Cap. 12:Amore e Orgoglio.

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Quella sera avevo fatto un sogno strano, che non avevo mai fatto. In quel sogno era come se rivedessi, con tutti i dettagli, la sera in cui mi ero innamorata di lui, quella sera strana in cui eravamo solo noi due, tante volte stavamo da soli, ma quella volta non c'era niente attorno, le mura di una stanza che ci proteggevano dal resto, dagli occhi degli altri, dalla paura di star facendo cose sbagliate, di essere giudicati. Anche se, quando eravamo io e lui, non sbagliavamo mai.

Mi ero alzata presto, come sempre, avevo sentito mio padre fare la doccia ed uscire di casa, ed ero totalmente sola in quel piccolo appartamentino di quartiere, che una volta mi sembrava quanto di più bello potessi avere, e adesso avevo come l'impressione che mi schiacciasse sotto il suo peso. Ero andata in cucina, dove il sole sbucava tra le persiane, che mi ero affrettata ad aprire, avevo aperto la porta a soffietto del cucinotto con un gesto svelto, avevo preso un bicchierino di plastica e mi ero fatta un caffè.

Mi ero appoggiata al balcone a cui accedevo dalla porta-finestra di fronte alla cucina, avevo finito il caffè e mi ero accesa una sigaretta, avevo fatto due lunghi tiri, per smorzare la tensione, e mi ero rilassata, guardando il quartiere che pian piano si rimetteva in moto. Mentre la sigaretta mi ballava fra le dita, avevo pensato a quanto fossi stata brava a nascondere ai miei il vizio del fumo, soprattutto a mia madre-dopo la sua morte, l'avevo detto a mio papà, che non si era neanche meravigliato- e mi era scappata una risata.

Avevo spento la sigaretta ed ero rientrata, avevo preso il cellulare, e avevo dato un'occhiata a Instagram e a Facebook.

Niente di interessante.

Mai mi ero sentita sola e vuota come in questo istante. Lauro era tutto ciò che riempiva la mia vita, le dava un colore, una forma. Io mi ero sempre sentita una buona a nulla, lui era una persona che aveva vissuto fin troppo. Eravamo due persone troppo diverse. Io riuscivo a farmi del male da sola, chiusa in quattro mura, lui aveva fatto del male agli altri e adesso ne conservava qualcosa dentro. Ma ci amavamo. Ed era questo che volevo dalla vita.

Ero ritornata nella mia camera, e avevo aperto l'armadio davanti a me, per prendere dei vestiti. Avevo deciso che mi sarei vestita e sistemata più di quanto avrei dovuto, per colmare il tempo che sembrava non scorrere. Mentre indossavo i jeans, un modello più largo, con degli strappi, ripensavo alle persone che mi erano rimaste al di fuori di Lauro. Mio padre, che ormai era un contorno, che me ne aveva dette di cotte e di crude e che se avesse potuto scegliere tra me e mia madre, magari avrebbe scelto lei, la sua Annetta. Antonio, mio fratello, con cui, per un motivo o per un altro, anche se indubbiamente ci volevamo bene, non avevamo avuto un grande rapporto.

Il fatto era che per me nessuno avrebbe mai potuto sostituire mia madre, e Lauro.

Tra i profili suggeriti da seguire mi era apparso un ragazzo che ero convinta di aver dimenticato, il mio unico ex fidanzato con cui avessi avuto una storia piuttosto seria, Ivan Castellani. Il 'Pulcino' di San Basilio, i ricci biondi sulla testa e rasati ai lati, alto poco più di me, era simpatico, scherzoso e aveva sempre l'ultima parola. Stava con un'altra da già un po' di anni. Era da sempre parte del giro di spaccio in competizione con Lauro, e per quanto fosse piccolo-aveva la mia età- riusciva a piazzare tutto benissimo.

Ed era stata proprio questa rivalità a scatenare un litigio di dimensioni importanti tra me e Lauro. Non ero mai riuscita a capire perché Ivan, che a casa mia, nonostante tutti i suoi impicci, piaceva a tutti(a mio fratello ricordava Clementino, il suo rapper preferito, da giovane) e a lui no.

Io e Lauro non litigavamo spesso, perché vivevamo in una sorta di simbiosi e cercavamo di darci il meglio a vicenda, così che tutte le volte che ci vedevamo parlavamo di tutto, ma non sfogavamo la nostra rabbia su noi stessi. Quella volta però, non ero riuscita a trattenermi. La sera che avevo conosciuto Ivan-era il diciottesimo del fratello maggiore di Melania, Vittorio- Lauro era venuto a prendermi e gli avevo raccontato tutto, e al solo sentire il suo nome si era irrigidito e mi aveva detto "Fai attenzione" per poi uscire un discorso diverso.

Vorrei difenderti da tutto quanto. ||Achille Lauro||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora