatto molto meglio del padre. Ma che importa. Poi va così. Che tanto finisce così per tutti. Che tanto ce n'è per tutti. Che tanto i sogni sono per chi vuole sognare. E poi basta. Non fai i miracoli. Mi guardo queste piccole cicatrice sui polsi mi viene da sorridere. Non pensavo che sarei arrivato a questo. L'acqua scorre forte. Viene giù e non ci sta niente da fare.
Penso al Freddo. Penso a come sia convinto che tutto questo possa cambiare. Come tutto possa diventare migliore. Sempre con quell'idea fissa e malsana di fare meglio. Ma non importa. In fondo non importa. Mi fanno male le mani ma soprattutto la spalla. Dove sarà Roberto. E Fabrizio. Ora comprendo come sia tutto così banale. Così idiota. In fondo non può essere che così. Non può che essere questo il senso. Non ho voglia di sprecare parole. Non ho voglio di adottare strategie. Sono stanco. In fondo sento che anche questa è andata. Mi osservo gli occhi stanchi, affossati. Non credevo che mi sarei sentito così devastato. E' il prezzo per sentirsi vivo. Non si può fuggire da proprio destino. Non si può essere così presuntuosi per potersi sentire superiori a tutto. LA soddisfazione di non doversi confrontare con gli altri. Eppure mi sento di merda. In fondo questo non importa. In fondo importa il giusto. Sono devastato e non riesco ad immaginare altro che questa linea sottile che sembra non profferire altro spazio che l'ingiusta miseria del cuore.
Non ci sono spazi limite. Non ci sono limiti di spazio. Sono in macchina. Sono in gara. La cosa mi fa quasi ridere. Sto andando a cento cinquanta all'ora su uno stradone stretto e rettilineo. Davanti a me vedo solo il cielo e il vento. Vorrei ciò che mi spetta. Vado rapido, uno scroscio sulla luna su una luna che non c'è. Non ho tempo di attendere. Non ho tempo per reprimere il tempo. Non ci sono attese. Vado veloce. Ho accanto a me Daniela che mi dice di accelerare. Di andare più veloce. Vedo una luce strana nei suoi occhi. Come se mi dicesse che tutto questo non ha senso. Non h tempo per pensare. Per accostare i pensieri. Cosa sta succedendo. Mi sento freddo. Tutto a un tratto mi sento freddo. L'altra auto è una Peugeot. Una macchina che si muove rapida. Sembra più veloce di me. Non credevo. non ho tempo per accostare i pensieri. Per metterli in fila intendo. Per rassettare le idee. Mi sento ancora più solo in macchina. Non ho da pensare ad altro che a me stesso. Da una parte scorre l'adrenalina. Dall'altra una calma apparente. Una strana incapacità di mettere a fuoco la mia impazienza. Per un attimo osservo lo specchietto retrovisore e vedo i miei occhi stanchi. La mia incapacità di stare bene. Vedo la mia stanchezza e la mia inquietudine. Ci sono. Sono qui. Sono lanciato su questo stradone nella sera.Non ho voglia di stare freddo. Con i sogni. Allora provo a riflettere. Provo a mettere a fuoco i pensieri. A non avere paura. Ma non serve avere paura. Non serve temere. Serve andare avanti. Senti il rumore del mare. Senti come tutto sembra correre. Sembra afferrare le speranze. In fondo siamo qui per questo. Non per altro. Il cielo scorre rapido. Non vorrei fare altro. Non vorrei strappare altri sogni neri. Cosa importa. Penso a cosa fare adesso. Scalo rapido le marce. Vado e riavvolgo le immagini. Come se ci fosse follia in tutto questo. E in tutto questo sento a frenesia. Sento crescere la paura. Salto rapido in balzi di forza. Sono in tutto questo. Ripenso al sorriso di Cinzia. Di come poi mi sia entrata dentro. Non ho tempo per rassegnarmi. Vado veloce e sento cosa mi dice il cuore. Cosa mi dice la testa. In fondo va anche bene così. Non ho modo di credere che ci possa essere altro. Fa male ma adesso devo arrivare. Non importa come. La Peugeot è dietro. Sfreccio per primo, vinco. Non ho che il cuore. Il cuore davanti. Penso a mio figlio grande a quanto è che non lo vedo. Non mo so da quanto non lo vedo. Se fosse qui, sarebbe orgoglioso. Sarebbe orgoglioso di me. Ne sono certo. Poi il tempo mi rasserena. Fermo la macchina. Scendo piano. Cerco con lo sguardo qualcuno di familiare. Cerco e non trovo.
