9) Dall'inferno

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* Attenzione: questo capitolo contiene scene molto crude e molto forti, si parla di abuso e violenza. Non troverete la descrizione di uno stupro, perché non amo descrivere certe cose e, come credo tutti abbiate capito, Claire comunque è ancora vergine... ma, come ha detto lei stessa, "lui mi ha profanata in un milione di modi diversi"... perché, a volte, ci sono cose peggiori, di una violenza sessuale... io vi ho avvisate, mi sembrava corretto farlo... poi sarete voi a decidere se proseguire o meno nella lettura... il linguaggio, ovviamente, sarà parecchio scurrile, e Fabrizio questa volta non c'entra nulla... purtroppo... *

Claire's POV 

Isole Scilly, Cornovaglia

Una settimana prima

Alzai lo sguardo sull'orologio a muro del salotto. Le diciannove e trenta. Carl stava per tornare a casa, dopo aver trascorso il pomeriggio al club, insieme ai suoi colleghi e soci in affari, gli stessi con cui anche mio padre trascorreva il suo tempo libero e non, quando era ancora in vita.

Mi alzai dal divano e camminai fino all'ingresso, controllando la mia immagine riflessa. I miei occhi sembravano più grandi del solito; le pupille leggermente dilatate, indicavano che ero spaventata. Molto spaventata.

Carl mi picchiava da settimane, ma non mi aveva mai messo veramente le mani addosso, non fino alla sera precedente, quando mi aveva costretta a baciarlo. Io non volevo farlo, ma lui mi aveva messo una mano attorno al collo, sbattendomi con forza contro al muro, e facendomi aprire la bocca con la forza. 

Era stato orribile.

Orribile e disgustoso.

E poi, mi aveva preso le mani, portandosele lì. 

E mentre stringeva la presa sul mio collo, adesso pieno di lividi che avevo coperto alla bell'e meglio col fondotinta, mi aveva obbligato a toccarlo, anche se attraverso i pantaloni.

Avevo pianto. Avevo gridato. Ma non era servito a niente.

Si era fermato solo quando era venuto, con un rantolo che mi aveva fatto rivoltare lo stomaco.

Allora mi aveva lasciata andare, così bruscamente che ero caduta a terra.

- Non è stato poi così male. Ma puoi fare di meglio. E lo farai, piccola puttana. Ti giuro che lo farai.

Poi era uscito di nuovo, diretto chissà dove, lasciandomi rannicchiata sul pavimento, troppo sconvolta persino per piangere.

Non lo avevo più visto, ma adesso stava per tornare a casa.

Avrebbe ricominciato. Lo sapevo. Avrebbe fatto di peggio.

Perché i miei genitori mi avevano affidata a quest'essere ripugnante?

Avrei preferito mendicare per strada, piuttosto che rimanere lì con lui un momento di più. Ma mi avrebbe cercata. Mi avrebbe trovata. E quanto lontano sarei potuta andare, con dieci sterline in tasca?

Portai i capelli su un lato, con le mani che tremavano, per coprire il mio collo martoriato. Non sopportavo di vedere quei lividi. Erano i segni della mia debolezza. Della mia stupidità. Della mia colpa.

Perché doveva essere colpa mia, non c'erano altre spiegazioni per quello che lui mi stava facendo. Forse, involontariamente, gli avevo lasciato credere che lui mi piacesse, che provassi qualcosa nei suoi confronti.

Sentii il motore di una macchina che si avvicinava.

Carl era tornato.

E io ero di nuovo all'inferno.

La scuola dell'amore {Attualmente sospesa}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora