Capitolo 5

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Le ore passavano, le lacrime sgorgavano e i ricordi riaffioravano.
Parlare con Seokjin mi faceva capire sempre di più quanto io fossi stato cieco per tutti questi anni, passati a rompere il più possibile il legame con la mia famiglia, senza accorgermi delle sofferenze che avevo causato ad uno dei suoi membri.

Non potevo immaginare cosa avesse passato da quando io avevo lasciato quella casa, e delle angherie che i due coniugi facevano continuamente passare a mio fratello.
E non prendetemi per ipocrita se lo chiamavo finalmente in quel modo. Mi consideravo anch'io tale all'inizio, ma volevo dar voce solo ai miei sentimenti poiché ,in quel periodo, erano tutto ciò su cui facevo affidamento e che mi rendevano felice.

«Papà è diventato sempre più violento, da quando te ne sei andato. Ha dato tutta la colpa a tua mamma se sei cresciuto con questa 'malattia'. Davvero non so cosa mi farebbe, se scoprisse che anche io sono omosessuale» mi raccontò Seokjin.
«Non deve scoprirlo hyung!»
«Lo so TaeTae, ma credo sia arrivato il momento di essere sincero»
«Aspetta ancora un po', ti prego Seokjin-hyung, troverò una soluzione!»
«Non ti preoccupare, avevo comunque intenzione di aspettare un po'»
«Sai che potrebbe cacciarti» gli dissi io.
«Mi minaccia già»
«È orribile hyung!»
«Già, però io riesco a sopportare. Oramai non riconosco neanche mia madre. È diventata una persona cattiva. Vorrei andarmene il prima possibile»

«Sai almeno dove andare?»
«Namjoon è disposto ad ospitarmi. I suoi genitori non si oppongono alla nostra relazione e mi trattano con gentilezza ogni volta che mi vedono. Potrei anche aiutare in casa. Non so se lo sai, ma sono un ottimo cuoco» dichiarò con aria soddisfatta.
«Ah si? Ah hyung come ti invidio, io sono pessimo in cucina e nel mio appartamento neanche il mio coinquilino eccelle.»
«Allora verrò a cucinare per voi il prima possibile! Sempre che papà me lo permetta...»
«Sei adulto oramai! Dimostra i tuoi ventuno anni!» Dissi alzandomi dal divano, con tono leggermente adirato.
«Questo è nulla Tae...
Se solo fossi a conoscenza di tutto quello che mi ha f-fatto» cercò di spiegarmi, iniziando a singhiozzare.
«Non piangere Seokjin, altrimenti mi m-metto a p-piangere p-pu-pure i-io»
E fu così che entrambi ci abbracciammo, scoppiando a piangere.

«M-mi dispiace hyung, non pensavo che te la passassi così male» Chiesi scusa io, asciugandomi le poche lacrime rimaste a bagnare il mio volto.
«Non pensiamoci più Taehyung. Dai, ora torna a casa. Mamma e papà saranno qui fra poco e non credo che sarebbero felicissimi di vederti. Verrò a trovarti più avanti»
«Promettimi che mi manderai dei messaggi durante la settimana»
«D'accordo, ma ora va» disse Seokjin, abbracciandomi nuovamente, prima che io me ne andassi e abbandonassi, una volta per tutte, quella casa.
Ero sicuro che, da quel momento, avrei avuto mio fratello dalla mia parte e io lo avrei difeso, a qualunque costo.
Non avrei più permesso che mio padre lo minacciasse e gli dicesse che, nel caso in cui si rivelasse anche lui come suo fratello minore, lo avrebbe cacciato brutalmente via di casa, dopo averlo picchiato e fatto soffrire nuovamente.

Non riuscivo a smettere di pensare al mio hyung e a tutto quello a cui doveva fare attenzione, per trattenere l'ira di quei suoi 'genitori'.
Avrei fatto qualsiasi cosa pur di vederlo finalmente felice e stavo già ingegnando qualcosa nella mia mente. Nonostante fossero solo delle piccole bozze, in attesa di qualche perfezionamento, che non sarebbe tardato ad arrivare, data la mia mente sempre attiva. Pensavo a quanto fosse fortunato questo Namjoon-hyung ad avere una famiglia, che ti accetta e che ti ama. Io e Seokjin sfortunatamente non avevamo mai avuto questa fortuna ma comunque entrambi, anche se in modi diversi, continuavamo ad andare avanti e a resistere, in attesa di un qualche sollievo. Io quel sollievo lo avevo trovato una volta trasferito, mentre mio fratello lo aspettava ancora. Fortunatamente per lui, quel momento stava arrivando ed era sempre più vicino.

