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Ermal sapeva che tutto sarebbe andato storto, se lo sentiva.
Già il solo pensiero di infrangere le regole gli dava il voltastomaco, figuriamoci passare una serata con Fabrizio, l'uomo che, in qualche modo, gli aveva rivoluzionato la vita.
Se devo fingere, voglio almeno farlo bene, pensò, quindi stette tutto il pomeriggio in camera.
Una volta sera, si fece una doccia, si lavò e si vestì in fretta.
Come previsto, verso sera Marco lo chiamò.
Pareva piuttosto preoccupato della salute dell'amico, il poverino, tanto che si offrì di venire in camera sua a dargli una mano.
Ermal ovviamente rifiutò e, man mano che il sole tramontava, camminava su e giù per la stanza poiché era ansioso per l'arrivo del romano.

Alle 20 e 30, si sentì bussare alla porta.
"Ermal? So' Fabrizio."
Prima di aprire, si guardò allo specchio e si sistemò i capelli.

Fabrizio era incredibilmente bellissimo.
Indossava una giacca blu, con una camicia alquanto sbottonata che lasciava intravedere i suoi pettorali.
"Ciao Fabrì."
"Dove andiamo?"
"Non so, se vuoi restiamo qui."
"Va bene, tanto stamo influenzati, no?"
Ermal non riuscì a trattenere qualche risatina.
"Già, più o meno."

Si sedettero sul letto, chiacchierando animatamente, parlando delle loro vite, dei loro primi amori, di musica.
Tutte cose che Ermal sapeva già bene.

"Quindi tu nun sei italiano?"
"Ho origini albanesi. Sono qui in Italia da una vita ormai, avevo 13 anni quando sono arrivato con la mia famiglia."
"Io invece so' romano de Roma, sono nato in un quartiere di periferia, dove è nata la mia passione per la musica."
"A proposito, non mi hai detto come si chiama la tua canzone."
"Portami via. La tua?"
"Vietato morire."
"E a chi è dedicata? La mia a mia figlia Anita, l'amore della mia vita."
"In realtà è dedicata a me stesso."
"A te stesso?"
"Sì, è un incitamento ad andare avanti."
"Perché?"
Perché ho perso te, voleva dire.

"Perché...Mio padre mi picchiava."
"Ed è per questo che...Sei arrivato qui, in Italia?"
"Esatto."
"Devi aver avuto un'infanzia terribile, d'altronde un padre dovrebbe essere un punto di riferimento, non l'orco delle favole."
"Hai ragione."

E d'improvviso iniziò a piangere.
Non se ne accorse fino a quando sentì gli occhi pizzicare.
Si vergognava di se stesso, voleva scappare e non tornare più, stava piangendo davanti a Fabrizio!
Il moro l'avrebbe reputato un uomo fragile, che piangeva per ogni minima cosa.

Quando si calmò, il romano lo abbracciò.
Ermal si sentiva a casa tra le sue braccia.
Perché casa non è il luogo in cui vivi: casa è dove stai bene, dove ti senti protetto, dove ti senti forte.
E lui in fondo lo sapeva, che quando l'avrebbe abbracciato si sarebbe sentito a casa.

Quando si staccarono, erano vicinissimi.
Ermal voleva fiondarsi sulle sue labbra, ma qualcosa lo tratteneva.
Era felice in quel momento, finalmente era insieme a Fabrizio.
La sua felicità, però durò poco, perché si sentì bussare alla porta.
Una, due, tre volte.

"Ermal! Puoi aprire? Sono Francesco!"





Perché ti voglio bene veramente
E non esiste un luogo dove non mi torni in mente
Avrei voluto averti veramente
E non sentirmi dire che non posso farci niente
Ti ho voluto bene veramente, Marco Mengoni

• Il capolavoro • Metamoro 🌹Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora