Capitolo 2

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Mi ero innamorato di un passante.
Non sapevo come io fossi arrivato a tale conclusione. Ero certo solamente che fosse la verità, nonostante io non me ne capacitassi.

Non ero solito innamorarmi così facilmente di qualcuno.
Solo una volta, prima d'ora, avevo amato una persona. Quella era mia madre, rimasta al mio fianco fino ai miei sedici anni e morta per una qualche misteriosa malattia senza cura.
L'unica persona che avessi mai amato mi era stata strappata via, senza preavviso, nel giro di poco tempo e io avevo potuto solo abituarmi all'idea che lei non ci sarebbe stata più da un momento all'altro.

Dopo la sua morte, decisi di vivere da solo, continuare gli studi e responsabilizzarmi il prima possibile e con le mie sole forze.
Era difficile trovare un appartamento da poter mantenere, per cui, mi ritenni molto fortunato ad aver vicino una persona come Jimin che, una volta saputa la mia situazione, non ci pensò due volte e lasciò anch'egli casa sua e i suoi genitori, condividendo con me lo stesso ambiente e dividendoci l'affitto, che riuscivamo a pagare grazie a lavori part-time che entrambi portavamo avanti dopo la scuola.

Io lavoravo in un piccolo negozio di abbigliamento situato in centro, mentre Jimin faceva il cameriere in un bar, non molto distante dalla scuola che entrambi frequentavamo.
Non potevamo di certo dire di passarcela male, facendo entrambi sacrifici eravamo riusciti a comprare tutto l'arredamento e riuscivamo benissimo a pagare anche le spese che la scuola richiedeva.
Conducevamo insomma una vita semplice ma felice.

Appunto per questa mia vita soddisfacente, pensavo di non aver bisogno di altro amore. Pensavo che sarebbe stato inutile voler aggiungere gioia a quella già in mio possesso e ancora più ridicolo pretendere sempre e solo felicità, quando sapevo benissimo che prima o poi avrei sofferto anche io.
Pensavo che non valesse la pena innamorarsi, che fosse solamente qualcosa di superfluo e che poi ci fossero delle conseguenze inevitabili, come il dolore.
Però, a quanto pare, non era quello che la vita aveva in serbo per me.

In quel momento, quando vidi per la prima volta quel passante, il mio cuore perse un battito e mille scariche di brividi si fecero strada in tutto il mio corpo.
Lì capii finalmente cosa la gente intendesse per 'colpo di fulmine';
Era come se veramente un fulmine a ciel sereno si fosse scatenato nel mio corpo, dando il via a tante reazioni a catena, che portarono inevitabilmente alla mia attuale situazione.

Dopo tante riflessioni, costatai che volevo cercare quel passante, non mi importava come, semplicemente dovevo cercarlo.
In quel momento, non pensai neanche a cosa fare una volta trovato.
Mi avrebbe sicuramente preso per pazzo se gli avessi raccontato la verità, ma non mi importava, l'avrei conquistato passo dopo passo.

Quella notte, con mia grande sorpresa, riuscii ad addormentarmi, facendo solo sogni rasserenanti e quello mi fece convincere sempre di più che, quella che stavo percorrendo, fosse la via giusta.
Mi risvegliai con il sorriso sulle labbra e andai in fretta in cucina per comunicare la mia decisione al mio migliore amico.
Inizialmente, Jimin rimase molto perplesso. Pensava ancora che la mia fosse solo un'attrazione passeggera, come quelle che si hanno quando si vedono dei bei attori in televisione.
Ma così non era, io affermai fermamente che quello fosse vero amore e lui si fece improvvisamente serio, capendo la mia affermazione e incoraggiandomi a trovare quel ragazzo, nonostante fosse solamente un passante e non sapessi assolutamente nulla di lui.

Come punto di partenza avevo solo la fotografia di Jimin, ma anch'ella non dava molte informazioni. Il ragazzino non indossava una divisa della scuola, ma ero sicuro fosse uno studente.
Per cui, pensai che fosse una buona idea fare un giro vicino alle scuole nella zona in cui la foto era stata scattata, sperando di avere la fortuna di incontrarlo nei pressi di una di queste.