Continuai a camminare per un paio d'ore e isolati, fino a quando decisi di riposare le gambe, sedendomi in una panchina di un parco nelle vicinanze.
Sospirai rumorosamente e chiusi gli occhi, cercando di trovare un po' di pace e di riordinare le idee.
Qualsiasi pensiero io volessi intraprendere però, mi portava sempre e comunque al mio passante.
Quel ragazzo mi stava mandando il cervello in tilt;
Ogni volta che provavo a sgarbugliare quel caos che era la mia vita da quando mi ero innamorato, riuscivo solo a complicare la situazione e a peggiorare la mia emotività.

Chiusi gli occhi e buttai la testa all'indietro, sospirando per l'ennesima volta.
Riaprii gli occhi, mantenendo sempre la stessa strana posizione e fu lì che notai qualcosa di insolito.
Un ragazzo era seduto su un grosso ramo, poco lontano dalla panchina sulla quale sedevo io, ed era intento a salire sempre di più su quell'imponente albero.
Io non mi mossi e continuai ad osservare sottecchi quell'individuo, di cui non ero riuscito ad identificarne il volto.
Stetti a guardarlo per circa dieci minuti fino a quando vidi il ragazzo fare un passo falso e scivolare, cadendo pesantemente sull'umido prato.

Io mi alzai di scatto dalla panchina, evitando comunque di farmi notare.
Ero sul punto di correre verso di lui quando quest'ultimo si alzò, massaggiandosi la zona lombare.
Continuava però a darmi le spalle e la mia voglia di fare la sua conoscenza aumentava sempre di più.
Di solito, non mi sarei fatto scrupoli e sarei andato subito a parargli, ma quella volta qualcosa mi bloccava.
Non sapevo cosa fosse, semplicemente rimasi lì ad osservare.

Mi voltai di scatto quando lo vidi avvicinarsi improvvisamente a me.
Io cercai di fare finta di nulla, sedendomi normalmente sulla panchina e guardando in qua e in là, dandogli sempre le spalle.
Dopo qualche secondo, sentii i suoi passi cessare e foglie fruscianti cadere su di me, segno che il ragazzo era salito sull'albero proprio al mio fianco, senza comunque rendersi conto della mia presenza.

Io alzai cautamente lo sguardo e lo vidi strappare le verdi foglie dai rami vicino a lui.
All'improvviso smise di compiere quell'azione e chiuse gli occhi, emettendo un leggero sospiro. Io ero praticamente incantato da quella visione così fresca e giovane, che mi ricordava la mia gioiosa vita, prima della morte di mia madre.
Ero davvero affascinato da quella situazione di quiete che circondava quel ragazzo, al punto che decisi anch'io di chiudere gli occhi e rilassarmi.

«Oh, sono uno stupido!» sentii dire ad un certo punto, intuendo immediatamente che fosse stato il ragazzo sull'albero a parlare.
«Sono uno stupido! È chiaro che non mi amerà mai! Come potrebbe amare un ragazzo?! Non è sicuramente gay.» Continuò lui e io mi ritrovai molto vicino a quelle sue parole, così rimasi ancora ad ascoltare con discrezione.
«Lo amo così tanto! Però non mi noterà mai! Andiamo, io sono più piccolo e molto meno bello di lui! È così affascinante...»

Più quel ragazzo parlava, più io avrei tanto voluto dirgli che comprendevo i suoi problemi.
«Ah~! Non ce la faccio più! Al diavolo tutto...» disse, scendendo dal ramo e incamminandosi verso l'uscita del parco.
Una volta che fu abbastanza lontano io scoppiai in una grassa risata, ma il mio sorriso si spense quando le mie orecchie udirono l'ultimo incredibile urlo del ragazzo:
«AL DIAVOLO KIM TAEHYUNG»

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