Si era fatta mattina inoltrata, avevo dormito poco, ma avevo passato qualche ora al caldo e ciò bastava.
Ero struccata e la mia tuta mi infagottava perfettamente. Se non fosse stato per le unghie, che avevo accuratamente tinto di rosso, come amavo fare, e per le sopracciglia, che risistemavo ogni tanto grazie alla pinzetta che avevo sempre nello zaino, sarei sembrata un maschio con i capelli lunghi che scende da un sobborgo di Detroit.Prendo il telefono, e mi accorgo di tantissimi messaggi di Lauro, chiamate perse. Cazzo, deve essersi proprio preoccupato. Lo prendo in giro mentalmente, ma mi accorgo di aver fatto un pensiero cattivo su di lui. Ci teneva e ci tiene sul serio. Come io d'altronde tenevo a lui. Erano solo modi diversi di tenerci.
Cammino senza meta, per i miei quartieri, e, all'improvviso, il mio IPhone suona. Di nuovo Lauro.
"Oh" gli dico, lo sento respirare affannato.
"Ma vaffanculo, Rosalba! Dove cazzo sei stata?" mi urla quasi.
"Per prima cosa ce sento ancora e me sta sembrando de parlà co quella vecchia squinternata di mia nonna Alba, porca puttana. Tutto apposto, tranquillo. Ho dormito all'alloggio di Sveva, ma ora non so più dove stare. Volevo passare da mio padre, ma sono sicura che mi fa cadere qualche pianta in testa mò" gli dico, tutto d'un fiato. Lo sento ridere, non so per nervosismo, o per l'effetto che gli fa la mia voce. Le nostre voci sono ancora quelle di sempre. Siamo cambiati, sia io, che lui, ma gli occhi, e la voce, arrivati a un punto restano sempre quelli.
"Dove stai?"
"Via Degli Innocenti"
"Ma chi stracazzo ti ci porta lì?" il suo tono mi canzonava.
"Giravo..." cerco di giustificarmi.
"Stai ferma lì. Io ed Edoà stiamo arrivando"
"Vengo io famo prima" dato che mi ero già messa in cammino, gli invento questa scusa.
"Ros, stai già camminando vero?" come poteva capire tutto?
"Eh sì"
"Vabbè, fai in fretta. Che te posso dì, tanto vinci sempre te" aveva un tono che mi dava un po' fastidio, a dire il vero.
"Tipetto con i tacchi, sono sotto casa tua. Apri La" arrivo davanti al suo portone, affannata.Salgo le scale in silenzio e me lo trovo lì, sulla soglia della porta, con una camicia nera addosso e dei jeans.
Lauro non era un soggetto di particolare bellezza, ma aveva un non so che, aveva quel piccolo dettaglio che lo rendeva più bello di tutti. I suoi occhi erano sempre un po' arrossati-i pollini e l'erba, soprattutto- ma quell'azzurro vivido riusciva a spogliarti con gli occhi. Aveva i tratti duri del viso, tipici maschili, ma con un sorriso era come se dentro lui rinascesse un altro Lauro, quel suo modo spigoloso si ammorbidiva, e Dio, i suoi sorrisi, e le sue risate, illuminavano il suo volto. Amavo farlo ridere proprio per questo.Una cosa che mi attraeva di Lauro erano tutti quei tatuaggi. Tatuaggi sulle mani, sulle braccia, sul petto e sulla schiena. A tratti mi facevano pure impressione, ma mi piacevano, davvero tanto. Ero sempre dell'idea che i tatuaggi erano il suo scudo, che Lauro non era mai del tutto cresciuto, che era ancora un bambino che si sentiva sicuro tra cicatrici e tatuaggi.
Saluto di scatto lui ed Edoardo, poi entro a casa, ma resto ferma sul corridoio.
"Dovrei parlare con mio padre" dico, battendo un piede per richiamare la sua attenzione. Volevo ci parlasse lui, perché Lauro era sempre fermo sulle sue cose, mentre io sbottavo. Ed era una delle tante cose che mio padre odiava di me. Non posso usare a sproposito il termine odiare, perché mio padre no, mi rifiuto di credere che mi odi, ma molte cose di me gli davano un grande fastidio.
"Ci parlo io. Dammi il telefono" compongo in fretta il numero di mio padre e Lauro va di là. Resto con Edoardo nel corridoio e mi scruta."Ma che gli hai fatto? Voglio dire, che cazzo, a quanto ho capito gli sei rimasta solo te" mi dice poi lui, con quegli occhi grandi. Edoardo era una persona paziente e lo si capiva da come guardava negli occhi le persone. Certo, a stare con Lauro ce ne vuole di pazienza, e loro erano in una totale simbiosi. Lauro gli era debitore, e gli voleva anche un gran bene, Edoardo si sentiva in dovere di aiutarlo. Sia nella musica che nella vita, perché a stare con Lauro la gente scazza. Chi non lo conosce da sempre non lo sa che da che è calmo urla, che distrugge in mezzo secondo e ricompone in un millesimo, che non sa dosare le sue emozioni-gli veniva più facile dosare la droga, decisamente- e sente tutto il doppio.
"Penso avrebbe preferito che non gli fosse rimasto nessuno, ora come ora. No, ho un fratello maggiore, ma non è quasi mai a casa facendo il dj. È che dopo la mia nascita mia madre è caduta in depressione, questa vita gli stava stretta. E la cosa bella è che non è colpa di mio padre perché lui gli dava più libertà possibile, proprio per questo non se capacita. E dà la colpa a me" dico in fretta, ricacciando le lacrime dentro.
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Vorrei difenderti da tutto quanto. ||Achille Lauro||
FanfictionRosalba ha 16 anni quando Lauro, ancora un "rapperino" emergente, che diventerà poi Achille Lauro, le chiede di affrontare un viaggio insieme verso la strada che può portarlo verso il successo, verso la fama, fuori dal loro quartiere distrutto. "Ro...