Insicurezze - niente più, niente meno

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[Prima di iniziare, ringrazio tutte voi che mi avete scritto e state scrivendo. Scusate se non rispondo, ma sono un po' impedita con wattpad e in più sono molto impegnata con lo studio. Ma vi ringrazio tutti di cuore. :3]

Capitolo 10 -- Insicurezze –niente più, niente meno

Il treno correva lungo le rotaie attraverso il nord dell'Inghilterra, alle nove di mattina del giorno seguente, diretto a Sheffield.

Violet Dixon, seduta accanto al finestrino di uno dei vagoni, tamburellava nervosamente le dita sul bracciolo del proprio sedile, lo sguardo perso nel paesaggio che correva veloce e il labbro inferiore stretto tra i denti.

«Tutto bene?» domandò Liam seduto di fronte a lei, le sopracciglia leggermente aggrottate a manifestarne la sincera preoccupazione.

La ragazza annuì, trovando persino il coraggio di abbozzare un sorriso. In realtà, non andava tutto bene; non tutto, sicuramente. Si sentiva estremamente stupida ad aver chiesto proprio a Liam di accompagnarla fino a casa per recuperare la macchina, ma una parte di lei sapeva che non avrebbe trovato il coraggio di chiederlo a nessun altro. In una nuova conoscenza c'è sempre quel pizzico di libertà in più, quella consapevolezza che la persona che si trovava davanti non si aspettava assolutamente nulla da lei, perché doveva ancora scoprirla e ci avrebbe messo del tempo per imparare a conoscerla. Il fatto che Ruth e Niall conoscessero Dixie così bene le rendeva difficile lasciare che loro intravedessero anche Violet, che notassero il lato premuroso e insicuro dietro quell'atteggiamento distaccato e scostante da fangirl. In questi momenti, in cui i suoi tormenti repressi tornavano a galla rischiando di palesarsi davanti a tutti, sentiva di aver bisogno dei suoi amici, ma allo stesso tempo non riusciva a mostrar loro quel lato di sé che aveva sperato di lasciarsi alle spalle, rinchiuso dentro le mura della casa in cui era cresciuta.

Certe volte Violet andava a far visita alla nuova se stessa– più o meno ogni volta che uno dei suoi fratelli decideva di farsi vivo–, mettendo sottosopra la sua nuova vita e tutto il castello di carta in cui aveva preso dimora stabile. Si trattava di un nascondiglio precario, forse, ma era quello il meglio di cui era stata capace; quel rifugio si dimostrava piuttosto solido e accogliente, almeno finché le due Dixie erano rimaste separate.

Poi era arrivato Liam. Liam che aveva iniziato a guardare il suo castello di carte da fuori, con sospetto, cercando di capire, con le sopracciglia aggrottate e il labbro inferiore sporto all'infuori, come facesse a stare in piedi senza avere alcuna solidità. Era naturale, secondo lei, che non lo avesse capito: era ancora troppo inesperto per comprendere a fondo la potenza dello shipping, del fandom e della realtà alternativa in cui lei viveva.

Liam era però riuscito a trovare un varco nelle mura di carta e aveva sbirciato all'interno; aveva visto Dixie di fronte al suo amato pc, in contatto con persone provenienti da mezza Inghilterra, intente tutte insieme a delirare a proposito di questa o quella coppia di personaggi immaginari –e non. Si era mostrato per ciò che era veramente, un imbranato di prima di categoria, e a lei era piaciuto; lo aveva guidato per quel gioco di shipping, in cui loro erano i Cupidi e Norah e Niall la coppia fanon da rendere canon. E, sì, lei lo sapeva che lui non aveva idea di cosa quei termini volessero dire, ma andava bene così ad entrambi.

Si erano divertiti, in fin dei conti, tanto che Dixie aveva iniziato a lasciare la porta del suo castello aperta, sperando che a lui venisse voglia di entrare a fargli compagnia. Lui l'aveva fatto ed era stato proprio in una di quelle occasioni che aveva assistito ad un crollo –la sera precedente. Anche in quel momento, in treno, continuava a vedere le carte cadere, fluttuando tristemente a mezz'aria, per poi scivolare placide al suolo; vedeva il castello tremare ed infrangersi senza poter far niente per evitarlo.

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