Il Freddo è là ad attendermi. Stipula un'idea. Non vuole dire altro che strane cose. In fondo non ha voglia di redimere il concetto di forza, di piegare la ragione all'ottusità della logica. Mi si avvicina. Mi dice che lo sapeva che ce l'avrei fatta. Dice cose così. Si chiede che poi senza ragione. Che in fondo è andata bene. Che sono sempre i che mi svaluto. Che non riesco a vedere il lato buono delle cose. Mi osserva in un suo modo. Mi dice che poi non avrebbe voglia che di questo. DI vedermi sereno. Mi da la cifra pattuita. Mi sembra strano. Mi sembra di attenuare la mia cifra di balordo. Il Freddo sorride poi sembra per un attimo mettere a nudo la mia solitudine. Le parole scorrono accanto alle nostre insofferenze. Osservo le onde del mare. Mi sembra di essere portato via lontano. In un punto imprecisato dove dover rientrare. Dove nn avere altri spazi che la mia imprecisione. Mi sembra di essere lontano da tutto. Mi sembra di stare fuori. Il cielo si tinge di onde fredde. Avrei voglia di chiamarmi fuori da tutto questo. In fondo non ho parole per descrivere questa sensazione. Arrivano tutti i ragazzi del bar. Mi prendono in giro. Mi lasciano andare piano.
Sono fuori nella notte. Tutto sembra silenzio in questo viale di periferia, in questo presagio di redenzione. Questa città mi appartiene. Per come mi è estranea. Vedo un'insegna colorata. E'il bar dove vado di solito. Non mi piace perdermi. Entro quasi senza parlare. Forse ho solo voglia di bere qualcosa. Di lasciarmi andare. Vedo la ragazza del bar, che mi osserva. In fondo non fa nulla. Solo i suoi sguardi. Mi guarda. Mi osserva e non dice niente. Vorrei mettermi a urlare. Lasciare perdere tutto. Ma non cambierebbe nulla. Mi sento in trappola. In fondo la solitudine è un arma potente. In fondo sono sempre più parte di questo ambiente di sotterfugi. In fondo ci sto cadendo dentro non so ripredendermi. Questi volti mi ossessionano. Sono stanco di pentirmi di quello che ho desiderato. Ci sto scivolando dentro senza sapermi mettere a lato. Senza sapermi fare da parte. Sono stanco di tutto questo. Conto e riconto il mio denaro. Ne ho fatti tanti, come non ne avevo mai visti. Ma poi a che serve. Osservo gli altri e vedo che in fondo ci sarebbe dovuto essere spazio anche per me. Invece non esisto. Costretto a seguire gli sguardi degli altri. Arriva il mio amico pescatore Armando. Gli devo ancora dei soldi. Ha una faccia che non saprei dire. Ma anche stavolta non gli darò un bel nulla. Sembra più distratto del solito. Meno sereno. Mi osserva e ride. Dice che ho vinto una bella cifra. Una bella cifra davvero. Che me la sono meritata. Osservo i suoi denti ingialliti. Sembra più brutto del solito. Il suo sguardo rattrappito. La vita gli è passata veloce. L'ha tramortito. E lui non ha vinto. Lo sento schiantato. Fermo. Come se poi ci potesse essere una rivincita. Osservo la ragazza del bancone. Mi fa una strana tenerezza. Mi dice che fra poco chiudono, che domani se voglio posso tornare. Sento il rumore del biliardo in lontananza. Una sinfonia di umori depressi. Non ho nemmeno voglia di tornarmene a casa. Uno del biliardo mi chiede se voglio giocare alla goriziana con lui. Gli dico domani che ripasso domani. Sento che quasi ci rimane male. Poi un fondo non gliene frega un cazzo. E mi sento scivolare una sensazione di indifferenza.
Questo tempo mi lascia senza parole. E'un tempo che mi lascia senza spazi. Senza parole. Vorrei innamorarmi. Avere qualcuno o qualcosa da amare. Stare bene. Vorrei essere quello che non sono affatto. Sono qui al parco da solo. Vedo gli occhi di quella Signora. Sembra indifesa. Sembra messa male come me. Sembra non avere possibilità nemmeno lei. Oggi non c'è nessuno al parco. E anche io sono solo. Mi ha detto il Freddo di tenermi pronto. Pronto per cosa. Di stare in campana. Perché dovrò fare l'autista. Dovrò fare una cosa importante. Gli ho detto che non voglio sorprese. Che voglio fare una cosa pulita. Mi ha detto che sarà una cosa sicura che non devo temere di nulla. Poi potrei almeno entrare dentro queste idee. Potrei almeno starci. Potrei almeno sapere perché siamo qui. In fondo non ho niente da perdere perché ho già perso.