Capitolo 13.

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Tutta la cena, il tragitto in auto e il resto si svolse in silenzioso, con la musica in sottofondo della radio e solo la sua richiesta di prendere da mangiare.
Casa di Stefano era come l'avevo lasciata: in ordine, pulita, con qualche piatto nel lavandino lasciato da noi dopo la pizza presa al volo sotto casa, i bicchieri nei quali avevamo bevuto un po' di birra e nessun'altro se non nomi

Poi dopo cena mi ritrovai nella sua camera da letto, mentre lui in piedi osservava me avvolta nei jeans e nel maglione largo, a piedi nudi dato che mi ero messa comoda in attesa di qualche parola che potesse aprire la nostra discussione. Non ero più furiosa, più che altro ero preoccupata e delusa da tutto ciò che aveva fatto alle mie spalle, o non proprio. La verità era che ne ero cosciente, sapevo bene che non avrebbe mai potuto rinunciare a qualcosa per la prima ragazza bionda trovata in giro ma ci speravo. Speravo vivamente che si rendesse conto di star sbagliando, che mille altri modi potevano aiutarlo a sfogare rabbia e frustrazione e soprattutto io sarei stata accanto a lui.

"Ora possiamo parlare." Dissi prendendo in mano la situazione. "Non dovevi essere lì." Rispose subito e poi continuò. "Ti avevo chiamata per dirtelo e convincerti a rimanere a casa."

"Per quanto ancora continuerai a nascondermi cose della tua vita che dovrei sapere? Se solo tu fossi onesto dicendomi che sono una delle tante, non m'interesserei alla tua vita e tra noi sarebbe solo sesso."

"Ma se al sesso non ci siamo mai neppure arrivati, sai bene che se tu fossi stata una delle tante non ci avrei messo molto." Disse alzando il tono di voce, evidentemente ferito dal fatto che io continuassi a considerarlo e giudicarlo come tanta gente prima di me. Ciò che mi sorprendeva sempre di più era il fatto che non ci fossero giri di parole, le nostre conversazioni arrivavano subito al punto in maniera diretta e a volte provocavano qualche ferita. "Ma non lo sei e tu non vuoi capire che tutto questo per me è nuovo."

"Tu non vuoi capire che sono pronta a rispettare i tuoi tempi, posso fare tutto ma non accettare le tue stronzate." Urlai sollevandomi dal letto. "Stai giocando con la tua vita, potrebbe succederti chissà cosa Stefano, se non ti andasse bene ad un incontro e perdessi la vista o peggio?"

Lui rimase in silenzio e si allontanò, superandomi e sedendosi sul bordo del letto sul posto dove poco fa ero seduta io, e allora mi rimisi al suo fianco.

"Non ti capisco Rebecca, non stiamo insieme ma mi tratti come la cosa più importante della tua vita." Disse e fu allora che qualcosa mi spinse a prendere la sua mano e stringerla tra le mie, ancora bendate emanavano lo stesso calore ed erano belle allo stesso modo. Ancora bendate quelle mani mi facevano comunque desiderare di essere toccata, stretta e voluta allo stesso modo.

"L'ho detto per quello che era successo qui l'ultima volta, non me l'aspettavo ed ero arrabbiata perché non ti sei fatto sentire o scusato per i modi."

"Ti ho chiesto scusa quando sono venuto da te, poi però mi hai evitato." Si difese e fu allora che alzò lo sguardo incastrandolo al mio.

"Lo so..." esitai per qualche attimo e poi parlai di nuovo. "Però possiamo recuperare il bacio che è andato perso." Dissi e lui sorrise immediatamente facendo comparire le fossette.

"Dici che è possibile?" Disse e si sollevò per farmi stendere e immediatamente, con la lentezza che mi stava uccidendo, avvicinò i nostri corpi e poi i nostri visi senza però avere nessun contatto. Sentii solo i suoi ciuffi neri, ancora umidi per la doccia fatta al capanno, sfiorarmi la fronte e le mie labbra separarsi in attesa di quell'incontro disperato.

"Mh, scusa, non so se posso dopo essere stato rifiutato." Disse ed io alzai gli occhi al cielo maledicendolo mentalmente. Prima che potesse del tutto alzarsi, lo tirai facendolo cadere su di me ma lui riuscii a reggersi con le braccia per non pesarmi.

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