Niall

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Se c'era una cosa che la gente non avrebbe mai detto di me era che io, Niall James Horan, odiavo stare solo. Beh, data la mia riservatezza sarebbe stato più che lecito pensare che apprezzavo la solitudine, ma no, questo era un dato di fatto che non sarei mai riuscito a cambiare: io odiavo stare da solo. Andare a vivere a Londra quasi dieci anni prima, staccandomi dalla mia famiglia, aveva comportato infatti una malinconia un po' malata e anche se cercavo sempre di nascondere il problema, ancora allora non mi ero abituato del tutto. Ecco perché tutte le volte in cui ero a Londra i miei cugini passavano più tempo in casa mia che nelle loro. Ecco perché quando stavo a Los Angeles cercavo sempre di riempire la mia villa di amici. Ecco perché quando nessuno poteva tenermi compagnia lasciavo sempre il televisore acceso, così da impegnare la mia mente con lo sport e da lasciare un sottofondo che mi faceva sentire meno solo.
Bene, di certo sapevo già in partenza che durante quel weekend ad LA il mero calcio entusiasmante non avrebbe funzionato. Mully mi aveva abbandonato per una cena con una donna, gli altri sembravano essere spariti nel nulla.
Ma poi mi ero ricordato di aver scortesemente ignorato il messaggio di Shawn Mendes in cui mi chiedeva di andare a prendere qualcosa da bere e stavo iniziando veramente a farci un pensierino. Effettivamente non vedevo quel ragazzino da un po' e mi mancava come l'aria. Ero pronto a scusarmi e ad organizzare un'uscita, ma prima che potessi farlo, una nuova notifica sul mio telefono cambiò ulteriormente i miei piani. Julia Michaels voleva passare del tempo con me, ma non stava perfettamente bene da voler andare in giro per la città. Cose da donne, voglio solo Niall Horan e del gelato. Messaggio che mi fece sorridere come un demente.
E fu proprio in quel momento che mi venne un'idea davvero carina, che avrebbe risolto i problemi di tutti. Tre piccioni con un fava.
Creai un gruppo con i due diretti interessati e senza chiedere conferme scrissi: Pigiama Party a Villa Horan, il padrone di casa offre gelato per la nostra donzella, pop-corn e calcio per il sottoscritto e gin tonic per il piccolo vatusso, con tanto di cena a base di pizza e letti con lenzuola che profumano di violette. Vi aspetto alle sei. Con amore, Niall.
E a quel punto eccomi lì, appena uscito dalla doccia, in attesa che sopraggiungessero i miei ospiti. Forse ero un po' in ritardo, visto che mancavano cinque minuti alle sei, ma andava bene lo stesso. Sapevo perfettamente che anche gli altri due cantanti erano dei ritardatari cronici.
Fatto che ovviamente quel venerdì sera risultò errato, visto che il citofono suonò non appena avevo fatto in tempo ad indossare i boxer. Andai all'ingresso mentre mi mettevo dei pantaloni della tuta grigi e comodi, molto simili ad un pigiama, e mi resi conto dal display delle telecamere che fuori dal mio portone c'era l'auto di Shawn. E al suo interno, oltre al guidatore, c'era la biondina bassa e vispa. Evidentemente il ragazzo doveva essere andato a prenderla direttamente a casa. E nessuno dei due aveva perso tempo per raggiungere puntuali la mia villa.
Socchiusi la porta di ingresso e sibilai per la ventata fredda che entrò dall'esterno e che mi gelò i piedi nudi.
Mi allontanai un po', aspettando che i due percorressero il vialetto e nel mentre mi scrollai i capelli bagnati con l'asciugamano che avevo intorno al collo.
«Diamine, che accoglienza...» la voce di Shawn arrivò chiara alle mie orecchie, così come il mugolio di Julia, anche se non riuscivo a vederli a causa del tessuto bianco che avevo davanti alla faccia.
Abbassai l'asciugamano e mi trovai quattro occhi, due chiari e due scuri ma entrambi i paia famelici, che mi scorrevano addosso, scrutandomi per bene. Potevo giurare che entrambi stessero leggendo la scritta Calvin Klein dei boxer bianchi, visibile a causa della tuta scivolatami intorno alla vita.
Ridacchiai e li guardai a mia volta. Julia indossava la sua mantella in stile cupcake, dalla quale si vedevano spuntare dei pantaloni di un fucsia fin troppo acceso. Shawn aveva i jeans, ma una felpona probabilmente di due taglie più grandi della sua. «Scusate, mi sono dilungato in doccia. Accomodatevi e fate come se foste a casa vostra.»
«Vestiti, idiota.»
E io scoppiai a ridere, correndo su per le scale ed esclamando: «Ciao anche a te, mia piccola Michaels.»
E fu proprio in quel momento, con i due al piano di sotto che decisi effettivamente come sarebbe dovuta andare la serata. E magari come sarebbe dovuta finire. D'accordo ero un gran bastardo, perché avevo quei pensieri da quando li conoscevo entrambi, ma adesso era sicuramente il momento adatto per ottenere ciò che volevo.
