Cap. 5:Alba e Tramonto.

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Qualcosa mi sveglia tuonante.
Sono sudata, respiro affannosamente, mi alzo dal letto e cerco di rilassarmi. Sblocco il telefono, è notte fonda, l'una e ventisei.

Sospiro, mi prendo la testa fra le mani, e vado in cucina, per prendere dell'acqua. Non capisco cosa mi sia successo, tremo, sono impaurita. Credo di aver sognato un'altra volta mia madre, ma non ricordo esattamente le dinamiche di questa sottospecie di incubo che è quasi due anni che mi perseguita. In certi periodi più assiduamente.

Mi siedo e non riesco più a muovermi, qualcosa mi attacca alla sedia, la testa  gira. Mi porto una ciocca dei capelli dietro le orecchie, cercando di capire cosa mi stia succedendo. Dalla stanza di Lauro ed Edoardo viene un certo trambusto. Forse li ho svegliati. Sgattaiolo di nuovo nella stanza, con le poche forze che ho, e resto seduta sul letto, riprendendo a respirare normalmente.

È una settimana che sto da Lauro, una settimana in cui mi sento bene, con loro, tuttavia mi sento anche di troppo, sento di aver rotto qualche equilibrio, o di aver fatto riapparire dei fantasmi nell'armadio nella vita mia e di Lauro soprattutto. Forse nel suo caso, demoni, direttamente.
Cerco di riaddormentarmi, faccio una treccia morbida ai miei capelli e mi stendo, ricacciando le lacrime dentro di me.

Sogno di Rosalba:
Mia madre.
La sua bellezza smunta, sfiorita, nei suoi quarantanove anni, a Luglio cinquanta.
Seduta sul piumone del letto matrimoniale, bianco, dalle righe sottili celesti, come un quaderno.
Il calendario segna l'undici Marzo.
Provo ad entrare nella stanza, ma un muro, d'acqua, sembra bloccarmi. Vedo mia madre con lo sguardo disperato, e due scatole in mano. Non so cosa sia, ma ho paura che vada a finire come già so. Urlo, impotente, davanti a lei che continua a mandare giù pillole, senza neanche fermarsi e bere. Il suo colorito diventa più emaciato, più pallido, il fisico più scarno.
"Mamma, smettila!" urlo, ma quel muro d'acqua che mi allontana da lei si sdoppia e vedo cadere vuota la prima scatola.
"Mamma.... "

"Ma'..." e mi sveglio di soprassalto, con le mani che tremano.
Il viso madido di lacrime, i capelli dispersi a macchia d'olio sul cuscino, che erano scappati dalla treccia mentre mi si ripresentava il mio peggior incubo. Solitamente il mio cervello immaginava la morte di mia madre durante il sonno come a darmi dei presagi, o quando delle cose stavano cambiando.

Cerco di ristabilirmi, stranita, spaventata, ma sento il respiro mancarmi, ho un nodo in gola e sento quest'incubo stringermi la testa.
Seduta, le gambe sotto le coperte, la pelle imperlata di sudore, anche se fredda, non riesco a capire niente. Mi sento intontita, spaventata, ancora assorta da quell'undici Marzo che mi faceva andare in bestia. Lei era l'unica persona sempre presente, l'unica sempre pronta ad ascoltarmi, a fare e a dare, insomma, era ciò che era una madre per una ragazza quasi ventenne persa nei suoi guai, era una confidente, un'amica. Ricordo ancora di averla portata io insieme a mio fratello, mio padre e mio zio Pietro, il fratello di mia madre, sulle spalle, il giorno del suo funerale, in quella bara lucida, con delle incisioni particolari, un fregio floreale. Solitamente le donne non portano la bara sulle spalle, perché non sta bene, ma io dovevo, ne avevo il bisogno e il coraggio.

Sento dei passi vicino alla mia porta, è Lauro che, dopo aver bussato, non aspetta neanche la mia risposta.
"Ehi, ma che cazzo è successo? Stai bene, Ros?" Lauro ed Edoardo si avvicinano a me.
Io continuo a tremare, mi sento debole, ho paura che quell'incubo si ripresenti. Vedo le immagini scorrere nella mia mente. Lauro si siede sul letto, senza fare un minimo rumore e si avvicina a me.

Senza neanche pensarci, mi prende il viso tra le mani, e con le dita asciuga le lacrime che durante quell'incubo scorrevano imperterrite. Non piangevo, tremavo solamente ed era peggio che piangere.

Vorrei difenderti da tutto quanto. ||Achille Lauro||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora