Capitolo 3.

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C'erano giorni, ed erano molti, in cui mi fermavo ad osservare la mia immagine riflessa nello specchio e mi aspettavo che qualcosa cambiasse. Aspettavo che i miei capelli biondi raggiungessero la giusta lunghezza, che le mie gambe diventassero più snelle di quello che erano e che i miei occhi azzurri non fossero così banali. Mi aspettavo di vedere qualcosa di diverso, soprattutto nei mei pensieri che però erano sempre gli stessi. Delle volte temevo che qualcuno potesse origliare il suono della mia mente, delle mie paranoie, potendomi così aggredire e buttare giù la corazza dietro la quale mi nascondevo. Il problema con il mio corpo sorse con Luca, il mio primo ed ultimo fidanzato di cui avevo grande stima ma che ero arrivata ad odiare. Sapevo che si era trasferito ma non sapevo dove, sapevo che mi aveva tradita e sapevo con chi ma più di tutto conoscevo il male che mi aveva procurato e delle ferite ancora aperte che però qualcuno stava colmando. Non mi innamorai di Luca, così come di nessun altro, ma avevo riposto in lui le speranze di avere qualcosa di vero non imposto dai canoni della società e soprattutto qualcosa che potesse rendermi felice come non mai. Peccato però che non tutto funzionasse come nella mente, che i film erano film e che l'amore era un'utopia.

Spostai il mio sguardo sui miei piedi, le unghie smaltate di nero erano un vero contrasto con la carnagione pallida. Quando me ne resi conto era già troppo tardi, dopo il mio riposino pomeridiano avevo fatto una doccia e avevo indossato il pigiama convinta di non ricevere nessuna visita. In realtà mi sbagliavo perché in breve tempo mi ritrovai ad aprire la porta a Stefano, che senza preavviso si era presentato a casa mia speranzoso di ottenere le sue ripetizioni.

"Che ci fai tu qui?" Chiesi anche, in realtà lo sapevo benissimo.

"Carino lo smalto, il pigiama ancora di più..." scoppiò a ridere ed entrò in casa lasciandomi imbarazzata e confusa alla porta. Mi guardai un attimo nello specchio nel riflesso della porta del salotto e notai di aver indossato il pigiama rosa con gli orsetti, non poteva esserci cosa più imbarazzante. I miei genitori non sarebbero rientrati prima delle undici e a quanto pare a lui la loro presenza non fregava più di tanto, così come non gli fregava se addosso avevo un perizoma o dei mutandoni. Chiusi la porta e feci segno di seguirmi al piano di sopra, entrando nella mia camera lo sentii ridere di nuovo e appena mi girai per rivolgergli un'occhiataccia, fece scoppiare a ridere anche a me.

"Avevo sette anni." Mi difesi e presi dalle sue mani la foto che mi raffigurava con l'intero viso sporco di cioccolato.

"Vorresti farmi credere che adesso sai mangiare senza sporcarti?"

"Esattamente." Risposi sicura e nascondendo la risata nella quale scoppiammo pochi secondi dopo. Con Stefano il mio mondo grigio finiva per colorarsi: il suo aspetto tenebroso e il suo modo di fare non erano in connessione con il carattere solare e divertente che mostrava a me. Non sapevo se era così con tutte, se il suo modo di fare da ragazzo cattivo e buono allo stesso tempo serviva ad attrarre più ragazze possibili, non volevo pensarci ma solo godermi ogni istante.

"Dai accomodati e prendi i libri, così potrai non rompermi più le scatole e studiare a casa tua."

Non rispose ma fece come richiesto. Si sistemò accanto a me alla scrivania, mi armai dei miei evidenziatori e iniziai il mio lavoro.

"Che perfettina." Commentò con un ghigno sul viso e non riuscii a non ignorarlo.

"Scemo, così potrai memorizzare meglio e distinguere gli argomenti per importanza. Giallo le cose assolutamente importanti, arancio le cose meno importanti e verdi le cose che potresti tralasciare." Gli spiegai e lui rise comunque. Allora lo ignorai e continuai fino a quando lui non si mise comodo togliendosi felpa e scarpe, attirando nuovamente la mia attenzione.

VIRAHADove le storie prendono vita. Scoprilo ora