Per una settimana intera, dopo le lezioni e prima del lavoro part-time, mi recavo quotidianamente in una o due scuole e attendevo l'uscita dei ragazzi dalle lezioni di doposcuola.
È scontato dire che fu tutto inutile, nonostante la mia attenzione fosse davvero tanto alta, non riuscii mai a scorgere il volto del castano a cui ero interessato.

Mentre tornavo a casa da una delle mie 'spedizioni', mi misi a pensare un po' alla situazione e una risata mi nacque spontanea.
Mi definivo una persona ridicola.
Era ridicolo innamorarsi di una persona tramite una semplice fotografia, per una semplice coincidenza, eppure era successo.
Non potevo fare nulla a riguardo e neanche ne avevo intenzione.
Sapevo di essere ridicolo e patetico ma infondo mi rendeva felice;
Finalmente avevo uno scopo, un qualcosa per cui poter lottare veramente.

Volevo a tutti i costi trovare quel ragazzo e non mi importava l'opinione di altri.
Chi non mi conosceva poteva benissimo definirmi un illuso nel pensare di riuscire a trovare quel passante, ma io non avrei dato retta a nessuno.
L'avrei cercato e trovato, da solo, come sempre.
Forse sbagliavo a far affidamento solo sulle mie forze, forse avrei dovuto accettare l'aiuto di chi me lo aveva offerto e forse avrei avuto più possibilità di farcela.
Ma in quel momento non mi importava e mettevo questi pensieri da parte, sicuro del fatto che una volta trovato quel ragazzo, non sarei più stato solo.
In poco, era diventato tutto ciò che volevo.

Continuavo a mettere da parte dei soldi per poter pagare dei taxi e andare sempre più lontano, con la speranza di trovarlo.
La ricerca era dura, credetti molte volte che le mie gambe cedessero dalla stanchezza e pensai molto spesso di abbandonare l'impresa, ma non lo feci. Continuai per la mia strada, nonostante fosse come un sentiero scosceso e pieno di insidie, con difficoltà ad ogni angolo.
Il mio desiderio era così tanto forte, che non mi resi neanche conto di cosa stesse succedendo in quel momento, proprio sotto il mio naso.

Tornai a casa dopo l'ennesimo giorno di ricerche, triste e sconsolato.
Amareggiato dall'ennesima sconfitta e stanco più che mai, decisi di andare a letto ma, una volta che ebbi chiuso gli occhi, incubi si riversarono senza pietà nella mia mente, portando a quest'ultima i pensieri peggiori che potesse mai fare.

Il mattino seguente, venni svegliato dalle forti grida del mio coinquilino.
«Taehyung svegliati!» Urlava mentre scuoteva prepotentemente il mio corpo dormiente.
«Sono sveglio, sono sveglio Jimin! Cosa c'è?»
«So come si chiama!» Esclamò lui, continuando sempre di più a darmi fastidio.
Io all'inizio rimasi alquanto perplesso da quell'affermazione, ma poi capii.
Stava parlando del mio passante.
«Come hai fatto a scoprirlo?!» Urlai in risposta io, alzandomi prontamente dal letto.
«Ho chiesto a Yoongi se per caso ne sapesse qualcosa e lui mi ha detto di essersi scontrato per sbaglio con lui in una caffettiera, aveva indosso la sua divisa e non ci crederai mai ma viene nella nostra stessa scuola!»
«C-COSA?!» Alzai ancora il mio tono di voce, sempre più esterrefatto e felice dagli avvenimenti che si stavano verificando.
«Hai capito bene amico! Ora torno in camera mia» disse fiero Jimin e io lo bloccai immediatamente.
«Aspetta Chim!»
«Uhm, che c'è?»
«Non mi hai detto come si chiama»
«Ah, giusto. Si chiama Jeon Jungkook!» Rispose imbarazzato lui, lasciando finalmente la stanza.
Io mi ributtai sul comodo materasso e un sorriso mi nacque spontaneo sul volto.
«Ti troverò, Jungkook»

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