Capitolo 2.

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Il fatidico sabato era arrivato e alle sei di pomeriggio ero ancora indecisa su cosa indossare, non capivo l'esigenza di fare una festa solo perché i genitori erano fuori Roma. Ma alla fine non mi feci molte domande, probabilmente l'avrei fatto anche io e sicuramente anche Amelia e Rick. Mi decisi alla fine a gettarmi in un bagno caldo per poi lavare i capelli biondi e passare i successivi venti minuti a sistemarli nel migliore dei modi. Poi, in piedi di fronte al capiente armadio che sembrava sempre non contenere nulla di nuovo, iniziai a frugare fino al ritrovamento di una vecchia gonna rossa. Semplice lunghezza, mi arrivava a metà della coscia ed era di pelle con una cerniera al centro. Non persi tempo ad indossarla e con essa anche una semplice maglia, gli anfibi neri e un cardigan che credevo mi avrebbe protetta dal freddo. Alla fine mi sistemai con un trucco leggero in modo tale da non dare troppo nell'occhio. Avvisai mia madre certa di fare tardi per non darle preoccupazione, poi attesi che Rick mi mandasse un messaggio e mi preparai ad uscire di casa per raggiungere l'auto nella quale mi aspettava insieme ad Amelia. Entrai sistemandomi sul sedile posteriore, salutai i miei amici che entusiasti alzarono il volume della radio al massimo facendomi cantare con loro Toxic di Britney Spears. Roma iniziava a riempirsi delle luci natalizie, forse era il mio mese preferito proprio perché con tutte quelle luci andava a simboleggiare la fine e un nuovo inizio. Quando giungemmo a destinazione, la casa di Marcolino era già illuminata, stracolma di gente e con alcool sgorgante da ogni lato. La maggior parte delle persone mi erano sconosciuto, avevo individuato solo qualche ragazzo e qualche ragazza di quinto ma niente di più. I miei occhi celesti vagarono a lungo in ogni angolo della cucina nella quale ero finita, mi muovevo alla ricerca del ragazzo moro che però non individuai. I miei occhi si posarono su una figura alta e muscolosa, più di Angelo, qualcuno che non avevo mai visto prima ma che immediatamente mi aveva lasciata imbambolata. Gli occhi verde smeraldo brillavano sotto il ciuffo riccio che gli era ricaduto sulla fronte e su parte del viso quasi abbronzato. Una maglietta bianca fasciava perfettamente il torace, sulle braccia spiccavano alcuni tatuaggi e i pantaloni neri fasciavano le gambe lunghe ai quali piedi lasciavano spazio per un semplice paio di anfibi neri. Uno stile che in realtà mi aveva sempre fatta impazzire, sembrava appena uscito da un film adolescenziale americano e ci misi davvero tanto prima di staccare i miei occhi dai suoi. Lo vidi sparire per le scale tirato da una ragazza dai capelli evidentemente tinti, mentre al mio fianco comparve la figura di Angelo maleodorante d'alcool che mi chiese di prendere qualcosa insieme. Sebbene la mia voglia in quel momento era quella di raggiungere il moro e fare la sua conoscenza, facendo sparire la ragazza che l'aveva portato di sopra, restai lì a bere vodka con una persona per la quale l'interesse era sparito in meno di due secondi. Buttai giù anche il secondo bicchiere e lasciai che mi prendesse le mani per andare a ballare al centro del salone.

Le sue mani raggiunsero i miei fianchi, il mio viso si posò sulla sua spalla mentre con i capelli nascondevo il rossore delle guance causato dal calore della stanza e dalla vodka. Se avesse pensato che a farmi arrossire era il suo effetto, mi sarei ritrovata in un bel guaio che volevo assolutamente evitare. Avevo ormai perso Amelia e Rick ma potevo immaginare dove si erano appartati, pensavano che il loro interesse non lo avessi compreso ma Amelia con me era stata molto chiara: a lei piaceva, non poco poi.

Dopo qualche altro giro a tempo di musica, qualche movimento di bacino e altri due shots, arrivò il momento di allontanarmi e chiesi al mio accompagnatore una boccata d'aria. Mi recai fuori in giardino e da sola, con il vento a ghiacciarmi la pelle nuda delle gambe, presi posto su uno scalino con alle spalle una porta di vetro scorrevole coperta dalle tende bianche. Per un po' mi sarei liberata di quella folla e avrei avuto modo di capire cosa fare con Angelo: continuare a frequentarlo o buttare tutto come ogni volta.

Passarono circa dieci minuti, così decisi di portare alle labbra la sigaretta e accenderla definitivamente mentre alle mie spalle sentii il rumore della porta. Non mi girai a vedere chi fosse, nonostante l'ansia e la paura che qualcuno potesse vomitarmi addosso non vedendomi, a causa dell'alcool ingerito. In realtà, chiusa la porta e quindi sparita la musica, sentii solo un leggero tacchettio e poi qualcuno che prese posto a circa un metro da me. Con la coda dell'occhio riuscii a notare solo una t-shirt bianca coperta da un giubbotto di pelle nera come il resto dei vestiti, per un attimo il mio cuore ebbe un sussulto: era lui.

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