La mattina seguente fu tutto come sempre: a scuola arrivai tardi e le prime ore furono particolarmente pesanti, infatti in classe non riuscii minimamente a stare tranquilla. Come d'abitudine la quarta ora fu il tormento per il mio corpo che non vide l'ora di uscire sulle scale antincendio e fumare la solita sigaretta. Di Stefano, comunque, nessuna traccia e forse era quella la cosa che mi pesava di più, probabilmente avrei dovuto cercarlo e dirgli che mi dispiaceva per essere entrata senza permesso in quella maledetta stanza. Peccato però che non l'avrei mai fatto, neppure per milioni e milioni d'euro sarei caduta tanto in basso, perciò ascoltai il mio cervello e soprattutto il mio orgoglio.Da uno, i giorni d'assenza di Stefano divennero tre e poi quattro fino al passare di una settimana. Quando la sera di un semplice venerdì sentii il mio cellulare squillare, non mi avvicinai neppure al comodino, convinta che alle dieci potesse essere solo Amelia che mi chiedeva se fossi pronta e di passare a prenderla. Avevo appena finito di prendere le chiavi dalla cassetta, salutato i miei genitori sul divano che fingevano che fosse tutto apposto e aperto la porta, quando sul ciglio di quest'ultima vidi Stefano.
"Ciao." Lo sentii biascicare, il suo volto era pieno di lividi e sangue che non sapevo neppure se fosse il suo. Nella mano dalle nocche sbucciate stringeva un borsone, aveva messo una tuta e un giubbotto che non si era neppure preoccupato di abbottonare.
"Mi dici che cazzo ti è successo?" Per quei pochi minuti non me ne importava più nulla del fatto che fossimo spariti uno dalla vita dell'altro per una settimana, l'unica cosa importante era riaverlo e mi sentivo così stupida.
"Fai piano, i miei sono in salotto e se ti vedono qui non smetteranno di fare domande." Lo avvisai e presi il suo borsone per guidarlo a passo leggero al piano di sopra verso il bagno della mia camera.
"Sono il tuo ragazzo, è normale che mi chiedano di cenare con loro."
Digitai un messaggio velocemente per avvisare Amelia e poi mi rigirai per osservarlo e trovarlo con un sorriso divertito sul volto.
"Non mi hai mai chiesto di essere la tua ragazza quindi dubito che si possa definire un 'fidanzamento'." Mimai le virgolette e sempre in un sussurro gli spiegai la situazione alla quale si fece scappare una leggera risata che fermai in fretta con la mia mano.
"Non credevo servisse, non credevo che fossi una tipa da cuori e coccole." Entrò in camera dopo di me e chiusi la porta, mi preparai in bagno a sistemare la cassetta del pronto soccorso e fare del mio meglio per sistemare quel casino.
"Infatti, solo che mi piacciono le cose chiare e non parlare per giorni con una persona e fare poi come se nulla fosse non è da me." Colpito e affondato, non rispose ma si tolse il giubbotto e lo lasciò in camera per entrare dopo in bagno e sedersi sul bordo della vasca.
"Ora dimmi che cosa è successo e poi forse ti sistemerò tutta questa cosa."
"Questa cosa è la mia faccia." Disse indicandosi il volto con un dito, allora notai che non aveva gli anelli ma che le dita di entrambe le mani erano ferite, sbucciate più che altro. "Comunque sia, ho avuto un incontro, lui è messo peggio quindi puoi stare tranquilla,"
"Che tipo d'incontro?" Insistetti, poi mi balenò nella testa che due o tre volte mi era capitato di scorgere qualche segno sul suo viso, ma non mi ero mai permessa di chiedere altro.
"Una sorta di box, mi pagano e combatto. Mi alleno quasi ogni sera, tranne quando sto con te."
"E tutto ciò è legale?" Non mi lasciai scuotere da quelle parole e insistetti per saperne di più e il suo silenzio fu la conferma.