Infilai la prima felpa che trovai e con il phon in mano scesi al piano di sotto, dove gli altri due cantanti avevano già preso possesso del mio divano.
Entrambi si voltarono verso di me e Julia non disse una parola quando le porsi l'oggetto che avevo in mano. Lei sollevò gli occhi al cielo prima di ridacchiare e alzarsi in piedi. Era un'abitudine che avevamo preso ai tempi del mio tour. Il modo in cui Julia mi asciugava i capelli lo avevo classificato come il migliore in assoluto.
Shawn ci osservava in silenzio, stranito, mentre Julia attaccava la spina e iniziava a passare le dita tra le mie ciocche oltre che a puntare l'aria calda sulla mia testa.
Le dita piccole e affusolate della ragazza mi massaggiavano dolcemente il cuoio capelluto e ci mancava davvero poco che mi mettessi a fare le fusa.
«Oggi sembra proprio che hai cinque anni» disse Shawn, mentre mi coprivo il volto con entrambe le mani.
«Oggi sono in vena di coccole, preciserei» borbottai, mentre Julia spegneva l'aggeggio dal rumore infernale.
«Anche io!» squittì la bionda.
Shawn ghignò a sua volta. «Bene, su questo siamo tutti d'accordo.»
Poco dopo ci trovammo nella mia sala cinema, con le luci abbassate e il piccolo gigante accovacciato davanti al mobile sotto al televisore, mentre guardava i film che avevo nella mia collezione.
Nel frattempo, Julia non perse tempo e mi passò il braccio intorno alla vita, poggiando la testa sul mio petto e lasciandosi avvolgere da me a sua volta. Ecco, adesso andava già meglio.
Dopo diversi minuti di silenzio Shawn gemette esasperato. «Non mi piacciono ques...» e si bloccò di colpo quando ci vide sistemati in quel modo. Ci accorgemmo tutti subito del broncio adorabile sul suo viso. «E io?» sussurrò con voce appena percettibile.
«Lascia stare quei cd e guarda cosa danno su Netflix» dichiarai, non accennando alla sua domanda.
Potevo sentire Julia che nascondeva il sorrisino contro la mia maglia. Anche lei si era accorta della mia sorvolazione.
«Come?» chiese Shawn, che evidentemente non mi stava ascoltando. Probabilmente voleva solo sapere dove sarebbe stato il suo posto sul divano.
«Vieni qua, idiota» dissi allora, ridendo.
Shawn schizzò in piedi e venne a sedersi nello spazio libero alla mia sinistra. Mi guardò non sapendo che fare, come a chiedermi il permesso.
«Che vuoi?» la domanda arrivò proprio da Julia e io cercai di non mettermi a ridere. A quanto pareva si stava consolidando un tacito accordo tra me e lei quella sera, che consisteva nell'importunare il più piccolo.
Shawn si morse il labbro e abbassò lo sguardo. «Niente» borbottò, incapace di ammetterlo. Le sue punte delle orecchie però si stavano tingendo di rosso.
A quel punto non riuscii a procrastinare oltre. Lo afferrai per il braccio e lo attirati a me, facendogli poggiare la testa sulla mia spalla libera e passandogli il braccio intorno al busto.
Un sospiro soddisfatto lasciò le labbra dell'altro ragazzo.
«Meglio?» sussurrai e lui annuì con la testa.
«Passami il telecomando» chiesi a Shawn, al cui bastava allungare una delle sue braccia chilometriche per afferrarlo.
Ovviamente fui io a decidere un film a caso su Netflix, gli altri due troppo impegnati a crogiolarsi con il suono del mio battito del cuore per partecipare al mio zapping. E quel film faceva talmente tanto schifo che entrambi i miei ospiti presero subito a parlare, dopo appena dieci minuti dall'inizio.
«Ni, hai ordinato le pizze?» chiese Julia.
«Certo» risposi, quasi offeso dal fatto che le fosse venuto quel dubbio.
«Niall, dove sono i popcorn?» fu la volta di Shawn.
«In cucina, ma non ho intenzione di alzarmi» borbottai come se fosse ovvio.
«E il mio gelato?» la voce di Julia era decisamente assonnata.
Diavolo, il gelato era sempre lì, nel freezer della cucina al piano di sotto. Me ne ero completamente dimenticato. «Ah zitti. Vi rovinerete la cena altrimenti» dissi come scusa, sapendo perfettamente che non sarebbe stato possibile vista la capienza degli stomaci di tutti e tre. Ma non avevo voglia di districare le mie gambe da quelle loro, né tanto meno di togliere la mie braccia dai loro corpi. «E non provate ad addormentarvi durante il film, eh.»
Cosa che ovviamente fui il primo a fare, fino all'arrivo delle pizze. Ma dopotutto ero giustificato. Il calore e il buon profumo di due corpi addosso mi avevano assopito di brutto. O della bella. Visto che era esattamente ciò che volevo dall'inizio. Perfetto...

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