"Cristo santo, ti rendi conto che un colpo di troppo e potrebbe succederti chissà cosa?" mi trattenni per non urlare e richiamare l'attenzione dei miei genitori, lui si mise in piedi e si tolse la maglia scoprendo altri segni violacei. "Ecco, parlavo di questo."
"Non credevo che potesse avere tanta importanza la mia salute per qualcuno... per te." Si rimise al suo posto senza togliere i suoi occhi dai miei nemmeno per un secondo, e fu allora che mi resi conto di quanto fossero più scuri e spenti.
"Certo che m'importa." Mi lasciai scappare e quando lo vidi sorridere iniziai a tamponare con il disinfettante per pulire le ferite e medicarlo nel modo migliore.
"Ahia." Si lamentò.
"Ti sta bene." Risposi e lui ridacchiò assumendo poi un'espressione dolorosa. Le sue labbra carnose e rosee erano ridotte a qualche taglio, nessuno sul viso troppo grave e nel giro di pochi giorni sarebbe rimasto solo qualche segno ma ancora non potevo crederci. Non aveva bisogno di soldi, il motivo non era quello e lui sperava ma sapeva bene di non potermi ingannare.
"Perché lo fai, sii sincero." Dissi dopo aver finito quel lavoro e aver preso del ghiaccio istantaneo da fargli mettere sull'occhio gonfio.
"Non lo so, probabilmente è l'unico modo che ho di sfogarmi e prendermela con qualcuno sul ring funziona."
"E perché sei venuto qui? Potevi andare in qualsiasi altro posto..."
"Qualsiasi altro posto non è qui, con te e con le sensazioni che provo." M'interruppe ed io non riuscii a dire più nulla per istanti che sembravano non terminare più.
"Senti, sono una merda e non ci posso fare molto ma mi manchi, so bene che non mi sono fatto sentire e non mi aspetto nulla ma volevo che tu lo sapessi." Poi si alzò e infilò nuovamente la maglia, intanto il mio cellulare riprese a squillare e risposi immediatamente salvandomi dal dover ribattere alle sue parole.
"Sì Reb, ci aggiorniamo più tardi, ciao."
Non sapevo quanto fosse ormai possibile raggiungere gli altri, ero ancora scossa da quanto saputo e non mi riferivo solo ai suoi incontri illegali. Mi ripresi solo quando lo vidi rimettersi il giubbotto e prepararsi ad andare via pieno di bende intorno alle mani e cerotti un po' ovunque.
"Resta, devi tenere un po' il ghiaccio e poi potrai andare."
"Ma tu devi uscire, ti sei già preparata e ti staranno aspettando." Era un modo per farmi pena e quindi restare? Proprio non ci arrivava a capire che preferivo lui nonostante tutto, nonostante i divieti che mi ero imposta e tutto ciò che avevo giurato di non rifare, eppure con lui era diverso.
"Non è vero che non me ne frega niente, non ho pensato ad altro e ti reputo un grandissimo stronzo perché ti ho chiesto scusa, me ne sono andata e non mi hai più cercata."
"Lo so, ho sbagliato e non dovevo."
"Già, non dovevi." Mi tolsi il cappotto sotto il suo sguardo attento, aveva deciso che il ghiaccio non gli serviva e l'aveva gettato per venire nella mia direzione e sollevarmi dai fianchi. Provò a baciarmi e mi scansai costringendolo a rimettermi con i piedi per terra, potevo aver perso la testa ma non sarei stata la sua bambolina.
"Scusami."
"Credo che ora tu debba andare." Gli dissi e senza pensare a nient'altro che alla confusione che avevo in testa, lo guardai uscire dalla mia stanza e lasciarmi con i pensieri che avevano deciso di assillarmi.
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VIRAHA
RomanceI capelli biondi le scendevano lungo le esili spalle un po' ricurve, erano un perfetto abbinamento con gli occhi celesti e il sorriso fanciullesco che illuminavano la sua carnagione biancastra. Rebecca era tutto quello che si poteva definire compl...